GUERRA NELLA STARTUP NATION

“Continuiamo a innovare anche sotto le bombe”: parla Hilla Brenner, imprenditrice e startup mentor a Tel Aviv

Hilla Ovil Brenner, imprenditrice seriale, investitrice e startup mentor racconta a EconomyUp il primo mese di guerra della “Startup Nation”: i fondi pubblici aumentati di 100 milioni di euro, le iniziative di imprenditori e venture capitalist. Ma soprattutto la grinta e la resilienza. “La comunità è più coesa e resistente”

Pubblicato il 08 Nov 2023

Hilla Brenner parla delle startup in Israele durante la guerra

Dall’inizio della guerra in Israele, il 7 ottobre 2023, per le startup israeliane è stata stanziata dal governo una cifra pari quasi a 100 milioni di euro e sono state attivate altre iniziative private per sostenere le società in difficoltà.

L’ex ministro della Tecnologia israeliano ha perso un figlio il primo giorno del conflitto, eppure, nonostante l’indicibile dolore, ha avuto la forza di rivolgere parole di sostegno alla sua “Startup Nation”, come viene chiamata Israele.

È la stessa forza d’animo e la stessa capacità di reagire alle avversità che anima Hilla Ovil Brenner, imprenditrice seriale (una delle aziende da lei fondate ha raccolto diversi milioni di dollari al suo debutto in Borsa), investitrice e startup mentor. La donna, che vive e lavora a Tel Aviv, ed è madre di tre figli, da quel drammatico 7 ottobre si è trovata ad affrontare la sfida più grande: una nuova guerra in una terra martoriata.

Intervistata da EconomyUp, Hilla, che dal 2018 al 2022 è stata anche Managing Director del Techstars Tel Aviv Accelerator e oggi è Partner presso il Soterio Startup Studio, fa sentire la sua voce di innovatrice: l’ecosistema del suo Paese è “resiliente e ottimista”, dice.

“A poco meno di tre settimane dall’inizio del conflitto – ricorda – il ministro delle Finanze ha annunciato un aumento del budget destinato al programma fast-track della Israel Innovation Authority, l’autorità indipendente finanziata con fondi pubblici che si occupa di incentivare l’ecosistema innovativo. Le risorse destinate a quel programma sono state aumentate da 100 a 400 milioni di Nis (o Isl, lo shekel, valuta israeliana, una cifra pari a circa 97,3 milioni di euro, ndr). Il motivo? Fornire un supporto essenziale alle startup che si trovano in difficoltà finanziarie a causa dell’attuale situazione”.

Un gesto estremamente significativo. Così come lo è stato quello di Izhar Shay, ex ministro della Scienza e della Tecnologia, oltre che imprenditore e investitore nel settore tecnologico, che ha perso il figlio Yaron la mattina del 7 ottobre. “La risposta di Israele ad Hamas – ha detto – dovrebbe essere quella di creare una nuova startup per oggi soldato ucciso e ogni civile ammazzato“.

La forza della “Startup Nation

Reazioni di questo genere si possono comprendere solo nel contesto di una “Startup Nation”, come è stata soprannominata Israele grazie al suo vivace ecosistema di innovazione e imprenditoria, considerato il secondo al mondo dopo la Silicon Valley.

Una nazione che ha investito massicciamente in ricerca e sviluppo, con budget annuali che superano quelli di qualsiasi altro Stato in termini percentuali del PIL (Prodotto interno lordo). Una nazione che ha una forte cultura dell’imprenditorialità, alimentata da un’istruzione di alta qualità, un ambiente competitivo e una propensione al rischio. In un Paese così, le startup restano una priorità, nonostante la guerra.

“Naturalmente gli investitori internazionali sono preoccupati all’idea di puntare in questo momento sulle nostre realtà innovative – ammette Hilla Brenner– ma le startup mostrano la loro resilienza in tempi così difficili. Abbiamo organizzato webinar e programmi per imparare come tenere il passo con le dinamiche che stanno cambiando. Abbiamo lanciato iniziative per raccogliere fondi e stiamo apprezzando il sostegno che riceviamo dalle persone in tutto il mondo. Nell’ecosistema delle startup è emerso un senso di comunità e solidarietà. La crisi – afferma l’imprenditrice – ha reso la comunità di innovatori ancora più coesa e resistente. Le nostre startup hanno continuato ad innovare, nonostante le difficoltà”.

