Il ritratto

Ernesto Carbone, l’innovazione-ombra del Pd

Avvocato con la Calabria nel cuore, 40 anni, renziano di ferro, da un mese dovrebbe dettare la linea del partito su temi centrali dell’agenda di governo: PA, innovazione e made in Italy. Ma finora s’è visto e sentito poco. Forse per il suo curriculum, forse per un paio di ingarbugliate grane giudiziarie

Pubblicato il 14 Ott 2014

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Ernesto Carbone, responsabile Pd di PA, innovazione e Made in Italy

“Mica siamo qui ad asciugarci i capelli con l’iPhone”: è il mantra che ama recitare contro gli avversari politici Ernesto Carbone, classe 1974, avvocato calabrese eletto in Lombardia nelle file del Pd, componente della segreteria del partito, ovviamente renziano di ferro, da un mese è responsabile per innovazione e made in Italy (ma anche PA). Ma in questi 30 giorni è più facile trovare suoi interventi e dichiarazioni sul voto di fiducia e l’elezione dei componenti della Consulta che non sull’italian sounding o lo sblocco dei finanziamenti per le startup. Probabilmente è scrupolosamente impegnato a documentarsi.

A leggere il suo curriculum emerge un personaggio che si è costruito con impegno e tenacia una carriera politica iniziando, come dice lui, “dai banchi di scuola”, passando per Romano Prodi e per il prodiano Paolo De Castro (ex ministro dell’Agricoltura) ed approdando nel cerchio dei fedelissimi del presidente del Consiglio Matteo Renzi, a cui, si dice, prestava ogni tanto la Smart per qualche spostamento veloce. Su di lui Renzi spende poche, essenziali parole: “È una persona seria”. E questa convinzione non è stata scalfita dal tempo trascorso da Carbone nelle aule dei tribunali e non solo per motivi professionali. Il suo nome infatti compare in due vicende giudiziarie che, comunque finiranno, rischiano di sfocare la sua immagine a cui peraltro, dice chi lo conosce, lui tiene particolarmente: sempre elegante, è considerato un uomo attraente.

Ernesto Carbone la carriera l’ha costruita nel partito e al ministero dell’Agricoltura, dove è stato anche vice capo di gabinetto e dove, dopo De Castro, ha collaborato con il ministro tecnico Mario Catania. Da fine aprile 2012 a marzo 2013 è stato amministratore delegato e presidente della Sin Spa, società controllata da Agea nata per sviluppare e gestire il Sistema informativo agricolo nazionale (Sian), che in pratica distribuisce 7 miliardi di euro l’anno di contributi europei. Un incarico che gli ha portato gloria e grane. Forse più grane che gloria. Come prima cosa da amministratore delegato si è decurtato lo stipendio dai 480mila euro all’anno percepiti dal suo predecessore, Francesco Baldarelli, a 60mila, mantenendo però altri incarichi.

Poi, dimessosi dalla società, ha presentato un esposto alla Procura di Roma e alla Corte dei conti sulla precedente gestione: esposto che ha dato il via a un’inchiesta. Risulta che il Sian, gestito da 20 anni a questa parte dagli stessi soggetti privati, sia costato finora alle casse dello Stato ben 780 milioni di euro. Una cifra, a detta degli esperti, decisamente spropositata per la gestione di un sistema informatico, che peraltro, a quanto risulta da alcune indagini, sarebbe pieno di falle. A seguito dell’esposto di Carbone il consorzio di imprese che gestisce il Sian – composto, tra gli altri, da Almaviva, IBM, Telespazio, Agriconsulting e Cooprogetti – ha negato qualsiasi spreco e ha contrattaccato accusando il deputato di “spese estranee alle finalità aziendali”. Dopodiché lui ha annunciato querela contro Almaviva.

Nel frattempo ci si è messo il collegio sindacale della stessa Sian, che ha accusato Carbone di aver gettato al vento oltre 15mila euro in un anno per rimborsi di spese “ingiustificate” quali pranzi, soggiorni e viaggi. Ma anche in questo caso l’avvocato non ha mancato di replicare colpo su colpo: “Si trattava di spese autorizzate in quanto presidente e amministratore delegato” ha detto a Il Giornale. “Prima di me in Sin non c’era un regolamento per le spese di rappresentanza, sono stato io a farlo. La verità è che il collegio sindacale ce l’ha con me per i tagli che ho fatto, 23 milioni su 80, e per le denunce presentate dopo le mie dimissioni”. Una versione accreditata anche da altre fonti, secondo le quali la storia dei rimborsi gonfiati potrebbe essere una sorta di ritorsione contro il politico per aver scoperchiato l’“affaire Sian”. Tutte ipotesi, ovviamente. La certezza è che Carbone ha querelato i giornalisti de Il Fatto quotidiano per aver riportato con evidenza la notizia.

Ma c’è un’altra stravagante vicenda giudiziaria che viene collegata al suo nome: l’accusa che gli è stata rivolta, e che suona paradossale, è di essere una sorta di auto-stalker. Che cosa significa? Nel 2009 Carbone ha denunciato la ex, Giorgia Battelli, con l’accusa di averlo minacciato ripetutamente via email. La donna è stata poi prosciolta in istruttoria grazie alle indagini della polizia postale che avrebbero individuato, al contrario, l’accesso illegittimo di lui alla casella postale e alla pagina Facebook di lei. Sarebbe stato lo stesso Carbone, in pratica, ad auto-inviarsi messaggi minacciosi prima di denunciarla.

E sempre lui sarebbe l’autore di svariate email diffamatorie ai danni della ragazza. “Non ho utilizzato la sua mail – ribatte lui – e anche la mia casella è stata oggetto di intrusioni. Le mail partite dalle mie utenze? Lei aveva accesso alla linea e al mio palmare. Le accuse parlano anche di mail partite dai pc del Senato, ma io non ho mai avuto l’account necessario a usarli” si difende il deputato. Carbone è stato comunque assolto in via definitiva nel dicembre 2013. Questa vicenda surreale non lo ha però aiutato al momento della formazione del governo Renzi: veniva dato tra i papabili per un posto di ministro (Agricoltura, ovviamente). Secondo alcuni sarebbero state proprio le sue traversie giudiziarie, che rischiavano di diventare imbarazzanti per l’esecutivo, a bruciarne il nome per questo e altri incarichi di rilievo. Insomma, il premier avrebbe deciso che era meglio non scottarsi con il “Carbone ardente”.

Le stesse vicende non hanno impedito però la sua nomina a responsabile di PA, innovazione e Made in Italy del Pd, tre temi centrali nell’agenda del governo Renzi. Sarebbe interessante conoscere le idee e proposte dell’onorevole Carbone su innovazione e Made in Italy. Ripetutamente contattato da EconomyUp in proposito, il deputato ha preferito non rispondere. Per ora. È possibile che si stia ancora attrezzando per l’incarico, essendo fresco di nomina. D’altra parte se si chiede ai suoi colleghi parlamentari un commento sulle sue competenze in materia di innovazione e made in Italy la risposta prevalente è un secco: no comment.

Del Carbone-pensiero si sa che, pur avendo viaggiato molto e vivendo a Roma, ha “la Calabria nel cuore”. Che ritiene che in politica “nulla sia più sovversivo della verità”. Che uno degli ultimi libri letti è “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini e un film che gli è piaciuto molto è Lincoln. Infine, a chi gli chiede se ha scheletri nell’armadio, risponde tranquillamente: “Nell’armadio ho solo vestiti, camicie, cappotti, maglioni, pantaloni…”. Sì, lo abbiamo già detto, ama vestirsi bene.

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