L’economia circolare è un modello economico sostenibile che si contrappone al tradizionale modello “prendi, produci, usa e getta”. Il suo obiettivo principale è ridurre al minimo i rifiuti e riutilizzare le risorse il più a lungo possibile.
Questa nuova dimensione economica sta già trasformando il nostro presente e inciderà significativamente sul nostro futuro, grazie anche al Green Deal europeo, piano d’azione lanciato nel 2019 per rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero.
Dal 2010 l’Italia ha incrementato il suo tasso di circolarità. Nel 2024 questo indice si attesta al 18,7% e supera la media europea dell’11,5%. Tuttavia, dice il Circular Economy Report 2024 dell’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, l’economia circolare ha fatto risparmiare alle imprese italiane solo 800 milioni di euro in più rispetto al 2023 (quando l’aumento era stato di 1.200 milioni), portando il risparmio totale a 16,4 miliardi l’anno, ben lontano dai 119 miliardi “teorici” a cui dovremmo aspirare. Dunque stiamo sfruttando solo il 14% del potenziale, con un divario ormai difficilmente colmabile da qui al 2030.
Ma cosa si intende esattamente con economia circolare? Perché è importante sia per il benessere del pianeta sia per i ricavi delle aziende? E in quale modo le nuove tecnologie contribuiscono alla realizzazione della circular economy? Ecco la definizione, una breve storia e alcuni esempi.
Che cos’è l’economia circolare
Oggi gli esseri umani producono molto di più rispetto alle epoche passate, di conseguenza consumano di più e generano una quantità maggiore di rifiuti, oltre a contribuire con i propri comportamenti all’innalzamento del livello di inquinamento globale e al surriscaldamento del pianeta. Tutto questo avviene mentre l’innovazione e le nuove tecnologie stanno sperimentando un’accelerazione che non ha pari nella storia dell’umanità e che può trovare nell’economia circolare una rivoluzione copernicana: un modo nuovo di pensare come disegnare i nostri prodotti e processi produttivi per eliminare gli impatti negativi sull’ambiente, favorire l’utilizzo circolare dei materiali e contribuire a rigenerare il sistema naturale stesso.
Con economia circolare, dunque, si intende un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile (fonte: Unione europea, 2016). In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto vengono infatti reintrodotti, laddove possibile, nel ciclo economico. Così si possono continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore.
I principi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare, fondato sul tipico schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”. Il modello economico tradizionale dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali ed energia facilmente reperibili e a basso prezzo.
Nell’economia circolare hanno molta importanza le energie rinnovabili e la modularità e versatilità degli oggetti, che possono e devono essere utilizzati in vari contesti per poter durare il più a lungo possibile.
Le tre parole chiave
Le parole chiave dell’economia circolare sono tre:
- risorse, intese come componenti del prodotto, che hanno un ciclo di vita più lungo e un valore intrinseco recuperabile;
- re-disegn, perché le imprese sono chiamate a ridisegnare processi di produzione (con interventi di efficienza energetica) e prodotti che siano modulari e facilmente assemblabili, realizzati con materiali riusabili e riciclabili;
- proprietà, perché se nell’economia lineare il prodotto passa totalmente al cliente, nell’economia circolare la proprietà del prodotto deve restare al produttore, mentre il cliente ne paga soltanto l’utilizzo attraverso meccanismi di pay per use.
Economia circolare: breve storia
Il concetto di economia circolare ha radici profonde, ma non si può ricondurre a un singolo padre o a una specifica data di nascita. Convenzionalmente si fa risalire la sua comparsa alla fine degli anni ’70, quando accademici e uomini di affari iniziarono a discutere dell’argomento. Da allora si sono sviluppate almeno sette diverse scuole di pensiero.
2010: La Ellen MacArthur Foundation
A dare impulso e divulgazione in Europa all’economia circolare è stata la velista britannica Ellen MacArthur. Dopo avere battuto nel 2005 il record mondiale di circumnavigazione del globo in solitaria, ha interrotto a 33 anni la carriera per dedicarsi a tempo pieno alla battaglia a favore dell’ambiente. Nel 2010 ha dato vita alla Ellen MacArthur Foundation, società no profit che lavora con aziende e istituzioni scolastiche per accelerare la transizione verso l’economia circolare.
