“La quarta rivoluzione industriale non deve portare a sostituire le persone con i robot, ma deve dare alle persone dei super-poteri. È quello che stiamo facendo in Cisco”. Lo dice in questa intervista esclusiva a EconomyUp José de Castro, CTO (Chief Tecnology Officer) del Collaboration Technology Group per APIs e Integration di Cisco. A de Castro è affidato il 24 marzo, a Roma, l’intervento di apertura della più grande conferenza di tecnologia in Europa, Codemotion. Dopo i primi due giorni di workshop, il 22 e 23 marzo, seguiranno appunto altri due giorni di conferenze con un fitto calendario di incontri e numerosi relatori internazionali molto attesi dagli sviluppatori e dagli appassionati di tecnologia. Per Cisco Italia, principale sponsor, sarà un’importante occasione di incontro con il network di 40.000 sviluppatori rappresentato da Codemotion. Nella mattinata del 24 marzo de Castro traccerà una panoramica della quarta rivoluzione industriale, dai bot al machine learning, e spiegherà come cambierà il modo in cui viviamo, lavoriamo, giochiamo e impariamo.
►Chi è José de Castro – È entrato in Cisco dopo l’acquisizione avvenuta nel 2015 di Tropo, azienda che aveva co-fondato nel 2009 e che si occupava di soluzioni di collaboration “as a service”. Ora Tropo è diventata un’unità di business del Collaboration Technology Group di Cisco. Nel suo ruolo, de Castro si occupa di rendere la piattaforma di collaborazione Cisco Spark aperta all’apporto degli sviluppatori per integrarla nelle applicazioni di comunicazione/collaborazione in tempo reale (voce, video, testo).
A EconomyUp José de Castro preannuncia una novità: Cisco sta lavorando e lavorerà per far sì che, in un futuro non molto lontano, i chatbot, questa sorta di assistenti personali virtuali in grado di rispondere in automatico a semplici quesiti, prendano parte a videoconferenze a fianco degli umani. Tuttavia, è convinto il top manager, i robot non sostituiranno mai completamente gli esseri in carne e ossa. Semmai li renderanno ancora più forti. E miglioreranno le loro vite.
L’Industria 4.0 sta portando il vento della disruption in quasi tutti i settori industriali. Quale ruolo gioca Cisco nella realizzazione di questa rivoluzione?
È un argomento molto ampio. Personalmente mi occupo della divisione Collaboration di Cisco e il mio general manager di quella dell’Internet of Things, perciò la mia visione è concentrata soprattutto su questi temi: come l’IoT, ovvero l’estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti attraverso chip e sensori, e la collaboration tecnology possano contribuire alla quarta rivoluzione industriale e di conseguenza a migliorare la vita delle persone. È una sorta di nostro imperativo morale: far sì che la tecnologia non sia utile soltanto alle attività imprenditoriali ma anche alle persone che la stanno usando.
In quale modo la collaboration tecnology può migliorare la vita delle persone?
La collaborazione, per sua natura, è qualcosa che si costruisce tutt’intorno agli individui. Di fatto la collaboration tecnology è l’interfaccia umana dell’Internet of Things. In questi ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di molti trend, per esempio i bot, assistenti virtuali in grado di interagire con gli umani. Inseriti in applicazioni di messaggistica sono in grado di eseguire compiti che per un umano sarebbero ripetitivi e di rispondere in automatico alle richieste dell’utente, aiutandolo ad ottenere performance migliori in ciò che sta facendo. Una delle preoccupazioni dei nostri clienti, e devo dire anche una delle nostre preoccupazioni, è che gli automi arrivino ad apprendere troppe cose e, in definitiva, a sostituire le persone in carne e ossa. Per questo impieghiamo molto tempo a parlare con la comunità degli sviluppatori: vogliamo spiegare loro che, invece di rimpiazzare gli umani, la tecnologia deve garantire all’umanità dei super-poteri. Deve fare in modo che una persona svolga il lavoro di 5 persone contemporaneamente. Crediamo che in futuro sarà questa la via migliore da seguire.
Eppure il World Economic Forum sostiene che nei prossimi anni si perderanno 5 milioni di posti di lavoro a causa dell’automazione.
I nostri prodotti sono unici e sono quasi interamente sviluppati e gestiti da “knowledge workers”, professionisti con specifiche conoscenze “culturali”. Certamente riteniamo che la quarta rivoluzione industriale avrà un impatto sul mondo del lavoro, come appunto sostiene anche il Forum economico mondiale, ma pensiamo che sarà più pesante per coloro che svolgono lavori manuali, i labour workers. Peraltro l’intelligenza artificiale e i recenti sviluppi relativi al machine learning hanno le potenzialità di cambiare o alterare in modo significativo anche il ruolo dei knowledge workers. Ne siamo consapevoli e stiamo realizzando strategie per renderli più produttivi invece di sostituirli.
