IMPRENDITORIALITÀ

Corporate Entrepreneurship: alle aziende serve per fare meglio Open Innovation

Le imprese faticano a investire in idee provenienti dall’esterno, perciò gli stessi dipendenti guardano con diffidenza a questi progetti. Il nuovo paradigma, che punta a rendere il personale più “imprenditoriale”, aiuta a guardare fuori dai confini aziendali, attenuando così il “rischio di rigetto” dell’innovazione aperta

Pubblicato il 23 Feb 2018

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L’Open Innovation è ormai diventata una pratica diffusa nelle imprese dopo essere stata introdotta da Henry Chesbrough nell’ormai lontano 2003. L’idea principale di questo paradigma sta, da un lato, nel saper catturare – fuori dai laboratori di R&D – le idee e le intuizioni innovative da sviluppare poi internamente all’azienda. E dall’altro l’impresa può mettere le proprie idee innovative a disposizione di chi possiede le skill e le competenze adatte a estrarne valore.

Nonostante la ricca letteratura sul tema, solo di recente le aziende italiane hanno iniziato ad avvicinarsi al tema. Secondo una ricerca condotta dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, soltanto il 28% delle grandi imprese adotta esplicitamente approcci di Open Innovation. Tuttavia, risulta importante notare che la maggior parte delle aziende ha realizzato soprattutto programmi di “outside-in” (ad esempio le numerose call4ideas lanciate negli ultimi anni), forse perché più veloci da implementare e meno dispendiosi in termini organizzativi.

Tuttavia avviene spesso che tali iniziative portino a risultati non pienamente soddisfacenti, lasciando nel management aziendale, soprattutto quello focalizzato ad introdurre concretamente progetti innovativi, un senso di incompiutezza rispetto al paradigma dell’Open Innovation.

Il problema descritto non è vissuto solamente dalle aziende italiane, ma anche a livello internazionale le imprese incontrano le medesime difficoltà, come evidenzia un recente articolo pubblicato sull’Harvard Business Review, in cui si riscontra una mancata adozione concreta delle idee sviluppate, principalmente a causa di fattori culturali. Le aziende faticano a investire nelle idee provenienti dall’esterno, con il risultato che i dipendenti stessi guardano con diffidenza a quei progetti (la cosiddetta sindrome del “not-invented-here”), creando di conseguenza come unico risultato, un’opportunità di business mancata.

Per far questo, le imprese possono fare leva su quel potenziale imprenditoriale – intrinsecamente legato al concetto di innovazione e naturalmente insito nei propri dipendenti – spesso inibito dai modelli tradizionali. Tale propensione, se incentivata e incanalata, può rappresentare un fattore chiave per accelerare i processi di innovazione.

Programmi e iniziative di Corporate Entrepreneurship possono rappresentare uno strumento efficace per avviare tale percorso di innovazione. Il denominatore comune di tutte le attività relative a questo approccio è quello di rendere più “imprenditoriale” un’impresa, sia a livello complessivo – agendo su cultura, valori, organizzazione e processi volti a favorire e incentivare attività di innovazione – sia a livello individuale, identificando, formando e supportando i dipendenti con una maggiore propensione imprenditoriale a contribuire attivamente e concretamente al processo di innovazione.

Le attività di Corporate Entrepreneurship possono, da un lato, fornire alle persone le competenze necessarie per saper cogliere gli spunti innovativi provenienti dall’esterno e valorizzarli internamente, dall’altro, generano opportunità che, per concretizzare il loro valore potenziale, richiedono l’apertura di percorsi al di fuori dei confini aziendali. È qui che la Corporate Entrepreneurship e l’Open Innovation si intersecano, perché di fatto una maggiore diffusione della cultura imprenditoriale è fondamentale per ottenere i maggiori benefici dalle attività di Open Innovation.

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Una maggiore diffusione della cultura imprenditoriale, unita a modelli organizzativi che incentivino l’iniziativa e la proattività del singolo individuo, dovrebbe quindi attenuare il rischio di rigetto di attività di Open Innovation, attenuando la sindrome del “not-invented-here” e, di conseguenza, aumentando la capacità di introdurre e sviluppare idee provenienti dall’esterno.

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Immaginiamo di aver lanciato un programma di Corporate Entrepreneurship in cui team interfunzionali di dipendenti vengono incaricati di identificare Business Model innovativi per l’azienda, adottando lo stesso approccio Lean che caratterizza le nuove iniziative imprenditoriali. L’atteggiamento proprio di tale approccio – fortemente orientato verso la sperimentazione diretta delle idee sul mercato al fine di ridurre l’incertezza – favorirà da parte dei team la tendenza a “guardare fuori” dai confini dell’impresa, per trovare conferme delle ipotesi chiave alla base delle proprie idee, elementi che possono essere riutilizzati per accelerare lo sviluppo di prototipi e la conduzione di test, ecc.

È estremamente difficile pensare di lanciare con successo iniziative di Open Innovation se la cultura aziendale non ha tra i suoi volari fondanti l’imprenditorialità e, viceversa, la Corporate Entrepreneurship spingerà naturalmente l’impresa verso un approccio più aperto all’innovazione.

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Andrea Gaschi
Andrea Gaschi

Practice Leader di Partners4Innovation per l’area Digital Open Innovation. Aiuta le imprese ad adottare modelli di innovazione digitale agili, aperti e partecipativi

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