2015: il pacchetto della Commissione europea
Il 2 dicembre 2015 la Commissione europea ha adottato un ambizioso pacchetto per contribuire ad accelerare la transizione dell’Europa verso un’economia circolare, stimolare la competitività a livello mondiale, promuovere una crescita economica sostenibile e creare nuovi posti di lavoro.
Il piano d’azione definisce 54 misure per “chiudere il cerchio” del ciclo di vita dei prodotti: dalla produzione e dal consumo fino alla gestione dei rifiuti e al mercato delle materie prime secondarie. InoltrE, individua cinque settori prioritari per accelerare la transizione lungo la loro catena del valore (materie plastiche, rifiuti alimentari, materie prime essenziali, costruzione e demolizione, biomassa e materiali biologici). Il piano pone un forte accento sulla creazione di una solida base su cui gli investimenti e l’innovazione possano prosperare.
La transizione è sostenuta finanziariamente dai Fondi strutturali e di investimento europei, da Orizzonte 2020, dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) e dal programma LIFE.
Tutte le 54 azioni previste dal piano sono state attuate o sono in fase di attuazione.
Le norme puntano ad avere un effetto pratico e concreto sulla vita dei cittadini europei. Per esempio il provvedimento obbliga i Paesi membri a riciclare almeno il 70% dei rifiuti urbani e l’80% dei rifiuti da imballaggio, e vieta di gettare in discarica quelli biodegradabili e riciclabili.
2019: Il Green Deal europeo
Partendo dalla premessa che i cambiamenti climatici e il degrado ambientale sono una minaccia enorme per l’Europa e il mondo, l’11 dicembre 2019 la Commissione europea ha presentato la comunicazione sul Green Deal europeo. Si tratta di una nuova strategia di crescita mirata a “trasformare l’UE in una società a impatto climatico zero, giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva”.
I leader dell’UE hanno ribadito il loro impegno a svolgere un ruolo guida nella lotta globale contro i cambiamenti climatici durante la riunione del Consiglio europeo del dicembre 2019, in occasione della quale hanno approvato l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.
Per superare queste sfide, l’Europa ha definito tre obiettivi:
- nel 2050 non siano più generate emissioni nette di gas a effetto serra
- la crescita economica sia dissociata dall’uso delle risorse
- nessuna persona e nessun luogo sia trascurato.
Il Green Deal europeo è la tabella di marcia per rendere sostenibile l’economia dell’UE.
Economia circolare: i vantaggi per il pianeta
Per comprendere l’importanza dell’economia circolare bisogna in primo luogo prendere in esame alcuni dei problemi più urgenti che l’umanità si trova a fronteggiare in questa epoca. Uno dei temi rilevanti è sicuramente il surriscaldamento dell’atmosfera causato dalla CO2 emessa principalmente per la produzione energetica, per l’attività industriale e per i trasporti. In particolare, secondo lo studio dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) dell’ottobre del 2018, abbiamo circa 12 anni per ridurre del 50% le emissioni di CO2 e circa 30 anni per eliminarle totalmente. In caso contrario, alcuni degli effetti che si stanno già manifestando si amplificheranno, con un impatto devastante di siccità, incendi ed alluvioni. Tali eventi hanno già causato danni per 320 miliardi di dollari nel 2017.
C’è poi da riflettere sui danni causati dall’inquinamento dell’aria. Secondo l’Agenzia Ambientale Europea (EEA), l’inquinamento atmosferico continua ad avere impatti significativi sulla salute della popolazione in Europa, in particolar modo per i cittadini delle aree urbane . Gli inquinanti sotto osservazione, in termini di rischio per la salute umana, sono le polveri sottili (Pm), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono troposferico (O3). A pagarne le conseguenze, come sempre, sono i cittadini. Ogni anno sono infatti oltre 60mila le morti premature in Italia dovute all’inquinamento atmosferico. Questo determina un danno economico – stimato sulla base dei costi sanitari comprendenti le malattie, le cure, le visite, i giorni di lavoro persi – che solo in Italia oscilla tra 47 e 142 miliardi di euro all’anno (330 – 940 miliardi a livello europeo).