Con la quarta rivoluzione industriale cambierà per sempre il modo in cui viviamo, lavoriamo, giochiamo e impariamo. Può fare un esempio pratico di come Cisco interverrà in questo contesto?
Con i chatbot. L’anno scorso abbiamo cominciato a riflettere su questo argomento e ci siamo chiesti: cosa fa dei chatbot un fenomeno di successo? Perché stanno attirando l’attenzione di così tanti utenti e anche degli investitori? Perciò abbiamo cominciato a pensare che, in un futuro non molto lontano, i bot non solo prenderanno parte a conversazioni “testuali”, ma potranno partecipare anche a video-conversazioni e discussioni. Avranno cioè una parte attiva nell’ampio spettro di forme di collaborazione che i nostri strumenti sono in grado di fornire ai knowledge workers. Attualmente questa area non è sviluppata, ma noi riteniamo di avere le competenze adatte per farlo e abbiamo deciso di investirvi tempo e risorse, certi che ci consentirà di ottenere un maggiore valore di mercato nel breve termine. Ovviamente, per arrivare a questo, servirà un grande salto culturale riguardo al modo in cui gli esseri umani si confrontano con la tecnologia. Assistenti virtuali come Alexa, Siri o Cortana stanno cambiando i nostri comportamenti sociali. Adesso la sfida è come sviluppare i chatbot per comunicazioni non più solo testuali ma anche visuali.
A Codemotion a Roma Cisco presenta DevNet, piattaforma di open innovation aperta a sviluppatori che vogliono
innovare con le tecnologie Cisco. Quali sono i vantaggi per i developer e quali per l’azienda?
Il principale vantaggio per entrambi è, appunto, il suo essere una piattaforma aperta. Oggi non c’è scelta, bisogna essere open. Persino Apple, nota in passato per essere una delle aziende più ‘chiuse’, ha pienamente abbracciato il concetto di apertura in quasi ogni parte del suo sviluppo software. Cisco ha adottato il medesimo approccio, cercando migliori esperienze sul lato software. Una delle mie missioni dopo che Tropo è stata acquisita da Cisco è stata proprio quella di promuovere il concetto di “platform first”.
Di piattaforme open source ce ne sono varie. Cosa distingue Cisco DevNet dalle altre?
Cisco è già una comunità di partner. Tradizionalmente i partner di Cisco hanno sempre giocato il ruolo di hardware integrator, acquistando le strumentazioni di Cisco e occupandosi della delivery, dell’installazione e del supporto dell’hardware. Quando Cisco ha effettuato il trasferimento sul cloud e verso applicazioni più software-based, la comunità dei partner ha pienamente accolto questa transizione e l’ha accompagnata. Abbiamo i partner migliori e una copertura globale che pochi altri hanno.
Qual è il rapporto tra Cisco e gli sviluppatori?
Una delle principali ragioni per cui la mia azienda, Tropo, è stata acquisita da Cisco è che forniamo agli sviluppatori un supporto eccellente e non chiediamo mai denaro per attività di supporto. L’innovazione può avvenire in qualsiasi momento della giornata, per cui, se un developer ha bisogno di aiuto alle 3 del mattino, la nostra piattaforma è in grado di fornire questo aiuto. Di recente stiamo investendo molto nella promozione di spazi di co-working e vogliamo essere certi che in questi luoghi sia presente la tecnologia Cisco. Consentiamo così agli sviluppatori di avere a disposizione una serie di soluzioni, non solo sul lato software ma anche hardware, in modo che si rendando conto delle nuove opportunità a loro disposizione. La maggior parte delle società ospitate in questi spazi sono piccole, sono startup che vanno dai 2 ai 20 dipendenti, perciò la nostra presenza acquista maggiore valore.
È vero che oggi lo sviluppatore deve essere anche un innovatore?
Non sono del tutto d’accordo. Molti imprenditori imparano da soli a programmare, e questo si rivela utile per il loro business, ma non tutti gli sviluppatori sono portati all’imprenditorialità. Certamente gran parte dell’innovazione accade quando gli imprenditori imparano il coding: oggi è certamente più importante di ieri.
Quali sono le principali industrie sulle quali hanno maggiore impatto le collaboration platforms?
