OPEN INNOVATION

Creare startup dentro l’azienda: come funziona il Corporate Venture Builder di A2A



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Il Corporate Venture Builder è un modello di innovazione aziendale che punta alla scalabilità di idee imprenditoriali. A2A ha scelto di svilupparlo al suo interno. Lo segue Giacomo Manzoni, che racconta governance e obiettivi, i criteri di selezione delle venture e l’impegno economico

Pubblicato il 10 lug 2024

Giovanni Iozzia

direttore responsabile EconomyUp



Corporate Venture Builder

Far nascere nuove venture, sostenendo l’imprenditorialità interna ed esterna al Gruppo. Insomma, creare startup dentro un’azienda per innovarla tramite un motore di crescita. È l’obiettivo del corporate venture builder, di cui spesso scriviamo su EconomyUp, nuova sfida lanciata da A2A con A2A Life Ventures, che ha da poco chiuso la prima Call For Ventures, aggiungendo un nuovo tassello alla sua strategia di open innovation.

Il Corporate Venture Builder (CVB) è un modello di innovazione aziendale che punta sulla scalabilità rapida di un numero selezionato di idee e progetti imprenditoriali che hanno il potenziale di diventare nuove “venture”. Lo hanno adottato numerose multinazionali, lo stanno approntando alcune aziende italiane per accelerare l’innovazione di prodotti e servizi, scegliendo fra due opzioni: il venture builder interno oppure quello esterno, affidato di solito a player specializzati (è, tra l’altro, il lavoro degli startup studio, detti anche venture builder appunto).

“A2A ha scelto il venture building interno”, spiega Giacomo Manzoni, 33 anni, responsabile del CVB di A2A. “Abbiamo sviluppato un framework di competenze, risorse e capitali per creare una pipeline di nuovi prodotti e servizi, valorizzando gli asset interni dell’azienda”. Si tratta di un’evoluzione naturale nella strategia di innovazione del Gruppo, con un focus sulla sostenibilità in linea con il piano industriale al 2035. Puntiamo a lanciare un paio di iniziative all’anno”

Corporate Venture Builder, un processo strutturato

Il venture building va affrontato con un processo strutturato per poter raggiungere risultati concreti. “Tipicamente, questi modelli prevedono una fase di ideazione, una di incubazione, una di accelerazione e, infine, una di scale-up in cui si accompagna la venture a mercato”, spiega Manzoni. E poi c’è il passaggio più complesso, specie in una grande organizzazione: portare l’innovazione in produzione. “Industrializzare tutto il processo è estremamente difficile”, conferma Manzoni. “Servono tempo, il commitment del top management, risorse adeguate e soprattutto le persone giuste”.

Il mantra resta “la valorizzazione degli asset interni di un’azienda, creando un ambiente controllato in cui creare cicli di test per ridurre i rischi, con la possibilità di valutare un’idea e decidere di abbandonarla in tempi brevi”, ricorda Manzoni, che aggiunge: “Siamo partiti anni fa con l’obiettivo di favorire la cultura dell’innovazione e abbiamo realizzato diverse edizioni di call dedicate all’imprenditorialità interna: abbiamo capito che molte delle idee emerse potevano diventare nuovi business, in qualche caso anche fuori dal perimetro tradizionale del Gruppo”.

La situazione era quindi matura per cominciare a dedicarsi allo sviluppo delle migliori idee lavorando sul corporate venture building, una pratica sempre più diffusa nell’innovazione aziendale che in A2A viene valorizzata per affrontare la sfida della transizione ecologica.

Giacomo Manzoni, responsabile del Corporate Venture Builder di A2A

La selezione delle venture: i criteri di A2A

Come scegliere le idee o i progetti da sostenere e far crescere?

In A2A sono stati definiti questi criteri per le nuove venture:

  • devono rispondere a un problema concreto ed avere una mission coerente con la strategia del Gruppo basata sulla transizione energetica e all’economia circolare
  • devono avere un mercato potenziale aggredibile di almeno un miliardo di valore
  • devono fare leva sugli asset, sulle risorse e sulle competenze interne di A2A
  • vengono considerati prioritari progetti che vedano A2A come potenziale primo Venture Client
  • devono avere una sponsorship interna di un direttore del Gruppo

Quest’ultimo punto è decisivo per evitare eventuali ostacoli interni e garantire il successo, osserva Manzoni, che sottolinea anche l’importanza di un commitment rilevante non solo delle prime linee ma di diversi sostenitori interni all’azienda che siano in grado di comprendere il potenziale di un modello di questo tipo.

