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Ecco la stampante 3D che Samantha usa nello spazio

Tra le innovazioni che l’astronauta Cristoforetti ha a bordo della ISS c’è POP3D, unaprinter portatile made in Italy realizzata da Altran e Thales Alenia Space. Servirà a stampare pezzi di ricambio direttamente sull’International Space Station senza la necessità di ricevere rifornimenti dall’esterno

Pubblicato il 26 Nov 2014

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Stampare in 3D nello spazio? Si può fare. E sarà un prodotto italiano, o meglio torinese, a dimostrarlo. Si tratta di POP3D (Portable On-Board Printer): una delle dieci innovazioni made in Italy che Samantha Cristoforetti, la prima astronauta italiana nello spazio, il 23 novembre scorso ha portato con sé a bordo della International Space Station per la missione “Futura” dell’Agenzia Spaziale Italiana.

Il progetto è finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) che, nell’ambito del Bando “Volo Umano Spaziale per Ricerche e Dimostrazioni Tecnologiche sulla Stazione Spaziale Internazionale” ha selezionato proprio l’idea di POP3D. Della ideazione e realizzazione si è occupato il team guidato da Mariella Guerricchio di Altran Italia a Torino, supportato all’esperienza in campo spaziale di Thales Alenia Space.

L’azienda torinese, joint venture tra Thales e Finmeccanica, si è in particolare occupata dell’identificazione e la definizione dello scenario operativo e delle risorse necessarie per l’esecuzione dell’esperimento, ha preparato la procedura per l’installazione, l’attivazione e l’esecuzione dell’esperimento a bordo della ISS, ha redatto il piano di Assicurazione Qualità e Sicurezza e ha condotto analisi per l’identificazione della formazione di agenti contaminanti considerati tossici per l’ambiente della ISS che si possono sviluppare durante il funzionamento della stampante 3D.

L’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) si è invece occupato della caratterizzazione e dell’analisi post-flight. Il risultato è un cubo di 25cm per lato, ermeticamente sigillato, con una massa totale di circa 5 kg e una finestra utilizzata per visualizzare e filmare il processo di produzione e fabbricazione dell’oggetto. Il tutto è stato realizzato in circa due anni di lavoro e con un budget di 400mila euro. E la riproduzione 3D, in assenza di gravità, di un piccolo oggetto di plastica sarà proprio uno dei circa 200 esperimenti a cui Cristoforetti prenderà parte nei sei mesi di vita extraterrestre che l’aspettano. Tutto verrà filmato da una videocamera con down-link dal vivo attraverso la finestra trasparente di POP3D.

Per chi si chiede a cosa potrebbe servire una stampante 3D all’interno di una stazione spaziale, la risposta può essere più semplice di quello che sembra. Basta pensare agli astronauti che lavorano per lunghi periodi all’interno dell’International Space Station come agli “inquilini” di casa orbitante, i cui “arredi” e i cui “pezzi di ricambio” devono necessariamente arrivare dalla Terra.

Portare oggetti su uno spazio, orbitale, come la ISS, ed oltre, come un possibile futuro viaggio su Marte, è un’operazione complessa e con costi elevati. Lo sanno bene i tecnici e gli ingegneri di Thales Alenia Space, che in questi anni hanno contribuito allo sviluppo di oltre il 50 per cento del volume pressurizzato (ovvero “vivibile”) della Stazione e ai diversi sistemi di trasporto spaziale che portano i rifornimenti in orbita: dai moduli MPLM imbarcati sullo Shuttle in passato, ai grandi Tir dello spazio di oggi (ATV e PCM-Cygnus).

Per questo qualsiasi tecnologia che permetta di ridurre i volumi e il peso dei viaggi logistici al lancio, o addirittura di produrre direttamente sulla Stazione qualche componente, avrà un valore enorme per le attività spaziali. Che diventa tanto più grande nel caso di un viaggio più lungo, per esempio verso Marte.

In questo caso infatti il “rifornimento” di parti di ricambio sarebbe impossibile e tutto il necessario dovrebbe essere previsto in anticipo e caricato a bordo. Con un oggetto come POP3D invece l’astronauta potrebbe portare con sé solamente materia prima e fabbricare le parti necessarie al momento del bisogno.

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