L’Italia è molto indietro rispetto ai principali Paesi europei per numero di scaleup e per investimenti in queste imprese considerate le sorelle maggiori delle startup. Siamo soltanto undicesimi nella classifica europea, con un profondo divario rispetto alla regina dell’ecosistema, la Gran Bretagna, ma molto lontani anche da Germania e Francia. Il governo che verrà, all’indomani delle elezioni del 4 marzo, dovrà in qualche modo tener conto di quanto poco rinfrancante sia lo scenario fotografato da Mind the Bridge e Startup Europe Partnership (SEP) in partnership con Agi nel SEP Monitor “Scaleup Italy” 2017. Già il presidente di Mind The Bridge e SEP, Alberto Onetti, in questa intervista a EconomyUp, aveva richiamato l’attenzione sulla necessità di finanziamenti pubblici per l’imprenditoria che sta nascendo e si sta sviluppando. Ora, dati alla mano, il suo appello – rivolto nell’ambito dell’iniziativa questa intervista del Gruppo Digital360 – appare ancora più motivato. Le giovani imprese innovative, startup cresciute, che cercano di farsi strada in Italia sono pochissime e hanno pochissimo denaro a disposizione. La politica dovrebbe riflettere su questi numeri. Intanto vediamoli insieme, cercando di capire di cosa di parla.
CHE COS’È LA STARTUP EUROPE PARTNERSHIP (SEP)
È una piattaforma per sostenere l’internazionalizzazione delle imprese innovative ed è a prima realtà dedicata alla crescita delle startup a livello Ue, nata sulla scia degli obiettivi evidenziati dallo Start Up Manifesto elaborato dallo Startup Europe Leaders Club. La coordinano l’italo-americana Mind the Bridge (organizzazione non profit nata nel 2007 ed operativa fra l’Italia e San Francisco) e la fondazione per l’innovazione inglese Nesta. Fra i suoi sostenitori istituzionali ci sono tra gli altri l’European Investment Bank Group, la Cambridge University, la IE Business School e l’università tedesca HIIG Berlin. La sua missione è aiutare in modo concreto le imprese nascenti a farsi spazio sui palcoscenici globali, sostenendo e facendo scalare verso l’alto (sia in termini di dimensioni sia economici) quelle startup sorte nel campo delle nuove tecnologie e in grado di competere a livello internazionale. Periodicamente SEP pubblica rapporti sullo stato delle scaleup in ciascun Paese dell’Unione europea. Questa è stata la volta dell’Italia.
TUTTI I NUMERI DI SCALEUP ITALY
Come detto, L’Italia è all’11° posto nell’Europa continentale sia per numero di scaleup che per capitale raccolto. Le scalup italiane sono 135 e hanno raccolto in tutto 970 milioni di dollari. In proporzione sono 0,2 scaleup ogni 100mila abitanti. Dal 2010 sono state effettuate 94 exit. (A questo link il rapporto completo)
Anche la Spagna sembra difficile da raggiungere, non soltanto per il numero di scaleup (207 contro le 135 italiane) ma soprattutto in termini di capitale raccolto. Le scaleup spagnole sono state in grado di raccogliere 2,8 miliardi di dollari contro 0,9 miliardi di dollari raccolti dai colleghi italiani. Il divario è di oltre 3 volte.
Yoox resta l’unica grande scaleup italiana: il gigante fashion-tech ha raccolto 190 milioni di dollari e rappresenta circa il 20% del capitale totale raccolto dalle scaleup italiane. Va tuttavia ricordato che, proprio di recente, Yoox Net-A-Porter è stato acquisito dal gruppo svizzero Richemont.
Le scaleup emergenti in Italia sono FacilityLive, MoneyFarm, Musement, Mosaicoon, Cloud4Wi.
Sul fronte delle exit, le principali nel 2016 sono state quelle di PizzaBo, YogiTech, Fabtotum, Solair, Plat.one, 20Lines.
Diffuso il fenomeno delle “dual companies”, ovvero di quelle startup italiane (22, equivalenti al 16% del totale) che, seguendo il modello avviato da Funambol e Decisyon, hanno spostato l’headquarter all’estero pur mantenendo lo sviluppo in Italia. Queste 22 scaleup hanno raccolto in media 11,8 milioni di dollari – il 24% del capitale totale raccolto dalle scaleup italiane – contro i 6,3 milioni raccolti dalle scaleup che sono rimaste in patria. Il modello “dual companies” per l’Italia sembra quindi funzionare.