STARTUP INTELLIGENCE

Corporate entrepreneurship: come coinvolgere i dipendenti nel cambiamento post-pandemia

Con la pandemia del 2020 molte organizzazioni hanno capito di avere già insita in se stesse la capacità di adattarsi al cambiamento. Per farlo è però essenziale il pieno coinvolgimento della popolazione aziendale nella diffusione della cultura dell’innovazione. Ecco alcuni strumenti

Pubblicato il 19 Mar 2021

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Al giorno d’oggi sempre più imprese si trovano all’interno di contesti competitivi in cui la rapidità e la reattività richiesta dal mercato cresce in maniera esponenziale. Fare innovazione, quindi, non può prescindere dall’adozione di approcci aperti e di responsabilità diffusa all’interno dell’organizzazione, con l’obiettivo di incrementare la capacità di individuare e sviluppare nuovi spunti e idee di innovazione. Non si tratta più di specializzare persone con tempo e spazio dedicato esclusivamente ad attività di innovazione, ma di sforzarsi nel diffondere in modo più ampio possibile cultura imprenditoriale e competenze digitali.

È questo il tema centrale su cui si è sviluppato il quinto workshop della settima edizione dell’Osservatorio Startup Intelligence, dal titolo “People Engagement for Innovation”. All’evento hanno partecipato attivamente le 46 aziende partner dell’iniziativa, condividendo le proprie esperienze e lavorando insieme per strutturare potenziali iniziative volte a favorire l’ingaggio delle persone nei processi di cambiamento.

Ancora di più rispetto agli anni passati, il 2020 ci ha insegnato come eventi eccezionali possano accelerare il cambiamento. È stato uno shock improvviso, imposto da fattori esterni e incontrollabili, che è però servito a far comprendere come molte organizzazioni avessero già insita la capacità di adattarsi al cambiamento, spesso anche più rapidamente di quanto si potesse pensare. Questa capacità ha rappresentato un reale fattore competitivo che ha determinato la sopravvivenza delle imprese in un periodo così complesso.

È quindi lecito chiedersi: quali sono gli ingredienti necessari per strutturare organizzazioni reattive e pronte a favorire il cambiamento? In primo luogo, investire in un’organizzazione agile, con una cultura centrata sulle persone e che operi in un contesto di apprendimento continuo e di cicli decisionali rapidi. Quindi, saper coinvolgere le persone nel cambiamento, favorendo la partecipazione proattiva nel cambiamento stesso e abilitando maggiore ingaggio e senso di appartenenza. Infine, da un lato è necessario creare nelle persone urgenza nei confronti del cambiamento facendone comprendere la rilevanza, dall’altro lato bisogna contemporaneamente agire per ridurre paura e ansia, così che il cambiamento non sia percepito come una minaccia e un pericolo di distaccamento dalla comfort zone.

In questo contesto assume con chiarezza l’importanza di saper favorire il pieno engagement della popolazione aziendale nelle iniziative di innovazione. I dipendenti possono difatti rappresentare un asset chiave per accelerare il processo di continuo rinnovamento e cambiamento di aziende consolidate. Non solo il loro coinvolgimento rappresenta un’opportunità di valorizzazione di talenti e attitudini, ma è anzi necessario il loro “full engagement” per trasformare e innovare l’organizzazione nel suo complesso.

Ciò è strettamente legato al concetto di Corporate Entrepreneurship, inteso come la capacità di sviluppare attitudine e stimoli imprenditoriali – tipici dell’ecosistema startup – all’interno di contesti consolidati, come quelli delle grandi imprese. Si tratta di un concetto non nuovo, basti pensare come Robert Burgelman lo abbia teorizzato già nel 1983, ma che è ancora estremamente attuale sia per il mondo accademico, sia per le imprese. Come analizzato dalle ricerche dell’Osservatorio Startup Intelligence, quasi il 70% delle imprese di Grande e Grandissima dimensione ci si sta già dedicando, molte da diversi anni.

Tra le azioni maggiormente adottate, in primo luogo la formazione, come principale strumento per favorire la diffusione di cultura, strumenti e metodologie orientate all’innovazione e all’imprenditorialità. Seguono le azioni sul management per l’adozione di stili di leadership indirizzati all’imprenditorialità e al change management. È quindi chiaro come si voglia agire sia con un approccio bottom-up, cercando di strutturare e formare una popolazione aziendale pronta a recepire nuove opportunità e a partecipare proattivamente proponendo nuovi stimoli, sia con un approccio top-down, agendo sul vertice aziendale tramite l’adozione di nuovi stili di leadership per far sì che la popolazione aziendale abbia effettivamente lo spazio e il tempo per dedicarsi ad iniziative di innovazione e di cambiamento.

La sfida per le imprese è quindi fare in modo che le persone abbiano competenze adeguate a raggiungere obiettivi e sfide stimolanti. Se le sfide sono troppo complesse, rispetto a competenze e abilità personali scarsamente sviluppate, il rischio è di sviluppare nelle persone sentimenti di ansia e di non riuscire ad ottenere gli obiettivi desiderati. Al contrario, se la popolazione aziendale non ha l’opportunità di mettere in atto quanto appreso a causa di sfide scarse rispetto alle competenze sviluppate, sarà facile veder nascere sentimenti di frustrazione.

L’obiettivo deve essere il raggiungimento del “Flow” (Csikszentmihalyi, 1990), cioè uno stato di completa focalizzazione, ingaggio e interesse sull’attività che si sta svolgendo. È lo stato che  si manifesta in situazioni dove esiste un equilibrio percepito tra le sfide che una persona è chiamata ad affrontare e la valutazione di possedere le risorse e le competenze adeguate a fronteggiarle. Si tratta di un’esperienza ottimale e intrinsecamente motivante, che può abilitare un vero ingaggio proattivo della popolazione aziendale e la possibilità di stimolare realmente la capacità di sviluppare innovazione nelle imprese.

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Filippo Frangi
Filippo Frangi

Ricercatore presso Osservatori Digital Innovation

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