La Piccola Industria rappresenta uno dei principali motori dell’economia italiana e può diventare il più grande laboratorio di crescita del Paese, soprattutto ora che, dopo anni difficili, ci sono evidenti segnali di ripresa e sempre più forte si sente la sfida della quarta rivoluzione industriale. Oggi per competere è necessario essere innovativi. E per essere innovativi servono risorse. Risorse che nel Paese ci sono.
Il 2017 è stato l’anno dei PIR, i Piani Individuali di Risparmio, pensati per convogliare il risparmio nazionale sul tessuto delle piccole e medie imprese, a cui è destinato circa il 20% della raccolta. Un’ottima soluzione, di cui però ancora non si vedono gli effetti concreti. I PIR hanno ottenuto un successo imprevedibile ben oltre le aspettative: oltre 10 miliardi di raccolta nel 2017. E questo risultato, che è una buona notizia, ha fatto emergere un problema: mancano nella norma che ha istituito lo strumento disposizioni specifiche per fare arrivare al sistema delle piccole e medie imprese la loro parte. Evidentemente il legislatore, e non solo, ha ritenuto che la distribuzione sarebbe avvenuta attraverso il mercato borsistico. Questo sta facendo crescere il numero di piccole e medie imprese interessate al passo del collocamento, soprattutto all’AIM. Ma non basta, non può bastare.
Le PMI quotate restano una piccolissima parte del ricco e articolato sistema italiano. Non è pensabile che l’enorme quantità di denaro di cui stiamo parlando (circa 2 miliardi solo per il 2017) possa scaricarsi su un mercato così ristretto. Ed è ancora meno pensabile se si guardano le proiezioni di raccolta per i prossimi anni: 60-70 miliardi entro il 2022, secondo alcune stime che allo stesso tempo prevedono per le PMI un “tesoretto” di circa 14 miliardi. Una cifra enorme che, se ben indirizzata, potrebbe davvero dare una spinta decisiva a tutto il tessuto imprenditoriale italiano.
Ci rendiamo conto che la questione è molto delicata perché non è facile trasferire sul mercato delle PMI risorse tanto ingenti. Quali criteri adottare per la selezione delle imprese? Come valutare i progetti da finanziare? Chi gestisce e come l’erogazione dei capitali? E sappiamo benissimo che bisogna stare molto attenti perché non va dimenticato che stiamo parlando dei risparmi delle famiglie italiane. Ma dobbiamo allo stesso tempo dire con forza e convinzione che questa è un’occasione da non perdere per il governo che verrà. Trovare percorsi positivi e trasparenti al massimo per portare alle piccole imprese questa massa di denaro deve essere una priorità. Sappiamo che ciò comporta anche un ulteriore processo di cambiamento per le nostre PMI, che dovranno rafforzare la governance e attrezzarsi per dialogare al meglio con gli operatori di mercato. E noi di Confindustria ci rendiamo fin da ora disponibili per dare il nostro contributo nell’individuazione delle soluzioni più efficaci.
Spesso sentiamo dire dai nostri politici che le piccole imprese, storicamente sottopatrimonializzate, adesso hanno poco da lamentarsi perché ci sono i PIR. Purtroppo non sanno che i soldi ci sono, ma non c’è la possibilità di farli arrivare alle imprese. Abbiamo un enorme salvadanaio pieno ma non sappiamo come romperlo.
È un paradosso che il nuovo governo dovrà risolvere perché nel mondo industriale è netta la sensazione di essere davanti a una finestra di opportunità importanti, con l’export che torna a tirare. C’è anche la consapevolezza che bisogna fare presto perché la stretta del credito non può dirsi ancora alle spalle e non vi è certezza sull’impatto dei cambiamenti nella regolamentazione finanziaria internazionale e sugli scenari a livello di banche centrali. Sapere che ci sono risorse inutilizzate sta creando forti aspettative. C’è quindi da lavorare per rendere i PIR uno strumento davvero utile per il rilancio e la crescita del sistema industriale italiano.