La rivoluzione digitale sta contribuendo a cambiare in modo significativo il mondo del lavoro. Alcune professioni stanno scomparendo o sono destinate a scomparire, altre sono nate o stanno nascendo. I nuovi mestieri creati dal digitale sono tanti e quasi sempre non sono di immediata comprensione per chi è fuori dal mercato digitale. Uno studio condotto da Linkedin su 16mila adulti ha evidenziato che un genitore su tre ha difficoltà a capire cosa fa il proprio figlio per vivere. Due terzi hanno espresso il desiderio di saperne di più, mentre la metà ritiene che potrebbe essere di maggior aiuto al figlio se comprendesse con esattezza il lavoro che sta svolgendo.
Qui sono elencati 10 profili professionali legati al digitale o che stanno emergendo in aziende della digital economy, non sempre chiari per amici e parenti. Ecco come poterli aiutare a capire meglio quel che facciamo tutti i giorni.
►Invisible asset manager – L’asset management (letteralmente “amministrazione di beni”) è la gestione della ricchezza per conto terzi, l’asset manager è un professionista che ha responsabilità di performance finanziarie. Gli invisible (o intangible) assets sono risorse intangibili come il sapere tecnologico, l’immagine aziendale, le conoscenze su mercato, concorrenti e consumatori, il controllo e l’influenza esercitati sul sistema distributivo, le competenze del management, la cultura dell’impresa. Non sono facilmente quantificabili, trasferibili e acquisibili sul mercato ma, pur non risultando esplicitamente come variabili strategiche del bilancio economico-finanziario, hanno un enorme valore per l’impresa. L’invisible asset manager, che solitamente fa capo alla Divisione Risorse Umane, ha la responsbilità di gestire questo flusso di conoscenze, che consiste nel capitale intellettuale dell’impresa, “incorporato” sia nelle persone sia nei sistemi operativi dell’azienda; il capitale umano, ovvero le abilità, le conoscenze, le competenze delle persone; il capitale sociale, cioè le relazioni e le convenzioni che legano le persone; e il capitale organizzativo, ossia i processi, le procedure e le routine intrinseche all’azienda.
►Technology evangelist – Evangelista è un termine solitamente utilizzato in ambito religioso per indicare colui che diffonde un messaggio con il fine ultimo di convertire le coscienze a quel messaggio. Analogamente il technology evangelist punta a offrire fonti di ispirazione ad aziende e individui attraverso l’interazione, la creazione di contenuti e la comunicazione attinenti al mondo della tecnologia. Il fine ultimo è “convertire” il pubblico all’innovazione tecnologica. Questa la definizione più “allargata”. In senso più specifico si è soliti indicare con il termine technology evangelist colui che costruisce una massa critica di supporto a una determinata tecnologia e la definisce come standard tecnico all’interno di un mercato. L’evangelista tecnologico promuove un particolare prodotto o tecnologia attraverso convegni, articoli, blog, dimostrazioni pubbliche o online e la creazione di progetti pilota.
►Ethical hacker – Cosa sia un hacker è ormai abbastanza noto. Ma da qualche tempo è emersa la figura dell’ethical hacker. Si tratta di un esperto di informatica il cui compito è tentare sistematicamente di penetrare nei sistemi o nelle reti informatiche per conto dei proprietari di quei sistemi o di quelle reti in modo da scovare eventuali vulnerabilità nella sicurezza che potrebbero essere sfruttate da hacker con intenzioni malevole. Gli hacker “etici” utilizzano gli stessi metodi e tecniche delle loro controparti “male intenzionate” per testare e bypassare un sistema di difesa. Ma, invece di ricavarne vantaggi personali, documentano le vulnerabilità riscontrate e forniscono consigli pratici su come risolverle.
►User Interface Designer – Contribuisce a disegnare le parti di un’applicazione per un sito Internet o per un software con le quali le persone interagiscono, per esempio il bottone sul quale l’utente clicca per acquistare qualcosa in Rete. Lo UID deve focalizzarsi sulla user experience cercando di renderla il più semplice ed efficiente possibile.
►Social Media Manager – È una delle nuove professionalità più richieste: molti si improvvisano, non altrettanti hanno le competenze necessarie per rivestire questo incarico. A volte se ne dà per scontato il significato, ma a diverse persone (mamma e papà inclusi) potrebbe non essere ancora troppo chiaro. In termini estremamente semplici è quella persona che usa i social media quali Facebook e Twitter per comunicare con il mondo per conto dell’azienda da cui dipende. Nel dettaglio è un professionista esterno all’impresa (ma a volte può essere anche un dipendente), che sviluppa le relazioni sui social network, risponde alle domande della community, difende la reputazione aziendale online. Tra i suoi compiti c’è la compilazione del piano di comunicazione aziendale, l’individuazione di un’utenza targhettizzata che possa percepire totalmente il messaggio che si vuole comunicare e la diffusione delle informazioni in modo virale per aumentare la visibilità nei motori di ricerca ed attirare nuovi contatti nei profili sociali.
