Sono momenti drammatici per il nostro Paese, per l’Europa e per il mondo in generale. Quando finirà questa emergenza, come per tutte le grandi crisi, il mondo si risveglierà diverso, con nuove necessità ed opportunità che i bravi imprenditori stanno già immaginando come cogliere.
Non possiamo però commettere l’errore di pensare che passata l’emergenza torneremo tutti alla stessa vita di prima. Per prima cosa perché non sappiamo quando tutto questo si risolverà (e certo non sarà il 3 aprile) e poi perché, come dicevo prima, il mondo si ritroverà totalmente diverso e stravolto da una battaglia così lunga e faticosa.
Tra tante call, troppi caffè, una spolverata ai pavimenti e una seduta di home fitness (uscirò da questa clausura decisamente in forma) sto riflettendo molto sullo scenario in cui ci troviamo e ci sono tre sentimenti, tra loro contrastanti, che emergono.
Preoccupazione: tra due mesi diventerò padre per la prima volta e non era certo questo il mondo che immaginavo per Carlotta.
Irritazione: sono un piccolo risparmiatore e vedo i mercati finanziari impazzire. Mi sembra che in molti casi sia un universo totalmente distaccato dalla realtà e soprattutto dalla bontà di certe aziende. I fondamentali di bilancio, di business non esistono più (ma sono mai esistiti?) agli occhi dei grandi investitori. Ma non sono più nemmeno investitori, sono algos che in base ad algoritmi sofisticati muovono le borse repentinamente.
I piccoli risparmiatori non hanno potere, né tempo per poter agire e starci dietro. Vedono i loro risparmi ridursi in un batter d’occhio senza poter far nulla. Bisogna tener duro e basta, ci viene detto. E’ l’unica strada anche se verrebbe voglia di mandare tutti a quel paese e spostare gli investimenti verso altri orizzonti.
E allora perché non farlo?
La terza sensazione che sento, infatti, è una pulsione positiva.
Entusiasmo, ho voglia di fare. Voglio immaginare come ricostruiremo tutto.
Dicevo prima, a maggio diventerò papà di una bambina che sarà sicuramente bellissima ed intelligentissima. E proprio a lei, quando sarà grande e le racconterò che l’anno in cui è nata mamma e papà non potevano uscire più di casa, voglio dire come il Paese in cui vive (mi riferisco all’Europa perché quando lei sarà grande saremo un unico grande Paese) è riuscito ad uscire dalla crisi rilanciandosi alla grande.
Le dirò che ogni crisi nasconde grandi opportunità. Ogni crisi porta progressi, aiuta ad evolversi, senza crisi la vita è una routine, una lunga agonia (non sono parole mie, ma di un mio omonimo, ma sono parole quanto mai vere).
Lei dirò che proprio nei mesi in cui è nata non ci siamo fermati, ma anzi abbiamo spinto sull’acceleratore. Non ci siamo fermati davanti alla noia ed alle difficoltà, ma siamo ripartiti subito più forti di prima.
Le dirò che avevamo paura, che era giusto e sacrosanto avere paura, ed eravamo preoccupati per il futuro davanti ad un’incertezza così grande che ci aveva fatto capire quanto eravamo piccoli ed impotenti, in un momento che non aveva precedenti nella storia dell’umanità. Le dirò però anche che abbiamo trovato il coraggio per ripartire.
E l’abbiamo fatto subito, velocemente, senza perdere tempo. Ci siamo immaginati il futuro che volevamo e ci siamo messi in moto per realizzarlo.
Le dirò che mentre lei era nel pancione della sua mamma abbiamo realizzato che era necessario spingere ancora di più gli investimenti dove potevano essere realmente produttivi, dove avrebbero creato lavoro, occupazione e benessere. Le dirò che quando lei non era ancora nata il Paese era formato da un tessuto imprenditoriale incredibile che aveva già dimostrato più e più volte di sapersi rialzare da tante crisi, lo avevano fatto i suoi bisnonni, i suoi nonni ed anche papà e mamma lo avevano fatto proprio in quei giorni.
Le racconterò che in quel periodo papà si occupava di investimenti in startup e pmi e la cosa più bella del suo lavoro era la possibilità di incontrare centinaia di persone che nonostante le difficoltà non si volevano arrendere e continuavano a voler far crescere la propria azienda o farne nascere una nuova.
Le dirò che il suo papà vedeva sempre più investitori pronti ad affacciarsi a nuove opportunità di investimento, pronti a sostenere attivamente con i propri risparmi la nascita e la crescita delle piccole imprese. Investitori che avevano deciso di rischiare, consapevoli che ce l’avremmo fatta e che avremmo colto enormi opportunità e soddisfazioni.
Le dirò che si era creato un circolo virtuoso in grado di poter portare finanza a migliaia di piccole imprese e startup pronte a ripartire più forti della crisi.
Le dirò che l’azienda in cui lei lavora il suo papà l’ha vista nascere e crescere proprio in quei giorni di difficoltà. Quell’azienda che anni fa era una startup promettente, ma che poi grazie a tanti investitori che ci hanno creduto è diventata una delle più grandi aziende del Paese e del mondo intero e che lei deve essere fiera di esserne il CEO (sì, sarà veramente in gamba mia figlia).
Le dirò che ne siamo usciti tutti insieme, che eravamo distanti, ma con intenti comuni.
Che il mondo in cui vive lei oggi è frutto di ciò che in quei giorni abbiamo ricostruito tutti quanti insieme.
Le dirò che l’Europa, casa sua, in quei giorni dopo un’iniziale confusione (normale con un nemico così infame ed invisibile) è riuscita ad unirsi meglio e più di prima, forte più che mai.
Le dirò un sacco di cose finché lei mi guarderà e mi dirà: “Papà, credo di aver sentito questa storia migliaia di volte. Oggi dobbiamo pensare al futuro, il mondo è cambiato. Vi ringrazio per quello che avete fatto in quei giorni, ma basta pensarci. Andiamo avanti…backtowork!”