Le iniziative di sostegno all’ecosistema

Oltre al già citato programma fast track dell’Autorità per l’Innovazione, Brenner elenca alcune delle iniziative attivate in questo periodo. Una è Safe Dome, organismo creato da un gruppo di imprenditori israeliani per costituire un fondo di emergenza per aiutare le startup a sopravvivere al complicato periodo.

Un’altra iniziativa parte da Arieli Capital, società di investimento con sedi in USA, Europa e Israele, che ha annunciato il lancio della sua Southern Starlight Initiative, con l’obiettivo di investire 5 million di Nis (circa 1,3 milioni di dollari) nelle startup che hanno subito conseguenze dall’attacco di Hamas.

Un gruppo di venture capitalist da tutto il mondo ha annunciato in questi giorni il lancio di Iron Nation, sempre con gli stessi scopi: in questo caso l’obiettivo è raccogliere 20 milioni di dollari a favore delle startup post-seed che sono state finanziate con venture capital.

Le startup d’Israele in tempo di guerra

“Inutile negare che la guerra ha messo in difficoltà non solo i civili e i militari, ma anche quelli tra loro che sono imprenditori e startupper, in particolare le donne founder” afferma Hilla Brenner, molto attiva su questo fronte: ha infatti fondato Yazamiyot – Women Entrepreneurs, organismo non profit per incrementare la presenza di donne nelle industrie dell’hi-tech e del bio-tech. “In Israele il servizio militare è obbligatorio per le donne. Ma queste stesse donne sono spesso madri, devono lavorare e allo stesso tempo guidare aziende”.

Tuttavia Brenner non vuole scoraggiarsi e preferisce sottolineare quanto ha fatto, e quanto ancora può fare, l’ecosistema israeliano per portare innovazione nel mondo. “È importante comprendere il popolo israeliano e la sua natura quando si parla della ‘startup scene’ israeliana. È bene ricordare le soluzioni tecnologiche che sono state create qui in Israele. Capire il valore che abbiamo dato all’open innovation, la nostra capacità di innovare e risolvere problemi nei momenti più sfidanti. Le startup israeliane operano in una molteplicità di settori: cybersicurezza, biotecnologia, agritech, fintech, clean tech. Hanno dato e possono dare molto a tutto il mondo”.

Solo per citare qualche nome, in Israele è nata Mobileye, azienda di tecnologia che sviluppa sistemi di assistenza alla guida per la prevenzione delle collisioni, acquisita da Intel per oltre $15 miliardi nel 2017. In questa terra ha le sue radici Waze, popolare app di navigazione GPS, acquisita da Google per circa $1 miliardo nel 2013. C’è anche Lemonade, compagnia di assicurazioni digitale che utilizza l’intelligenza artificiale e il machine learning per digitalizzare e semplificare il processo di assicurazione.

La stessa Hilla Brenner ha dato vita a WhiteSmoke“, tra le leader internazionali nella tecnologia NLP (Natural Language Processing), che si è quotata in Borsa, dando enormi soddisfazioni alla sua fondatrice.

Fondatrice che oggi non perde la grinta. Ma è chiaro che, come tutti, è provata. Parlando dell’Italia, le brillano gli occhi per la nostalgia. Ricorda il collega di Techstars nel nostro Paese, sottolinea di aver lavorato per il fashion tech in Italia. Ha anche investito in una startup italiana, la bolognese Cubbit,che abilita soluzioni di cloud storage geo-distribuito. Ma soprattutto, specifica Hilla, si è sposata in Italia, in un piccolo paese della Toscana. “Ci sono strette somiglianze tra Israele e Italia, c’è il potenziale per ulteriori collaborazioni” dice. Speriamo tutti che si possano realizzare al più presto.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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