Dropshipping: pro e contro del metodo per creare il proprio negozio online

Durante la pandemia il dropshipping, metodo di vendita per creare il proprio e-commerce e vendere prodotti senza averli in magazzino, è stato oggetto di interesse collettivo. Alcuni guru promettono grandi guadagni in poco tempo. Ma è davvero così? Ecco cosa c’è da sapere per farlo consapevolmente

Pubblicato il 28 Apr 2021

Dropshipping

La quantità di corsi che raccontano i veri segreti del dropshipping, il metodo di vendita che consiste nel vendere un prodotto online senza averlo materialmente in un magazzino di stoccaggio, si stanno moltiplicando ed ognuno promette più o meno velatamente guadagni abbastanza facili standosene seduti a casa. Ma quali sono i numeri reali dietro ad un mercato mondiale che promette numeri enormi e cresce a doppia cifra anno su anno? Perché così tanti dropshipper affermati decidono che vogliono dedicare le loro energie a vendere corsi invece di continuare ad arricchirsi sempre più? Non è controproducente insegnare ad altri a rubare fette del mercato in cui operiamo?

Josef Brocki, uno dei tanti Guru del Dropshipping, dichiara di fatturare 1 milione l’anno. Personalmente tendo a diffidare quando ci sono troppe persone che tengono corsi su uno stesso argomento. Ancora di più se parlano dell’argomento seduti nella loro fuoriserie o in riva al mare, promettendo più o meno velatamente quella stessa invidiabile vita al proprio pubblico. In modo molto grossolano, faccio sempre il paragone con la banale idraulica. Il mio feed sui social non si è mai riempito di corsi di idraulici che insegnano agli altri il proprio mestiere così che possano anche loro fare “i soldi veri”, per un semplice motivo: i rubinetti da aggiustare non aumentano con l’aumentare degli idraulici. 

Con 100 tubi da cambiare all’anno e 10 idraulici, ognuno avrà lavoro potenziale per 10 riparazioni annue. Se un idraulico si mettesse ad insegnare il mestiere ad altre 10 persone, guadagnerebbe nell’immediato i soldi dei 10 biglietti venduti per il suo corso ma si troverebbe a spartire i 100 tubi da aggiustare con 20 professionisti invece che con 10, dimezzerebbe così il suo mercato potenziale annuo. Ma allora perché tutti questi guru smaniano dalla voglia di indicarci la strada per l’Eldorado?

Andiamo a vedere cosa c’è sotto al cofano di questa macchina che valeva nel 2019 circa 160 miliardi di dollari e prometteva CAGR tra il 19% ed il 51%, secondo l’istituto che ha condotto la ricerca (Grand View ReseardchResearch and Markets).

Dropshipping

Come funziona il dropshipping

Cercando dati omogenei che mi permettessero di approfondire il tema, sono riuscito a trovare completezza soltanto in una ricerca francese svolta dalla piattaforma Dropizi (soluzione completa per creare il proprio negozio in dropshipping – qui la ricerca). Penso comunque siano indicativi per farsi una idea. Ovviamente assumerà altre dimensioni negli altri Paesi e dovrà essere aggiornata con i dati post-pandemia, periodo nel quale il dropshipping è stato oggetto di interesse collettivo anche a causa della sedentarietà forzata e della mancanza di lavoro.

Il 33% di coloro che approcciano il dropshipping lo faceva per guadagnare di più, il 21% perché voleva essere libero di viaggiare quando e dove voleva. Solo il 12% voleva fare l’imprenditore. Capisco da questo dato che gli intervistati non avevano ben chiaro che l’attività di un normale e-commerce differisce per la sola parte di logistica, affidata nel dropshipping completamente al produttore (con tutti i rischi del caso, peraltro).

Soltanto il 22% degli utenti Dropizi vedeva nel proprio futuro questa attività, la maggior parte voleva aprire un proprio negozio o creare un proprio marchio. Come a indicare che questo tipo di commercio elettronico è solo un passaggio verso qualcosa di diverso, più che un approdo sull’isola della felicità eterna.

L’85% degli intervistati faceva dropshippig da meno di 1 anno, il 12% da 1 a 3 anni. I veri esperti di dropshipping, ovvero quelli che lo facevano da più di 3 anni, erano rimasti solo il 3%. 

