Periodo di abbuffate, periodo di diete. Ad ogni problema, la sua soluzione! Ok, non voglio mettervi subito di malumore, ma il compito degli innovatori è stare sempre un passo avanti e cogliere dai comportamenti di oggi le evidenze dei problemi di domani. Giusto? Per cui, se le persone normali si godono il Natale, gli innovatori si concentrano sull’Epifania. Il che ha un indiscutibile vantaggio, per soggetti come me che odiano questo periodo: mi dà una ragione strettamente professionale per bypassarlo.
È giusto, in ogni caso, non essere precipitosi quando si pensa alla soluzione. L’odiosa privazione della dieta non è l’unico rimedio all’eccesso di peso. Mi vengono in mente almeno due storie che riguardano soluzioni alternative alla dieta. Una appartiene all’epica dell’innovazione, e l’altra riguarda il metaverso: vi sembrerà strano, ma il problema delle abbuffate, nel metaverso, è gravissimo.
L’epica dell’innovazione: la soluzione del problema ne genera un altro ma apre un nuovo mercato
Andiamo per ordine, e partiamo dall’epica, che affonda realmente le sue radici nella storia remotissima. La frittura, infatti, esiste da tempo immemore, perché è il metodo più economico di cottura. Questo fatto è tornato fuori di recente tra le proposte di economia domestica per il risparmio energetico, assieme a quella di cuocere la pasta a fuoco spento. Una volta si friggeva nelle grandi cucine abitabili, spaziose e areate. Poi però si è passato a friggere nei cucinotti di angusti appartamenti, e questo ha fatto nascere due problemi. Primo: l’olio arrivava ad imbrattare tutta la stanza, e, secondo, riempiva di puzza tutta la casa. In questo mercato, definito da questi problemi, sono nate le friggitrici ad immersione domestiche. Ma ecco che le cose d’improvviso cambiano di nuovo. Friggere diventa più facile, ma anche mangiare i fritti! Più facile, e quindi più frequente. Nel giro di poco anche la frittura ad immersione diventa un problema, e questo crea spazio di mercato per la friggitrice ad aria, che nel Natale 2022 è ancora un top seller su Amazon. Fermatevi a riflettere: una soluzione, nata per risolvere un problema, ne ha generato un altro, creando di fatto un nuovo mercato.
Innovazione e serialità: i problemi non spariscono, cambiano
Questa storia elementare mi serve per descrivere un elemento di teoria investigativa chiave per ogni innovation detective: il tema della serialità. La maggior parte dei problemi non spariscono completamente dalla circolazione, ma si trasformano, cambiano aspetto superficiale, a volte mutano come gli X-Men, e si spostano da una soluzione all’altra nella stessa scena del crimine. Fermarli è impossibile, e a dirla tutta anche un po’ stupido. La cosa più furba da fare è seguirne le vicende, scrutarne le metamorfosi, e prepararsi a sferrare un’offensiva non appena assumono le chiare sembianze di un nuovo mercato. L’assunzione, del tutto fuorviante, di avere a che fare con teppistelli che dopo una tirata d’orecchi cominciano a rigare dritto, e diffusissima, ma rovinosa. Per un innovation detective che incontra una nuova azienda, la prima domanda da farsi è: che problema risolveva l’azienda al momento della sua fondazione? Come si è trasformato, questo criminale, nel frattempo? In quanti altri problemi è trasmutato? Chi sta dando la caccia a questi criminali, adesso?
A volte le mutazioni sono talmente sorprendenti che è quasi impossibile afferrarle. Capita quindi che lo faccia qualcun altro. Che cosa significa, per esempio, essere pesanti o leggeri nel metaverso? Vi piaccia o no, il metaverso è un posto fatto per essere abitato, arredato, frequentato da persone normali. Io, per esempio, ho un ufficio nel metaverso, e la cosa che mi piace di più è organizzare riunioni nel rooftop, da cui si apprezza una vista mozzafiato su una foresta autunnale.
Problema: il metaverso è accogliente ma non è personalizzabile
È un posto accogliente, ma poco personalizzabile. Ho passato un numero vergognoso di ore a cercare di importare il mio cavallo nel giardino, ma non ci sono riuscita. Troppo pesante. E non mi riferisco ai suoi 600 Kg naturalmente, ma ad un’unità di misura che conoscono solo gli addetti ai lavori: il numero di poligoni da cui è composta la sua immagine digitale. Ogni immagine digitale 3D è composta infatti da un mosaico molto affascinante di pezzetti poligonali interconnessi, e il suo peso, indovinate un po’, dipende dal loro numero. Le soluzioni per farli dimagrire consistono nel razionalizzare il numero di questi poligoni in modo che la figura risultante non perda dettagli. Lo so perché sono stata coinvolta recentemente, da due imprenditori-matematici, in un caso in questo ambito.
Si sono presentati con un sistema di dimagrimento ultra-efficiente. Significa che il loro sistema fa dimagrire tantissimo, con pochissimo sforzo, e con grande conservazione dei dettagli. Da giocatori sfegatati, si sono subito fiondati nell’industria dei videogiochi, pensando di sbaragliare la concorrenza. Ma, quando li ho conosciuti, le cose non stavano andando come previsto. I personaggi e gli sfondi dei videogiochi vanno dimagriti una tantum, nel processo di sviluppo, che è rigido e nemmeno tanto demanding in termini di efficienza. Introdurre una soluzione nuova quando quella che usi è ‘good-enough’ non vale mai la pena.
Fino a quando si sono imbattuti nel vero colpevole, ancora a piede libero, trasmutato da un mondo completamente diverso. Il colpevole è il peso della realtà fotogrammetrica (quella che risucchiamo nei nostri device attraverso le fotografie), e le vittime siamo noi, che viaggiamo nell’universo digitale con bauli di oggetti che ci identificano (inclusa la nostra immagine 3D), e che – per ora – non riusciamo a trascinarci dietro. In un certo senso, molto distante ma non così remoto, entrare in una 3D, traslocare un ufficio, spostare 600kg di magnificenza, sono diventati problemi convergenti, tutti afferrabili con una stessa soluzione.
Tutto per dirvi: abbuffatevi come se non ci fosse un domani, per tutto il resto c’è Adapta. Buon Natale!!
Articolo originariamente pubblicato il 16 Dic 2022