Cominelli (Vodafone): l’intelligenza artificiale ci semplificherà la vita (e le relazioni con i clienti)

Barbara Cominelli, Direttore Commercial Operations & Digital, una delle 50 donne più influenti d’Europa nella tecnologia, racconta il Vodafone Bot, il primo del Gruppo. Come si inserisce nel percorso di digital transformation dell’azienda…e perché ha una voce maschile

Pubblicato il 03 Apr 2017

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Bot, Chatbot, Intelligenza Artificiale? Un bambino che sta cominciando a gattonare, presto si alzerà in piedi e nei prossimi anni si metterà a correre. L’immagine ce la regala Barbara Cominelli, Direttore Commercial Operations & Digital di Vodafone Italia, che ha “governato” la nascita di un nuovo bambino: il Vodafone Bot che sul Messenger di Facebook da gennaio risponde ai clienti. Sono passati tre mesi e la creatura comincia a dare già qualche piccola soddisfazione, un premio (tra i migliori programmi di Customer Experience Management dal Club CMMC) e soprattutto un primato: l’Italia è il primo paese del Gruppo Vodafone ad avere lanciato una chatbot su Facebook.

Tutto quel che c’è da sapere sui chatbot

«Non bisogna sorprendersi», dice subito Cominelli, sapendo che di solito il nostro Paese sulle questioni digitali non brilla. «In Italia invece abbiamo best practice su diverse attività digitali. Per esempio, all’interno del Gruppo, in Italia abbiamo la maggiore penetrazione tra i clienti dell’app mobile, mentre sul desktop resta il gap con Paesi come la Gran Bretagna o l’Olanda. Sul mobile invece riusciamo ad essere leader». Siamo stati i primi ad adottare senza se e senza ma i cosiddetti cellulari diventati poi smartphone e i risultati si vedono.

Barbara Cominelli, da sette anni in Vodafone, da due è una delle 50 donne europee più influenti nel settore della tecnologia (“sono una bocconiana spesso scambiata per ingegnere”, dice con un sorriso…), con cui ha un sano rapporto di curiosità ma non di dipendenza. Due smartphone, un tablet, laptop, social con moderazione, ecommerce per le esigenze primarie di casa, ma «quando c’è da fare shopping serio, si esce con le amiche». Quindi anche sull’intelligenza artificiale si arruola tra gli ottimisti ma con giudizio. «I software capaci di svolgere attività umane ci aiuteranno a semplificare la vita, ma certo non sostituiranno tante funzioni che dovranno restare affidate a uomini e donne».

D. Vediamo il caso di Vodafone. Come siete arrivati al chatbot?
R. Con motori intelligenti lavoriamo da tanti anni: all’interno dell’app My Vodafone, ad esempio, c’è un motore semantico che permette al cliente di trovare le risposte in maniera veloce. Ma dovevamo andare oltre..

D. Perché?
R. Vodafone ha 80 milioni di interazioni al mese su tutti i canali. L’app mobile è quello principale: ne fa quasi 70 di milioni. I nostri clienti aprono l’app ogni tre giorni, vanno sul sito un paio di volte al mese, in negozio un paio di volte l’anno. Quindi ci stanno indicando la strada.

D. Vuol dire che sono i clienti a chiedere di parlare con un software?
R. Non è questo ma è evidente che aumenta la richiesta di un servizio veloce e permanente, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. A livello globale 1/3 dei clienti si è detto interessato usare un assistente virtuale. Se poi andiamo fra i Millenials, l’80% dichiara che già li usa o li vorrebbe usare. La tendenza è chiara.

D. C’è chi dice che i chatbot siano un’hype, una moda…
R. Si, sono di supermoda ma se se ne parla tanto, è perché sta cambiando il modo di interagire dei clienti. Siamo tutti sempre più abituati a dialogare con i sistemi di instant messaging, il passo è breve e le aziende non possono restare indietro. Eppoi intendiamoci su che cosa sono questi bot..