Manifattura, sanità e formazione. Sono industrie che storicamente sono cambiate molto lentamente negli ultimi decenni, ma ora hanno bisogno di accelerare i tempi del cambiamento. Penso in particolare all’industria manifatturiera, dove le piattaforme di collaborazione giocano un ruolo essenziale nei processi decisionali in tempo reale: per ogni minuto durante il quale una macchina non funziona, l’azienda perde milioni di dollari. Noi lavoriamo per fare in modo che il tecnico che sovrintende alla macchina possa collegarsi con un esperto in qualsiasi momento e in qualsiasi parte del mondo. Un altro esempio per quanto riguarda il settore della formazione: abbiamo appena lanciato un hardware, che è una sorta di tablet per la collaborazione condivisa, un tablet gigante simile a quelli che usiamo nella vita quotidiana. Combinando condivisione wireless e video-conferenze può contribuire a integrare e arricchire l’offerta formativa: molti professori sono interessati e vogliono usarlo nelle classi.
Cisco e l’open innovation: come la sta mettendo in pratica?
Sono numerose le aree nelle quali Cisco sta applicando l’innovativa modalità in base alla quale le aziende si aprono a collaborazioni con realtà esterne quali startup, centri di ricerca, partner, fornitori e altri soggetti. Per quanto riguarda il settore di mia competenza, torno a sottolineare l’attività che stiamo facendo negli spazi di co-working, che ci porta direttamente là dove sta avvenendo l’innovazione. Ovviamente Cisco è nota per la sua strategia di acquisizioni. Un altro campo dove il gruppo mette in pratica l’open innovation è il rapporto con la ricerca universitaria. Stiamo anche continuando ad aprire nuovi Cisco Innovation Centers in tutto il mondo: ho avuto il privilegio di visitare quello di Parigi, è un grande spazio dove c’è un gran fermento innovativo e dove vengono invitati esponenti di varie industrie che spiegano come si fa innovazione oggi.
Si parla sempre più spesso di co-innovazione, ovvero la collaborazione tra aziende (anche in competizione tra loro) che si uniscono per un progetto comune. Quali strategie di co-innovazione sta attuando Cisco?
L’azienda sta attuando il modello hacktahon, che si è rivelato di successo con gli sviluppatori: a volte facciamo gare tra studenti, sviluppatori e innovatori, che possono essere realizzate in collaborazione con eventi già esistenti o organizzate in proprio. Hanno funzionato molto bene, così ora stiamo cominciando a fare la stessa cosa con i nostri partner. Per esempio stiamo organizzando una conferenza per sviluppatori di due o tre giorni e tra i partner ci saranno aziende quali American Airlines e Mercedes Benz. In quelle organizzazioni le squadre IT e gli ingegneri avranno una via di accesso personalizzata ai nostri ingegneri. È una modalità creativa, anche divertente, di mettere insieme le compagnie, i clienti e i vendor. Alla fine di eventi come questi puntiamo a lanciare insieme un prodotto reale, nato dall’integrazione tra Spark e i sistemi interni delle altre società. Per quanto riguarda la co-innovazione con aziende concorrenti, Cisco è molto nota per contribuire agli standard aperti e continuerà a farlo. Di recente a uno dei nostri è stato chiesto di essere il prossimo presidente dell’Internet Engineering Task Force (IETF), che si occupa dei principali open standard. È un modo per collaborare con ingegneri di altri gruppi.
La quarta rivoluzione industriale richiederà nuove competenze. Quali specifici progetti di Cisco per le nuove skills nell’Industria 4.0?
Abbiamo vari livelli di certificazioni per la gestione di prodotti. Diverse centinaia di ingegneri indipendenti hanno ottenuto il più alto livello di certificazione, il CCIE (Cisco Certified Internet Engineer). Attraverso questi programmi garantiamo formazione su una varietà di argomenti, dal machine learning all’advance collaboration deployment. E abbiamo intenzione di proseguirli in futuro, in modo che i nostri ingegneri certificati siano in grado di affrontare i cambiamenti portati dalla quarta rivoluzione industriale.
Codemotion si svolge a Roma: cosa ne pensa del nostro ecosistema di innovazione e in generale di quello europeo?
È la prima volta che vengo in Italia, non ho ancora riscontri diretti. Quanto all’Europa ritengo che il modo di pensare delle startup europee tenda ad essere più pratico rispetto a quelle americane. Non è necessariamente una cosa negativa. Quasi tutte le startup che ho incontrato in Europa sono nate per risolvere i problemi di oggi, invece di identificare problemi che potrebbero porsi domani. Credo che nessuno, in passato, avesse pensato a come ci avrebbe semplificato la vita poter chiamare un taxi da un’applicazione sul telefono. Poi è arrivata l’americana Uber e ha risolto un problema che ancora non sapevamo di avere. Ritengo che in Europa la mentalità sia diversa non tanto per carenza di visione innovativa, quanto per mancanza dei necessari investitori. Credo che il denaro, per questo tipo di innovazioni che puntano a risolvere problemi che si creeranno in futuro, esista solo in Silicon Valley e da nessuna altra parte del mondo. Ma naturalmente tutto può cambiare.