Altro tema particolarmente rilevante è la plastica e i danni derivanti dal suo utilizzo. Solo il 15% della plastica viene riciclata a livello mondiale (OECD 2018), il 25% è sottoposto a recupero energetico ed il restante 60% finisce in discarica.
La circular economy è comunque qualcosa di più del riciclaggio dei rifiuti: è un concetto più ampio che prevede, in ultima analisi, un ambiente meno malato che sa utilizzare al meglio le risorse a propria disposizione.
Circular economy: i vantaggi per le imprese
Non solo l’economia circolare protegge l’ambiente e permette di risparmiare sui costi di produzione e di gestione, ma è in grado anche di garantire utili alle aziende. Secondo il Parlamento europeo, grazie a misure come prevenzione dei rifiuti, ecodesign e riutilizzo dei materiali, le imprese europee otterrebbero un risparmio netto di 600 miliardi di euro, pari all’8% del fatturato annuo, e ridurrebbero nel contempo le emissioni totali annue di gas serra del 2-4%.
Del resto oggi gli aspetti meramente finanziari non sono più sufficienti per la valutazione olistica di un’impresa. È altrettanto importante verificarne la performance rispetto a specifici criteri ESG.
Che cos’è l’ESG
ESG sta per Environmental, Social and Governance (ambiente, sociale e governance), un concetto ormai affermatosi nel settore finanziario come base per giudicare la sostenibilità degli investimenti. L’integrazione dei criteri ESG può migliorare il profilo rischio/rendimento dei portafogli.
A sottolineare il ruolo cruciale dei criteri di sostenibilità nell’economia è stato addirittura il presidente e CEO di Blackrock, la più grande società di investimento al mondo. Nell’ultima lettera annuale inviata a clienti e società, Laurence D. Fink afferma che le questioni ambientali e sociali saranno sempre più importanti per la valutazione di una società. “Man mano che un numero maggiore di investitori riconoscerà che il rischio climatico è un rischio di investimento – scrive – assisteremo a una profonda rivalutazione del rischio e dei valori degli asset. Siamo alle porte di una significativa riallocazione del capitale. In quanto fiduciario, la responsabilità è di aiutare i clienti a navigare in questa transizione. E, con l’aumentare dell’impatto della sostenibilità sui rendimenti degli investimenti, riteniamo che gli investimenti sostenibili costituiscano la base più solida per i portafogli dei clienti in futuro”.
L’economia circolare in Italia
2024 – Nelle imprese italiane le pratiche di circolarità non sono nel core business
Le aziende che hanno adottato almeno una pratica di economia circolare nel 2024 si fermano al 42% (46% nelle grandi aziende), il 36% è ancora scettico e non ha in piano di farlo neanche in futuro, mentre il 22% ne avrebbe intenzione. Lo dice il Circular Economy Report 2024. Se si scende di dimensioni, poi, si arriva alle PMI dove gli scettici (il 39% e in crescita) superano gli adottatori (37%). Il 31% delle imprese circolari ha sede in Lombardia e la presenza è in genere più massiccia nel Nord Italia. La strada per dichiararsi completamente circolare, comunque, è ancora lunga, dice il rapporto: in una scala da 1 a 5, il valore medio di adozione che le aziende si danno è di 2,24 e solo il 3% del campione (in larga parte nel mondo degli imballaggi) si attribuisce il massimo. Cresce, anche se solo del 5%, la taglia media degli investimenti, che restano però concentrati sotto i 50.000 euro (quasi il 50%) e con tempi di ritorno che, per il 41% delle imprese, sono inferiori ai 12 mesi.
“È purtroppo evidente come le pratiche di economia circolare non siano entrate nel core business delle imprese – commenta Vittorio Chiesa, direttore di Energy&Strategy – e si sia invece, prendendo a riferimento la totalità del campione, in una fase ancora esplorativa delle possibili soluzioni. Al contrario, il sistema finanziario sta indirizzando sempre più i capitali verso investimenti che favoriscono questo innovativo modello economico: i green bond emessi dalle principali banche italiane hanno raggiunto quasi 8 miliardi di euro, il 74% in più rispetto all’anno precedente. E sta crescendo anche la consulenza in ambito sostenibilità (+25%)”.