D. Perché, ci sono equivoci secondo lei?
R. Beh, spesso si parla dei chatbot come se fossero robot. E invece sono software diversi messi in relazione tra di loro: c’è un motore che interpreta il linguaggio del cliente, uno che aiuta a dare le risposte, un altro che capisce quando è il momento di passare la parola all’operatore

D. Quindi l’invasione dei chatbot non distruggerà il pianeta e i suoi abitanti, in qualsiasi angolo del mondo si trovino?
R. Assolutamente no. Su questo punto bisogna essere molto chiari. Gli assistenti virtuali costituiscono un modo di rendere il self care più semplice e intuitivo: invece di fare 6 click per ottenere una risposta, basta una semplice domanda . Quindi permettono di fare meglio quel che già facevi da solo, per esempio con l’app. In entrambi i casi si arriva a un momento in cui la parola, è il caso di dire, passa all’operatore per una consulenza diretta su temi più complessi.

D. Uno scenario di complementarietà in cui il bot fa da filtro e aiutante per l’operatore umano…
R. Sì, a noi piace chiamarlo figitale: è un approccio che prende il meglio dei due mondi, il fisico e il digitale.

D. Quali sono i vantaggi che porta l’intelligenza artificiale?
R. Sono quelli del digitale, ma potenziati. Nei canali tradizionali hai una minore quantità di feedback organizzati e organizzabili. Il Bot ci aiuta a capire cosa ci sta veramente chiedendo il cliente, qual e’ il suo intento. Sono dati che – anonimizzati – offrono elementi qualitativi che ci permettono di essere sempre più rilevanti per il cliente e in grado di anticipare le sue esigenze e le sue domande .

D. I chatbot funzionano già bene?
R. Non sono ancora perfetti, ma cominciano a funzionare. In Vodafone ci siamo dati un piano nel tempo che si può rappresentare così. Un Bot prima gattona, poi comincia a camminare, alla fine correrà. Diciamo che siamo nel fase del gattonamento. Il Vodafone Bot è in grado già di fare molte cose ma ne farà molte di più fra 6 mesi, perché continua ad apprendere. È un giovane, per questo lo abbiamo fatto anche simpatico: se non capisce qualcosa, se sbaglia, si prende in giro da solo.

D. Perché ha una voce maschile?
R. Abbiamo pensato: gli assistenti virtuali hanno di solito voci femminili. Perché? Perché questo stereotipo? Così abbiamo pensato a un lui…

D. Che cosa si aspetta una compagnia come Vodafone dall’uso dell’intelligenza artificiale?
R. Stiamo utilizzando l’AI in tante aree dell’azienda all’interno di un più ampio processo di digital transformation. Diversi passi sono stati fatti, per esempio ridisegnando tutti gli strumenti utilizzati dai contact center dove non deve accadere più che il cliente che chiama è davanti a una bellissima app e l’operatore ha ancora interfacce supertecniche che di fatto lo tengono lontano dal cliente. Questo è il modo migliore per fare omnicanalità.

D. È la vostra digital transformation?
R. In qualche modo sì. Ma per noi c’è un punto strategico da non dimenticare: non vogliamo essere ‘pure digital’. Noi abbiamo un approccio diverso perché crediamo che tutti i nostri canali, compresi quelli fisici, abbiano un valore.

D. Come vede l’Intelligenza Artificiale e il suo uso da qui a 5 anni?
R. Sarà sempre più presente e importante nelle nostre vite e forse non ce ne accorgeremo. Sono ottimista perché credo che ci aiuterà a semplificare le nostre vite e permetterà alle aziende di rispondere sempre meglio alle esigenze dei clienti. Ma credo anche che sia molto importante, soprattutto in Italia, lavorare sulle competenze, investire sulle persone in formazione.

D. In Italia non ci sono ancora queste nuove competenze?
R. Noi per esempio stiamo assumendo molte persone per le attività legate ai big data e qualche volta ci tocca cercare fuori dall’Italia. L’ondata sta per arrivare, lo ha previsto anche l’Unione europea. Dobbiamo farci trovare pronti a salire sulla cresta dell’onda, per evitare di restarne sommersi. Come individui e come Paese.

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