L’economia circolare è una risposta all’esigenza di transitare ad un paradigma di crescita più sostenibile alla luce della crescente pressione della produzione e del consumo sulle risorse del pianeta. Essa si traduce in un nuovo modello economico che è riparatore e rigenerativo by design e che mira a mantenere i prodotti, i componenti e i materiali alla loro massima utilità in ogni momento, cercando di disaccoppiare lo sviluppo economico globale dalle risorse finite. Con l’emergere di questo nuovo approccio di economia circolare, una sempre maggiore attenzione è stata riposta sui modelli di business capaci di darne forma. In questo panorama le startup circolari, ovvero startup che adottano modelli di business coerenti con i principi di questo nuovo paradigma, hanno, negli ultimi anni, acquisito crescente rilevanza.
Nuovi modelli di business per la circular economy
“Le startup hanno una posizione di grande vantaggio nell’innovazione sostenibile, poiché possono disegnare il proprio modello di business secondo i principi dell’economia circolare, senza i vincoli e le limitazioni derivanti da una legacy orientata a tradizionali modelli take-make-waste. Tuttavia, per poter moltiplicare l’impatto positivo che queste nuove imprese sanno creare, è fondamentale che siano inserite in ecosistemi e filiere che ne valorizzino la capacità innovativa”, commenta Raffaella Cagliano, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability.
Con l’obiettivo di capire come queste nuove imprese sfruttino la propria forza innovativa per rompere la linearità di un sistema tradizionale take-make-waste, l’Osservatorio Startup Intelligence , in collaborazione con l’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano hanno censito 376 startup suddivise in 6 archetipi in base ai modelli di business adottati: Circular inputs, Resource recovery, Lifecycle extension, Sharing platform, Product as a service, Technology for waste prevention.
Economia circolare: ecco 9 startup italiane
Nella categoria Circular Inputs rientrano quei modelli di business basati sull’utilizzo di materiali riciclati o recuperati, così come da fonti naturali e biodegradabili, come input nel processo produttivo. Tra le startup che adottano tali modelli figurano Fili Pari, Lac2Lab, Packtin, Phononic Vibes, Poliphenolia. Fili Pari, presentata dalla Co-Founder Francesca Pievani, è una startup innovativa che ha brevettato, sviluppa e promuove materiali non convenzionali per il settore tessile, nel rispetto dell’ambiente e del territorio; in particolare, questa realtà ha sviluppato una tecnologia in grado di valorizzare i prodotti e sottoprodotti delle industrie della pietra italiane, promuovendo un utilizzo efficiente della pietra naturale attraverso l’applicazione di nuove soluzioni per il mercato tessile. Luca Bertolasi, Co-Founder di Lac2Lab, ha raccontato come questa startup converta il latte scaduto o in via di scadenza, altrimenti destinato allo smaltimento, in prodotti per colture cellulari, mantenendo un’efficienza paragonabile a quella dell’attuale reagente e sarà ottenuto a costi contenuti, nel rispetto dei canoni dell’economia circolare. Packtin, nata come spin-off dell’Università di Modena e Reggio Emilia, come raccontato dal Presidente Riccardo De Leo, recupera i prodotti di scarto dei processi industriali della filiera agroalimentare (bucce di arancia, mela, pomodoro, polpa di barbabietola, etc.), da cui estrae biopolimeri per la realizzazione di integratori, pellicole, gel, packaging biodegradabili e commestibili. Il Co-founder & CEO Luca D’Alessandro ha presentato Phononic Vibes: questa startup, nata dall’attività di ricerca dei suoi fondatori del Politecnico di Milano e del Massachusetts Institute of Technology nel campo dei metamateriali, introduce una nuova tecnologia brevettata per realizzare prodotti innovativi in grado di isolare rumore e vibrazioni con soluzioni basate su metamateriali (in sostituzione delle plastiche non riciclabili). Infine Poliphenolia, raccontata dal Founder Giorgio Iviglia, realizza prodotti cosmeceutici applicando le conoscenze sulle proprietà dei polifenoli, sviluppate nel settore biomedicale, alla salute della pelle.
Nell’ambito Resource recovery, che raccoglie modelli di business basati su una progettazione di prodotti che preveda la trasformazione e la nuova valorizzazione delle risorse in essi contenuti una volta giunti a fine vita, sono state ospitate al Workshop le startup Giunko e Nebula. Noemi De Santis, Co-Founder & PR Manager, ha spiegato come Giunko abbia costituito una base dati di qualità capace di censire i prodotti di largo consumo tramite codice a barre con l’obiettivo di diffondere la cultura del riciclo e di spingere i cittadini a comunicare e condividere le proprie conoscenze e buone pratiche in materia. Nebula, raccontata dalla Co-Founder Gloria Morichi, propone una tecnologia per la raccolta di acqua dalla nebbia in contesti urbani, ma anche molto utile ad esempio su piattaforme e stazioni di servizio, campi base di unità operative in territori isolati e poco agevoli, dove il trasporto della risorsa idrica è reso ancora più costoso dalle condizioni topografiche.
Anagramma (che compare col nome commerciale MyFoody) appartiene alla categoria Lifecycle extension, che raccoglie modelli di business basati sull’estensione del ciclo di vita dei prodotti tramite riparazione, rilavorazione, remarketing. Questa startup, presentata dal Founder e CEO Francesco Giberti, è una two-sided platform dove i prodotti in scadenza e venduti dai supermercati a prezzo scontato vengono segnalati all’utente in base alla prossimità. A metà tra la categoria Lifecycle extension e Sharing platform, in cui rientrano modelli basati su piattaforme che consentono agli utenti di condividere e/o scambiare prodotti con altri utenti in modo da massimizzarne l’utilizzo, con la prevalenza di una logica peer-to-peer, si trova la startup ArmadioVerde. Come ha spiegato il Co-Founder e CEO David Erba, questa startup rivende tramite una piattaforma digitale abbigliamento usato a prezzi scontati; gli utenti che forniscono vestiti usati ricevono dei punti che possono poi spendere nel marketplace.
Le categorie rimanenti in cui la Ricerca ha classificato le startup di Economia Circolare sono la categoria Product as a service, in cui rientrano modelli basati su schemi di utilizzo «ad accesso» in cui l’utente non detiene la proprietà del prodotto ma utilizza asset messi a disposizione da una terza parte; e Technology for waste prevention, la categoria più rappresentativa tra le startup dell’Agri-Food, che raccoglie modelli basati sugli strumenti tecnologici (hardware e software) in grado di provvedere alla riduzione a monte dello spreco, evitando la generazione di eccedenze e scarti e fornendo analytics predittivi o monitoraggio in presa diretta per migliorare il decision making sia in fase di produzione che di consumo.