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Come dovrebbe votare il non-partito delle startup il 25 settembre

In Italia il dibattito politico non sembra mettere al centro innovazione, startup e digitale. Uno dei problemi è che gli innovatori sono abituati a fare senza chiedere. Quindi chi scegliere? Ecco alcuni nomi di chi, in passato, ha lavorato per le startup in ambito politico. In attesa di capire chi vorrà farlo in futuro

Pubblicato il 06 Set 2022

Il non-partito delle startup

Dove sono le startup e l’innovazione nell’agenda dei partiti che vogliono andare al governo dopo il 25 settembre?

La domanda è molto importante perché gran parte della eventuale crescita (o della minore decrescita) del PIL italiano dipenderà da questi ambiti. La Germania ha appena annunciato investimenti complessivi per 30 miliardi di euro. La Francia ha, dai tempi di Holland, una politica che mette startup e scaleup al centro della scena (politica che Macron ha continuato a sviluppare senza smontarla, incredibile visu alle nostre latitudini ove il nuovo che arriva, come prima cosa, smonta quanto fatto prima). Il Regno Unito ha appena pubblicato un Tech Startup Manifesto per comunicare al neo primo ministro le direttive per il sostegno del settore tech.

E in Italia? Premessa: sono un osservatore non politicamente schierato e con una prospettiva di chi vede l’Italia da fuori (sono appena rientrato da un mese negli Stati Uniti). Indi potrei sbagliarmi. Tuttavia non mi sembra che il dibattito politico metta innovazione, startup e digitale al centro (qui una analisi della presenza della parola innovazione nei diversi programmi di Giorgio Ciron, Direttore di InnovUp, principale associazione dell’ecosistema italiano dell’innovazione). Anzi mi sembra che non se ne curi proprio. Come se non fossero rilevanti.

Prima di registrare l’ultima puntata di “Innovation Weekly” pre-pausa agostana ragionavo con l’amico Giovanni Iozzia su quale partito avesse storicamente maggiormente sostenuto i temi del digitale e delle startup. E quale partito avesse piani più concreti al riguardo.

Le conclusioni della nostra chiacchera coincidono con l’analisi pubblicata qualche giorno fa dall’amico Max Ciociola.

Enrico Letta pensa che dando 10k euro ai 18enni risolviamo il loro problema sul futuro.
Calenda, che introdusse il concetto di Industria 4.0, purtroppo peserà poco.
La Destra non sembra avere alcun piano serio sul tech e nuove imprese (non ci dimentichiamo il passato) .
I 5S (non li ho votati) furono quelli con background digitale maggiore e alla fine quello che hanno detto hanno fatto.
La realtà è che poi nel nostro mondo sono i tecnici ad aver fatto di più come 
Vittorio Colao , Diego PiacentiniPaolo Barberis ed il buon Corrado Passera a cui si deve il decreto Startup.
E quindi chi votiamo? Noi che lavoriamo in un settore che nei prossimi 10 anni impatterà pesantemente sul PIL.

Noi che siamo ad assumere continuamente a dispetto di un’economia che non lo permette .
Chi votiamo ? Ditemelo. Non lo so.
Ma servirebbe chiarirlo. Per poi non lamentarsi dopo
.”

Coincide pure l’incertezza sul da farsi. Dai primi commenti emersi il Terzo Polo sembra essere quello con una posizione maggiormente solida e chiara, anche grazie a persone (come, ad esempio, Luigi Marattin o Marco Lombardo) che sono credibili. Restano un po’ di dubbi sull’effettiva attenzione di Calenda sul tema startup (in passato non aveva brillato al riguardo) così come sull’effettiva efficacia della manovra Industria 4.0, suo fiore all’occhiello, che  tuttavia alla fine si è rivelata più speculazione che altro.

L’altro partito con idee abbastanza chiare al riguardo (relativamente parlando) e un minimo pedigree (alla fine sono gli unici che hanno messo soldi veri nell’ecosistema delle startup e fatto qualcosa) sono i 5 Stelle ma, come per Azione-Italia Viva, non hanno grandissime chance di andare al governo né di poterne dettare l’agenda.

A destra e a sinistra tutto (o quasi) tace.

Quindi che deve fare il “non-partito” delle startups il 25 settembre?

Sì non-partito perché, per sua inclinazione, il mondo delle startup fa senza lamentarsi e senza chiedere. Non c’è da sorprendersi se non viene calcolato. Ricordo il commento del buon Antonio Palmieri, uno dei pochi politici che si erano presentati allo Startup Day nel 2018 (qui i miei commenti di allora): “Perché sorprendersi se il mondo della politica non si occupa di startup? Non vi abbiamo mai sentiti protestare. Quindi manca la sanzione politica per chi non se ne occupa”.

Rimango – come Max e credo tanti altri – in una situazione di grande incertezza che tende allo sconforto di fronte ad un paese che guarda indietro e non sa guardare avanti.

Ogni contributo capace di dare un po’ di luce è quindi oltremodo ben accetto.

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Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

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