Il commitment economico: l’investimento sulle startup

Quanto bisogna investire per un’attività di venture building? Il commitment economico di A2A per ogni venture è significativo. “Investiamo fino a un milione di euro per lo sviluppo delle due principali fasi della startup: fino a 200.000 euro per l’incubazione e fino a 700.000 euro per l’accelerazione,” dice Manzoni. “Questo impegno è cruciale per sviluppare il prodotto, testarlo sul mercato e costituire il team necessario”. La fase di incubazione, che prevede la valutazione del “problem solution fit” (esiste il problema ed esiste una soluzione che lo indirizzi efficacemente?) dura fra tre e cinque mesi; quella di accelerazione, di “product-market fit”, può arrivare fino a un anno ed è il momento in cui il prodotto viene sviluppato, testato sul mercato e viene fatto il set up del team fino ad arrivare alla costituzione della nuova startup.

“Per ogni progetto creiamo un new venture team supportato dallo staff del nostro CVB che lo segue sin dall’inizio”, racconta Manzoni. “A differenza di alcuni startup studio che affidano lo sviluppo della venture ad un team esterno”.

La governance del corporate venture builder

Come funziona il processo di creazione di startup interne? Avere una governance chiara è fondamentale. “In A2A il primo livello coinvolge un Board del CVB che approva le iniziative che entrano nel programma, il passaggio alle diverse fasi di sviluppo e, alla fine del percorso, decide se procedere con uno spin-in o uno spin-out”, racconta Manzoni. “Del Board fanno parte l’Amministratore Delegato del Gruppo, il Chief Financial Officer, un direttore di una delle Business Unit a rotazione, i responsabili di strategia e digital innovation e due persone esterne del mondo Venture Capital”.

I progetti che entrano nel programma non saranno più di due o tre l’anno. E Manzoni spiega perché: “Il nostro è un approccio molto pragmatico. Partiamo da una sfida concreta per A2A, da input che provengono da una delle società del Gruppo, che quindi possono diventare il primo venture client. Questo ci dà un vantaggio in termini di competenze che ci permette di accompagnare lo sviluppo della venture fino all’ingresso sul mercato, aumentando le probabilità di successo.

Da dove arrivano le idee per il venture building

I canali di “approvvigionamento” del corporate venture building possono essere diversi. Uno è quello interno, come le call for entrepreneurship che A2A fa da quattro anni. “Ne avvieremo una nuova in autunno”, anticipa Manzoni. Poi ci sono le challenge lanciate all’esterno, come quella appena conclusa, che possono essere anche fonte di potenziale IP da acquisire. Oltre alle challenge ci sono altri canali di sourcing tra cui le interazioni con gli Innovation manager, il team di strategia e il team che gestisce le attività di corporate venture capital, che può farci arrivare segnalazioni di nicchie di mercato da esplorare e incrociare con i bisogni del business”.

L’obiettivo sostenibilità e l’attrazione di talenti

L’obiettivo del CVB di A2A è ambizioso: “Sviluppare venture che possano dare un contributo all’urgenza della crisi climatica e al miglioramento della qualità della vita delle persone”, spiega Manzoni, che propone un’altra chiave di lettura dell’impegno: “Questo modello vuole essere anche attrattivo per i talenti, sia interni che esterni, perché offre l’opportunità di mettere in gioco la propria creatività imprenditoriale con il sostegno di un grande Gruppo come A2A”.

Le startup possono infatti nascere coinvolgendo dipendenti dell’azienda, con diversi strumenti e a diversi livelli, o persone dall’esterno. Dipende, ovviamente, dal tipo di progetto e dalle competenze necessarie per portarlo sul mercato.

Manzoni chiude sottolineando l’importanza del venture building nel contesto della sostenibilità come uno strumento per allocare capitali in maniera efficace in settori di grande rilevanza quali l’economia circolare e la transizione energetica. “Non tutte le aziende hanno le risorse per poter applicare questo modello. A2A, che può farlo, è impegnata per dare un contributo al contrasto della crisi climatica. Questa attività di innovazione, quindi, diventa uno degli strumenti utili per questo obiettivo”.

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