Poco più della metà di chi vuole cominciare con il dropshipping ha ricevuto formazione e 4 su 5 l’hanno ricevuta gratuitamente. È encomiabile l’impegno delle piattaforme nel creare costantemente contenuti utili alla formazione, utile anche a sfatare diversi miti sul tema.

Purtroppo soltanto il 38% di chi faceva dropshipping aveva scelto prodotti che rispondevano ad una precisa ricerca di mercato. Il 26% li ha scelti perché a sua sensazione avevano un gran potenziale. Il 36% vendeva prodotti collegati alle proprie passioni. È sicuramente un bene vendere prodotti di cui si conoscono punti di forza e debolezza, meglio ancora se oltre al prodotto si conosce il suo mercato.

Quasi il 90% dei rispondenti svolgeva o prevedeva di svolgere l’attività in solitaria. Posso solo immaginare il carico di lavoro di chi deve gestire da solo i canali di pubblicità, i social network, l’assortimento dei prodotti e le relative informazioni, l’assistenza clienti, la selezione dei fornitori, ecc.. 

Lo store online era la prima attività imprenditoriale per il 64% del pubblico. Il 67% di chi già lo aveva dichiarava di non essere ancora riuscito ad abbandonare il lavoro da dipendente. 

Due su tre volevano aprire un negozio online che vendesse anche in altre nazioni, mentre due su tre di quelli che il negozio già lo avevano preferivano vendere ai connazionali. Come per tutti gli imprenditori, arriva il momento di scoprire che vendere all’estero richiede un impegno maggiore, sicuramente almeno per il banale fattore linguistico, oltre a tutte le altre difficoltà.

Molta inesperienza, insomma, attirata da facili guadagni in una situazione di necessità e di cambiamento.

Attenti alle “promesse di Eldorado”

Poca formazione e idee confuse sulla quantità reale di lavoro da fare e competenze necessarie per gestire tutto. Pare che sotto sotto, la promessa dell’Eldorado la stiano vivendo per lo più i venditori di corsi, stando ai posti in cui la maggior parte di loro si fa immortalare mentre promuove l’acquisto dei propri trucchi miracolosi.

Il dato forse più indicativo è che il 73% dei dropshipper francesi guadagnava nel 2019 meno di 100€ al mese, l’11% tra i 100 ed i 500€ al mese e solo l’8% tra i 1000 ed i 5000€ mensili.
Il 40% di chi si avvicinava a questo mondo pensava a guadagni tra i 1000 ed i 5000€ al mese. Ovviamente se ti immagini di comprare la villa in riva al mare e la fuoriserie come ce l’hanno i guru che hai visto nei video sul dropshipping, pensi di superare ampiamente i 1000€ al mese.

Come fare dropshipping: i pro e i contro

Dropshipping però non vuol dire per forza usare una piattaforma. Ci sono diversi produttori già organizzati e disponibili a fornire il proprio catalogo prodotti a chi ha competenze per la vendita online. Non serve per forza scorrere aliexpress trovando aziende dall’altra parte del mondo. Anche l’industria vicino casa potrebbe essere già attrezzata, basta indagare. In caso non ce ne siano, si può proporre al produttore di intraprendere questa strada insieme. Si può creare il proprio e-commerce (anche con Wordpress + Woocommerce), selezionare il fornitore (con molta cura) tra quelli raggiungibili in auto dalla propria abitazione e scegliere di vendere anche a clienti nella stessa regione o addirittura nella stessa città, per cominciare. Sicuramente ci sono pro e contro ma non è una strada che escluderei a priori se dovessi pensare di aprire il mio negozio online.

Nutro la forte speranza di trovare presto nuovi dati che segnino un aumento considerevole di fatturato per il singolo dropshipper e che il 2020 sia stato l’anno della svolta per chiunque abbia iniziato la propria carriera imprenditoriale creando il proprio store su Dropizi. Meglio ancora, spero che i guadagni per il singolo utente di Shopify siano da sempre ben maggiori. Anzi, spero che il vero dropshipping sia altro rispetto ai dati esposti e che i guru abbiano davvero i trucchi magici per il successo.

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Jegor Levkovskiy
Jegor Levkovskiy

Dopo una lunga esperienza come innovation manager per il settore retail, fonda due startup, di cui una volta ad innovare l’esperienza in store grazie a intelligenza artificiale e computer vision. Ora si occupa di logistica dell’ultimo miglio perché la ritiene il nodo cruciale delle future innovazioni nel settore retail

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