2023 – 15 miliardi risparmiati in Italia con l’economia circolare, ma l’obiettivo è 103
Secondo il Circular Economy Report 2023 elaborato dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2023 l’Italia ha ottenuto risparmi per un miliardo e 200 milioni di euro grazie a pratiche di economia circolare, per un totale ad oggi di 15,6 miliardi. Si tratta però solo del 15% dell’obiettivo di 103 miliardi fissato al 2030: rimane dunque un gap di quasi 88 miliardi, che significa risparmiarne circa 11 all’anno – cioè decuplicare lo sforzo – se si vuole colmarlo.
Italia penultima in Europa per investimenti in economia circolare
L’Italia oggi è al penultimo posto tra i grandi Paesi europei per gli investimenti in economia circolare (e purtroppo nelle piccole imprese crescono coloro che non intendono farli, saliti in un anno dal 38% al 47%).
Il livello degli investimenti privati è infatti ancora troppo basso, in più della metà dei casi inferiore ai 50.000 euro: questo favorisce il tempo di rientro (entro l’anno per il 41% delle imprese) ma ciò accade perché riguarda interventi semplici e non strutturali su processi e prodotti. I principali benefici percepiti attengono alla riduzione dell’impatto ambientale e dei rifiuti generati, seguita dalla valorizzazione del brand. Gli ostacoli, al contrario, vanno cercati negli elevati costi di investimento, correlati all’alto tempo di rientro, e nell’incertezza legata alla normativa e agli incentivi.
Il posizionamento complessivo dell’Italia sull’economia circolare è sostenuto principalmente dalla capacità di riciclare i rifiuti, attività virtuosa ma del tutto insufficiente, visto che dal riciclo sarebbe tempo di passare al riuso.
Aziende italiane interessate all’economia circolare
Le aziende italiane stanno mostrando un interesse concreto nei confronti della circular economy. Sempre secondo i dati del Circular Economy Report 2023, quasi il 60% delle grandi aziende ha adottato almeno una pratica (e si sale all’87% includendo chi lo farà), ma si scende al 29% nelle piccole, dove al contrario crescono del 9% gli “scettici” che non ne vogliono sapere, passati dal 38% del 2022 al 47% del 2023.
La transizione verso l’economia circolare per il 70% delle imprese è ancora ai primi passi (appena il 2% afferma di averla completata), con un livello medio di 2,06 in una scala da un minimo di 1 a un massimo di 5. L’impegno delle aziende è orientato alla valorizzazione del fine vita dei prodotti traendo materie prime seconde dagli scarti, a scapito delle pratiche incentrate su design ed estensione dell’utilizzo. Tuttavia, negli ultimi anni si è allargata la forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e il tasso di riciclo: nel 2010 erano rispettivamente il 35,3% e il 34%, mentre nel 2021 hanno raggiunto il 64% e il 48,1% (fonte ISPRA), dimostrando che un flusso omogeno in termini di raccolta è condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere elevati tassi di riciclo.
Finanziamenti all’economia circolare
I finanziamenti che la transizione verso l’economia circolare porta in dote a livello europeo sono sostanziosi: 454 miliardi di euro di fondi strutturali e di investimento per oltre 500 programmi in tutto il continente, più 183 miliardi di cofinanziamenti nazionali da parte degli Stati membri (637 miliardi in totale), cui si aggiungono i 26 a carico del bilancio dell’Unione Europea e i 7,5 dell’EIB-European Investment Bank dedicati al fondo europeo per gli investimenti strategici. Ciliegina sulla torta, i 900 miliardi stanziati dalla Commissione Europea con il cosiddetto Recovery Plan per la transizione ecologica nel prossimo decennio, di cui l’economia circolare è uno dei cardini.
