OPEN INNOVATION

Corporate venture capital, Germania batte Italia 97 a 15

29 delle 30 società del DAX, il principale indice azionario tedesco, fanno corporate venture capital: il 97%. Se si guarda all’equivalente italiano, il FTSE MIB, sono solo 6 su 40: il 15%. Perché? Le aziende italiane preferiscono strumenti di innovazione che riducono il rischio

Pubblicato il 04 Nov 2020

Photo by Austin Distel on Unsplash

Sentiamo parlare sempre più spesso di Corporate Venture Capital (CVC) ma non è ancora ben chiaro che cosa sia, anche perché è un’attività poco praticata in Italia, come dimostra il confronto con la Germania, da cui nasce questa riflessione. Il 97% delle principali aziende tedesche quotate in Borsa hanno un fondo di Venture Capital contro il 15% di quelle italiane. Quindi Germania batte Italia 97 a 15.

Che cos’è il Corporate Venture Capital? In parole semplici il CVC è lo strumento che permette alle aziende di comportarsi quasi come un Venture Capital e di esplorare nuovi modelli di business e nuovi prodotti senza concentrarsi solo sul presente. In sostanza serve per tenere d’occhio ciò che accade fuori dalle mura aziendali, per fare open innovation.

Nel frenetico contesto di oggi nessuna azienda riesce a stare al passo con tutti i cambiamenti tecnologici e, dato che in un ecosistema simile i primi che di solito scorgono le opportunità sono proprio i Venture Capitalist, ecco che per le aziende è utile provare a emularli con uno strumento adatto per stare con le antenne alzate e per tenere tracciate potenziali disruption.

Questo è il motivo per cui nasce il Corporate Venture Capital: permettere all’azienda di ampliare la potenza del proprio reparto di R&D attingendo ad un bacino di informazioni strategiche dal valore inestimabile che, anche se nel peggiore dei casi non saranno utili a sviluppare una nuova linea di business, sicuramente saranno indispensabili per capire se la strategia intrapresa è sbagliata, se va modificata o se va del tutto abbandonata.

Ricapitolando, oggi il CVC è indispensabile perché, per provare ad immaginarsi il futuro tecnologico, non è più sufficiente leggere i report di Gartner o McKinsey, partecipare a conferenze e fare previsioni probabilistiche. Oggi bisogna permettersi il lusso di sporcarsi le mani, investire direttamente, lavorare con la startup, testarle e conoscerle, mettendo sul piatto capitali e reputazione professionale. Solo cosi si alza ai massimi livelli la capacità innovativa di un’azienda.

Nonostante queste ottime premesse, il CVC in Italia è poco diffuso. Ho fatto dunque un piccolo esercizio per confrontare, nei vari ecosistemi, la percezione che si ha del CVC come modello di interazione Corporate-Startup.

Quello che ho riscontrato è che in Germania delle 30 Aziende facenti parte del DAX (il più importante indice azionario tedesco) ben 29 hanno programmi di Corporate Venture Capital. Stiamo parlando del 97% delle aziende DAX, non esattamente di un numero qualunque.

Questo è una prova evidente del livello di importanza strategica che hanno raggiunto le interazioni Corporate -Startup in Germania. Queste aziende hanno infatti capito che per cogliere le potenzialità dell’innovazione esterna e testarle internamente, il CVC è lo strumento migliore: il famoso approccio ZBS (Zero Bullshit). Le Corporate investono nelle startup e spingono le proprie Business Unit ad interagirci per estrapolarne valore strategico.

Ho fatto lo stesso esercizio, prendendo le 40 aziende italiane del FTSE MIB (equivalente DAX). Al di là dei vari modelli di Open Innovation (Scouting, Venture Client, PoC, ecc.) soltanto 6 su 40 fanno Corporate Venture Capital (per CVC non intendiamo le attività di M&A ma investimenti in startup). Stiamo parlando del 15%. Quasi 7 volte inferiore alla percentuale tedesca.

Le aziende italiane sono sicuramente meno attente al Corporate Venture Capital. Perché? Le risposte possono essere tante. Perché è uno strumento percepito lontano dagli interessi dell’azienda o perché è ancora poco conosciuto. Perché comporta un set-up costoso. Perché il rischio è alto e perché è di difficile collocazione all’interno dell’organizzazione (fa parte di Finance? di Strategy? di R&D?). Perché non porta risultati economico-finanziari a breve. Perché all’interno delle corporate mancano mancano le skill da Venture Capitalist. Perché le BU non sono incentivate a lavorare con le startup ecc.

Quello che ho constatato da questa analisi è che in Italia spesso si preferiscono strumenti di innovazione che riducono il rischio, tipo gli hackaton, che però non generano innovazione tangibile per l’azienda che, data la mancanza di risultati immediati, evita di esplorare strumenti di innovazione più complicati, costosi e rischiosi come il CVC.

Tuttavia, l’innovazione per forza di cose prevede rischio e possibilità di fallimento. Provare a togliere il rischio dall’innovazione significa renderla sterile. È, quindi, ora di rischiare con gli strumenti giusti, è l’ora del Corporate Venture Capital.

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Alessandro Petrich
Alessandro Petrich

Appassionato di startup e innovazione, è Open Innovation Manager di LVenture Group.

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