Politica & Innovazione

Delrio ministro dei Trasporti: sarà la volta buona per Uber?

Lui va in bicicletta e ha a cuore la mobilità urbana. Sul tavolo l’ex numero 2 di Renzi si troverà il dossier sull’app contestata dai tassisti. Nel team di Palazzo Chigi c’è sempre stato un atteggiamento favorevole alla startup americana e, in genere, alla “modernità”. Vedremo nelle prossime settimane

Pubblicato il 04 Apr 2015

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Graziano Delrio, neo ministro dei Trasporti

Con il nuovo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio sarà la volta buona per Uber? Più probabilmente lo sarà per le biciclette, di cui è da anni utilizzatore e sostenitore. Ma dal successore di Maurizio Lupi ci si possono aspettare sorprese, considerando che, a chi attaccava il Jobs Act, l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio rispose: “Voi avete problemi con la modernità”.

Nato a Reggio Emilia nel 1960, medico ricercatore all’Università di Modena e Reggio Emilia specializzato in Endocrinologia, sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci, Delrio è stato l’anfitrione degli Stati Generali della Bicicletta e della Mobilità Nuova che, nel 2012, ospitarono una tre giorni di lavori coinvolgendo le rappresentanze di Legambiente, Fiab e del movimento salvaiciclisti. Per le biciclette ha inaugurato nella sua città il primo senso unico “eccetto bici”, sconosciuto in Italia ma operativo in diversi Paesi europei. Va detto che al primo appuntamento da neo-ministro si è presentato proprio in bicicletta. Altro tema a lui caro la sicurezza stradale, per la quale, dice, servono “azioni forti e simboliche”.

Il successore di Maurizio Lupi si ritroverà però sulla scrivania anche il dossier Uber, e più in generale la questione dell’innovazione nella mobilità urbana. L’ex ministro di Ncd si era distinto come paladino anti-Uber. Nel pieno delle proteste dei tassisti scoppiate a maggio 2014 in Italia contro l’app per noleggio auto da smartphone proposta in tutto il mondo dall’azienda californiana, Lupi sentenziò: “Davanti a qualunque applicazione o innovazione che eroghi servizio pubblico non autorizzato siamo in presenza di esercizio abusivo della professione”. In seguito ha mantenuto la posizione, anzi ha alzato il tiro. A gennaio, dopo una rissa a Torino tra tassisti e autisti di Uber, ha inviato una lettera al ministro dell’Interno Angelino Alfano, invitando a tenere alta la guardia perché ormai si trattava di “un problema di ordine pubblico da non sottovalutare”.

Poco dopo, nel Disegno di legge (Ddl) sulla concorrenza, saltava la prevista norma sulla liberalizzazione dei taxi. Nella prima bozza visionata da alcuni organi di stampa pare che fosse stata prevista l’eliminazione delle distorsioni concorrenziali anche per taxi e Noleggio con conducente (Ncc). La sede del conducente del mezzo e la rimessa non avrebbero più dovuto essere situate esclusivamente nel territorio del Comune che ne aveva rilasciato l’autorizzazione e i Comuni non avrebbero più dovuto regolamentare l’accesso nel loro territorio da parte dei titolari di autorizzazioni rilasciate da altri Comuni. Sembrava inoltre abrogato l’obbligo per le auto Ncc di ricevere prenotazioni solo presso l’autorimessa. Niente di tutto questo è apparso nel testo del Ddl. Mettere sullo stesso piano concorrenziale taxi e Ncc avrebbe significato aprire il mercato a soluzioni tecnologiche come quella proposta da Uber. Così non è stato.

Prima o poi Delrio sarà indotto dagli eventi a riprendere in mano la questione. Ma cosa ne pensa di Uber? Per ora non è dato saperlo. Conosciamo però il pensiero del premier Matteo Renzi, di cui fino a ieri è stato il numero due. A maggio 2014, nel pieno delle proteste dei tassisti milanesi contro Uber, Renzi dichiarò: “Ho utilizzato Uber a New York con un amico, l’ho trovato un servizio straordinario”.

Da parte sua Delrio, nel discorso tenuto agli Stati Generali della Bicicletta e della Mobilità Nuova, ebbe a dichiarare: “L’innovazione e la qualità, le modifiche ai comportamenti di vita, nascono dalle città, nascono dal basso. Bisogna promuovere con tutte le nostre energie, con le forze a nostra disposizione, una diversa cultura nel Paese: far entrare l’Italia in Europa non solamente rispettando i parametri di Maastricht, come il rapporto deficit-Pil, ma anche e soprattutto con quei comportamenti che in Europa sono già realtà”. Parole rivolte, in quel momento, gli amanti della bicicletta e dell’ambiente. Ma il termine “innovazione” resta declinabile anche negli altri settori della mobilità.

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