Quanto all’Italia, oltre ai 4,24 miliardi di euro per investimenti pubblici stanziati con la Legge di Bilancio 2020 a favore del Green New Deal, in cui rientrano anche interventi di economia circolare. A giugno 2020 il MISE ha avviato il finanziamento alle imprese per la riconversione delle attività produttive verso un modello circolare: 157 milioni di euro in finanziamenti agevolati e 62,8 in contributi alla spesa. Non molto, ma un primo passo.
Esempi di economia circolare: startup europee
Ecco alcune startup e realtà innovative europee che stanno lavorando a un’economia più circolare.
Circularise
Fondata nel 2016 in Olanda, Circularise è una startup che sviluppa strumenti di tracciamento per sostenere l’economia circolare delle aziende. Grazie alla sua tecnologia, protetta da blockchain, offre trasparenza all’interno delle supply chain globali, tracciando l’intero ciclo di vita di prodotti e materiali ed aiutando le aziende ad implementare un’economia circolare efficace.
Too Good To Go
Una startup danese che combatte lo spreco alimentare consentendo ai consumatori di acquistare cibo invenduto da ristoranti e negozi a prezzo ridotto.
Winnow
Un’azienda britannica che utilizza l’intelligenza artificiale per aiutare le cucine professionali a ridurre gli sprechi alimentari monitorando e analizzando i dati di smaltimento.
Traca
Un’azienda francese che si concentra su soluzioni di tracciamento per prodotti che promuovono il riutilizzo e la riciclabilità, aiutando le aziende a gestire meglio i loro materiali.
Recup
Un’iniziativa tedesca che riduce i rifiuti di imballaggio nel settore delle bevande attraverso un sistema di deposito e restituzione di contenitori riutilizzabili.
Esempi di economia circolare: startup italiane
Ecco alcune startup italiane impegnate nell’economia circolare.
- MyFoody: Si concentra sulla riduzione degli sprechi alimentari collegando supermercati e consumatori per vendere prodotti prossimi alla scadenza a prezzi scontati.
- Grycle: Ha sviluppato una tecnologia che trasforma i rifiuti solidi urbani in materiali riutilizzabili, automatizzando il processo di separazione e riciclo.
- Circularity: Fornisce una piattaforma digitale che aiuta le aziende a trovare soluzioni per la gestione dei rifiuti e a implementare pratiche di economia circolare.
- ReHub: Specializzata nel riutilizzo e ricondizionamento di apparecchiature elettroniche, promuove la riduzione dei rifiuti elettronici attraverso la rigenerazione e il riciclo.
Economia circolare in Italia: le città, i materiali, le tecnologie
Al centro dell’economia circolare ci sono le città, i materiali e le tecnologie. Le città sono il motore dell’economia moderna, per questo hanno particolare peso sugli sforzi di economia circolare le città circolari e smart, che si basano su materiali, tecnologie e flussi che ottimizzano e mettono in relazione le infrastrutture con il capitale umano e sociale di chi le abita. I materiali sono alla base di ogni prodotto. La fase di disegno del prodotto rappresenta la più rilevante anche per la scelta dei materiali e la considerazione degli impatti che questi possono provocare durante l’uso ed all’ipotetica fine del ciclo di utilizzo. Le tecnologie stanno sempre di più trasformando le nostre vite: possono migliorare l’uso delle risorse riducendo gli sprechi, semplificando i flussi o ottimizzando l’uso delle infrastrutture.
Città circolari: palma d’oro a Milano
Numerosi gli indicatori di circolarità in un centro urbano: per citarne alcuni, i dati sulla raccolta differenziata, sull’utilizzo dei trasporti pubblici, su quello dei servizi di sharing mobility, il livello di concentrazione di PM10, la diffusione di eco-brevetti e di imprese ascrivibili alla categoria dei green jobs. In base a questi criteri Cesisp, Centro studi in Economia e regolazione dei servizi, dell’industria e del settore pubblico dell’Università di Milano-Bicocca, ha stilato una classifica delle città più circolari d’Italia: al primo posto c’è Milano, seguita da Trento e Bologna.