►Data Scientist – Lo “scienziato dei dati” è quella persona incaricata di analizzare le informazioni raccolte all’interno dell’azienda e identificare schemi o modelli che possano aiutare i suoi dirigenti a prendere decisioni migliori. Più in dettaglio questo professionista si occupa di rendere concrete le potenzialità di qualsiasi tipo che sono insite nei big data e tradurle e comunicarle in un linguaggio comprensibile all’azienda stessa. Esiste una quantità pressoché illimitata di modalità per poterne sfruttare le informazioni, ma devono essere pensate, intuite e rinnovate da qualcuno che capisca cosa ha di fronte e ne riesca ad afferrare i collegamenti intrinseci per trarne il massimo guadagno. Esempi: capire il difetto di una macchina processando una mole infinita di dati di servizio su tutte le autovetture di quel modello che circolano. Oppure individuare le zone più a rischio di crimini attraverso uno specifico programma, come fa il Los Angeles Police Department.
►Entrepreneur-in-residence (Eir) – È una figura che si ritrova nel mondo del venture capital e quindi può avere a che fare con startup e nascenti realtà imprenditoriali. L’Eir lavora spesso gratuitamente (solo rimborso spese) per alcuni mesi per una società di venture capital andando a caccia di iniziative imprenditoriali che la società potrebbe voler finanziare. Se dopo quel periodo di tempo ha portato a termine la sua missione, è destinato a diventare co-founder o ad assumere un ruolo dirigenziale nella realtà costituita grazie ai fondi di venture capital. Solitamente gli viene dato un ufficio, supporto amministrativo, una carta per le spese e talvolta uno stipendio. Il lavoro però non ha una retribuzione elevata ed è per sua natura a tempo. Obiettivo dell’Eir è creare la prossima società che sarà finanziata dal fondo di vc. Di solito i fondi di venture capital prima valutano i progetti imprenditoriali e poi decidono se il team è abbastanza forte da giustificare un investimento. Qui la situazione è ribaltata: conoscono e apprezzano già il manager, il quale deve solo trovare l’iniziativa imprenditoriale giusta.
►Web marketing manager – Il web marketing management è un ramo del marketing tradizionale che si applica ad Internet e si occupa della definizione, applicazione e verifica delle strategie di business e comunicazione nell’interazione online tra gli utenti del web e l’impresa. Scienza economica emancipatasi solo di recente dal marketing convenzionale, il Web Marketing Management non ha ancora trovato una sua univoca collocazione nelle imprese. Il ruolo del Web Marketing Manager spesso viene ridotto al coordinamento di campagne sui media online o alla declinazione della comunicazione tradizionale su Internet. Ma le finalità delle attività di web marketing sono in realtà più varie e specifiche e dipendono dall’impresa nella quale si opera. Tra le attività di questo dirigente possono esserci per esempio: benchmarking online, ovvero studio dello scenario competitivo; online branding (incremento della notorietà di marca); database building, realizzazione di database per altre attività di marketing; Lead generation, cioè generazione di liste contatti altamente qualificati e motivati all’acquisto; vendita diretta (e-commerce); formazione online del personale e dei partner; online customer support, assistenza clienti online.
►Chief Digital Officer – Si tratta di una figura trasversale in grado di “attraversare” vari settori di competenza, dal marketing alla gestione del personale all’ICT fino alla comunicazione. Il fenomeno è iniziato, come di consueto, negli Stati Uniti qualche anno fa e tarda ad imporsi in Italia, dove però qualche Cdo in alcune grandi aziende c’è già. Il campo d’azione di questo professionista è molto vasto: dall’automazione tecnologica alla gestione delle relazioni con la clientela, dal managment all’impresa sociale, dal digital marketing all’e-commerce. Piuttosto che rappresentare un’intrusione nei campi d’azione dei Chief information Officer (Cio) o dei Chief Marketing Officer (Cmo), il Cdo è un professionista che lavora in collaborazione con tutte le unità di business di un’azienda fungendo da supporto agli altri dirigenti per le decisioni, i piani di crescita e i rischi associati con la “rivoluzione digitale”. Un Cdo, in sostanza, deve innovare l’esistente creando sistema.
►Digital Transformation Officer/Manager – Si tratta di un esperto di digitale che ha maturato esperienza nei settori della digital strategy, della comunicazione, del marketing e della gestione del prodotto e che deve avere una qualità: essere uno “che fa”, pronto cioè a mettere in pratica progetti ed idee. E’ responsabile della digitalizzazione di prodotti o servizi già esistenti o nuovi. Il Digital Transformation Officer guida una squadra di nativi digitali che hanno il compito di implementare una determinata strategia digitale.