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E-commerce, tutto quello che c’è da sapere per vendere in Cina

È la nuova frontiera per il Made in Italy ma l’approccio con la clientela è completamente diverso: i cinesi prediligono l’autenticità del prodotto, si aspettano l’assistenza via chat durante l’acquisto, cercano recensioni online sul prodotto comprato. Un report rivela i segreti di un mercato strategico

Pubblicato il 01 Feb 2017

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Un miliardo e 357 milioni di potenziali clienti, un mercato in rapidissima espansione in un contesto socio-politico che sta vivendo l’euforia di un boom economico senza precedenti, 270 miliardi di euro di fatturato nei primi sei mesi del 2015 (con una crescita del 42,8% sullo stesso periodo dell’anno precedente): è l’e-commerce cinese, nuova frontiera di espansione per i prodotti occidentali in un Paese che ha fame dell’alta qualità e della sicurezza offerti dal “made in”. Con un potenziale mostruoso, se si considera che, stando ai dati dell’ufficio Ice di Pechino, la sola piattaforma Taobao ha mezzo miliardo di iscritti, quasi un milione e mezzo di negozi online e vende 48mila prodotti ogni minuto.

Se le possibilità, sbarcando in Cina con un negozio virtuale, sembrano essere illimitate, bisogna però anche fare i conti con una realtà profondamente diversa. A partire da quella demografica. Secondo uno studio sull’e-commerce realizzato da Ecommerce Europe (Qui puoi scaricare il report in versione integrale), infatti, al momento solo il 51% della popolazione ha accesso a Internet, con una preponderanza di uomini e una predominanza della fascia d’età 20-29 anni, anche se significativo è l’incremento di accessi da parte degli over 60. Per quanto riguarda la richiesta di prodotti, invece, secondo il report a fare la parte del leone sono articoli casalinghi e per il giardinaggio, mentre l’abbigliamento si piazza in seconda posizione (con un incremento del 24,3% nel 2016 rispetto al 2015) e le calzature (con un fatturato di circa 51 milioni di dollari) al terzo. Seguono i settori hi-tech, telefonia e intrattenimento. Nei servizi, invece, a ottenere online il maggiore successo sono la prenotazione di viaggi (74%), il trasporto merci e le assicurazioni.

Secondo il report The Online Purchase Experience China 2016 di Contactlab ed Exane BNP Paribas, inoltre, in ambito e-commerce i consumatori cinesi danno moltissima

importanza all’autenticità del prodotto, che consente la fidelizzazione del cliente grazie alla garanzia offerta dal brand: è quindi indispensabile indicare chiaramente la dicitura “made in” accanto ai prodotti venduti, pena l’insorgenza nell’acquirente del dubbio sull’autenticità dell’articolo.

Inoltre, mentre gli operatori europei prediligono il contatto più tradizionale con i clienti (ad esempio via mail), in Cina si preferisce puntare sul mobile (con numero telefonico e instant messaging). I clienti cinesi si aspettano poi di ricevere assistenza via chat durante il processo di acquisto, e di trovare online le recensioni dei prodotti. Oltre, naturalmente, a richiedere di poter scegliere tra diversi metodi di pagamento, da Alipay a WeChat Pay, passando per il contrassegno e i pagamenti rateali. E se in Occidente è essenziale che venga offerta l’opzione “regalo”, in Cina su Alipay e WeChat la dicitura si trasforma in “pagato da altri”: una differenza che, sebbene possa sembrare minima, a livello culturale può essere enorme. E proprio la differenza culturale richiede anche uno sforzo di personalizzazione dell’e-commerce per la clientela cinese: se ad esempio due tra i più noti brand di lusso come Armani e Tod’s hanno adottato lo stesso look & feel digitale per il sito americano e quello cinese, prediligendo la coerenza d’immagine, “Burberry – spiega Massimo Fubini, CEO di Contactlab – ha fatto un ulteriore sforzo per personalizzare il contenuto del sito per i consumatori cinesi. Ad esempio, recentemente è stata scelta come testimonial la pop star Kris Wu e il risultato è stato un incremento delle vendite tra i consumatori locali”. Secondo Fubini, dunque, è essenziale anche “la selezione dei metodi di comunicazione e la localizzazione dei contenuti, per adattarli con efficacia a un mercato così diverso come quello cinese”.

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