Milano si conferma medaglia d’oro anche grazie a sistemi di trasporto pubblico ramificati e apprezzati, servizi avanzati di car sharing, rete idrica efficiente, elevato livello di raccolta differenziata e alto fatturato delle attività di vendita dell’usato.
Le prime 10 città classificate si collocano geograficamente al Nord o Centro-Nord, le ultime posizioni sono coperte da centri urbani del Sud Italia, con Catania (3,8) e Palermo (3,9) fanalini di coda. Le uniche città del Nord Italia ad avere un punteggio al di sotto della sufficienza sono Genova (5,8 punti), Verona (5,7 punti) e Aosta (5,2 punti).
Economia circolare: le iniziative
L’Alleanza per l’Economia Circolare
L’Alleanza per l’Economia Circolare è nata nel 2017 con la firma del Manifesto da parte di imprese del Made in Italy leader in diversi settori produttivi. Negli anni è cresciuto l’interesse per questa iniziativa e nel 2019 l’Alleanza ha visto una partecipazione sempre crescente nel numero di imprese e di settori rappresentati in modo da favorire sempre di più lo sviluppo di modelli di business circolari. L’obiettivo dell’Alleanza è quello di guidare un’evoluzione complessiva del contesto produttivo in ottica circolare che valorizzi le peculiarità del Made in Italy, puntando sull’innovazione, favorendo la condivisione di esperienze e buone pratiche e promuovendo un costante confronto con l’intero ecosistema. Le imprese che partecipano all’Alleanza sono interpreti di una economia trasformativa, di un ripensamento innovativo dell’intero ciclo produttivo, di utilizzo delle risorse, dei modelli di business. Oggi l’Alleanza conta 17 imprese: A2A, Aquafil, Bvlgari, Cassa Depositi e Prestiti, Cetena (Gruppo Fincantieri), CIRFOOD, Costa Crociere, Enel, ERG, FaterSMART, Gruppo Hera, Intesa Sanpaolo, NextChem (Gruppo Maire Tecnimont), Novamont, Salvatore Ferragamo, TH-Resorts e Touring Club Italiano
La fondazione Regenerative Society Foundation
A settembre 2020 è nata Regenerative Society Foundation, Fondazione co-presieduta da Andrea Illy e Jeffrey Sachs, che debutterà con il primo incontro ufficiale a Parma il 15 e 16 ottobre. Obiettivo: cambiare il modello economico e sociale attuale, considerato ormai insostenibile, in favore di un paradigma nuovo, capace di rigenerare persone, economia e ambiente. Tre i pilastri fondamentali: Economia Rigenerativa, Lotta al Cambiamento Climatico, Felicità Mondiale.
Il programma è promosso da una coalizione di leader globali, creata e guidata da un gruppo di imprenditori italiani – Davide Bollati (Davines), Maria Paola Chiesi (Chiesi Group), Andrea Illy (Fondazione Ernesto Illy), Oscar di Montigny (Banca Mediolanum e Flowe) e Francesco Mutti (Mutti SpA) – dal sistema B Corp (Paolo Di Cesare ed Eric Ezechieli di Nativa, Marcello Palazzi di Progressio Foundation) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (presieduta da Edo Ronchi e diretta da Raimondo Orsini), con il supporto di Fondazione Cariparma.
La Fondazione darà vita a partnership pubblico/private con università in campo scientifico ed economico, istituzioni governative, non governative e finanziarie, e i principali centri di ricerca internazionali operanti in questi ambiti.
L’organizzazione Tondo
Si tratta di un’organizzazione no-profit internazionale operante nel settore dell’economia circolare per creare un dialogo costruttivo tra aziende, università, organizzazioni, istituzioni e persone. Tondo ha tenuto la 2° edizione dell’evento Re-think – Circular Economy Forum il 27 e 28 ottobre 2020 presso l’Università Cattolica e Triennale Milano. Re-think ha visto riuniti alcuni tra i maggiori esperti sul tema dell’Economia Circolare, da aziende e startup ad enti di ricerca ed altre istituzioni che stanno lavorando ad importanti progetti di Economia Circolare e sostenibilità ambientale.
(Articolo aggiornato al 11/12/2024)