Aziende e futuro, cosa aspettarsi? Non sappiamo se siamo a tutti gli effetti di fronte a una «singolarità tecnologica» – un momentum nello sviluppo di una civiltà, in cui l’accelerazione del progresso supera la capacità di comprendere e prevedere degli esseri umani – ma possiamo a buona ragione dirci all’inizio di un viaggio trans-epocale in cui la cultura, la società e la civiltà intera cambiano attraverso eventi improvvisi e trasformazioni sostanziali e non trend e cambiamenti incrementali e continui.
Da qui al 2050, saremo proiettati in un futuro che è già un domani:
1. Avremo raggiunto il picco di popolazione mondiale intorno a 9-10 miliardi di individui (poi si tornerà indietro) con una distribuzione asimmetrica nei diversi continenti ed un sensibile incremento della mediana dell’età (invecchiamento della popolazione)
2. Il mondo sarà guidato dagli appartenenti alle generazioni z e alpha (nati dal 1995 al 2025), quelle con maggiore discontinuità in termini di apprendimento e formazione e realizzazione delle aspettative rispetto alle precedenti generazioni baby boomers, x e y
3. Le grandi aziende così come le conosciamo non reggeranno all’aumento di complessità gestionale, tanto che uno studio di McKinsey prevede che entro il 2030 il 75% delle società dell’indice S&P 500 non esisteranno più (nel 1958 l’età media di queste imprese era di 61 anni. Nel 2016 è sceso a 18).
4. L’innovazione – digitale e non – genererà una parziale sostituzione occupazionale ed obbligherà ad un salto evolutivo attraverso nuove professioni. “Professionalità” significherà dare un valore unico al cliente (o al datore di lavoro), creando una dipendenza virtuosa basata sul continuo aggiornamento dei nuovi trend di mercato e soprattutto sull’aspetto umano della relazione, rendendo unica o per lo meno distintiva l’esperienza del nostro cliente esterno o interno.
5. Saremo interconnessi con un possibile livello di interazione quasi fisico che coinvolgerà “a distanza” idealmente fino a tutti i 5 sensi e non più solo vista e udito.
6. I software di traduzione simultanea e gli hardware di comunicazione portatili annulleranno le barriere linguistiche grazie a traduzioni in tempo reale, ma non potranno sostituire il linguaggio del corpo che sostanzia il potere comunicativo, né potranno standardizzare i diversi modi di “fare business” tipici di ciascuna cultura.
7. Le barriere geografiche (e quindi il percepito di nazioni e nazionalismi) saranno superate non tanto in termini politici quanto in termini di importanza dalla geografia delle grandi filiere transnazionali e delle rotte fisiche o digitali lungo le quali viaggiano prodotti, servizi, dati e informazioni.
Tutto questo sta già significando:
A. Aumento della complessità dei mercati, oramai diventati filiere transnazionali, sotto il fenomeno incalzante della globalizzazione,
B. Accelerazione dei mercati, abilitata dall’esplosione del potenziale digitale sia in termini di potenza di calcolo che di capacità di auto-apprendimento.
Proprio per questo dobbiamo aprirci a processi cognitivi e formativi diversi da quelli a cui siamo abituati, se vogliamo disegnare piani e strategie per la continuità. La partita da giocare per le aziende del futuro non è tanto sugli aspetti tecnici, quanto sulle abilità cognitive di comprensione dei fenomeni e di formulazione di modelli di business che catturino le opportunità del cambiamento e garantiscano all’impresa la resilienza necessaria per abbracciare la nuova epoca.
Il futuro delle aziende familiari non si giocherà tanto sui tecnicismi del business, ma innanzitutto su un diverso modo degli imprenditori di conoscere il mondo, di in-formarsi e di formarsi per trasformare in continuità di impresa le sfide e le opportunità di quella che chiamiamo “crisi globale”.