“La co-innovazione è un paradigma dell’innovazione dove nuove idee e approcci provenienti da risorse interne ed esterne sono integrate in una piattaforma per generare nuovi valori e beni condivisi da tutti gli stakeholders, compresi i consumatori. Si basa sul coinvolgimento, la co-creazione e sull’esperienza“: è la definizione che Sang M. Lee, David L. Olson e Silvana Trimi danno della co-innovazione nel loro paper “Co-innovation: convergenomics, collaboration, and co-creation for organizational values“.
Com’è nata la co-innovazione
Era il 2012 quando i tre ricercatori dell’Università del Nebraska scrivevano i risultati dei loro studi. A cinque anni di distanza grandi nomi dell’industria hanno cominciato a non guardarsi più in cagnesco e hanno unito le forze per innovare insieme e resistere ai cambiamenti del mercato. La co-innovazione è uno dei temi più attuali nella rivoluzione dei processi scatenata dalla digital disruption.
Come scrivevano i tre “siamo all’inizio della quarta era del mondo industriale, quella della rivoluzione dell’innovazione. Questa nuova rivoluzione si è resa necessaria e possibile a causa dei diversi cambiamenti che stanno scuotendo il mondo, il contesto industriale e l’ecosistema in cui lavorano le persone”. Seguendo il loro schema, negli ultimi due decenni il mondo è passato dall’innovazione 1.0, quella chiusa, dove l’organizzazione si divideva in competenze uniche e separate e si basava su fattori di produzione convenzionali; all’innovazione 2.0, o innovazione collaborativa, quando l’autosufficienza non era più sostenibile e anche i leader globali di settore hanno dovuto trovare partner con cui scambiare le competenze; per poi arrivare alla terza fase, quella della open innovation che ha esteso la collaborazione a soggetti esterni alle aziende, come istituti di ricerca, università, singoli individui e infine alla quarta fase, quella attuale, della co-innovazione. “Se un’organizzazione è interessata esclusivamente ai propri obiettivi, senza nessuna condivisione con i suoi stakeholders, oggi è destinata a fallire” continuano Lee, Olson e Trimi.
Come e perché co-innovare
1. Innovazione per creare beni. Le idee innovative possono essere sfruttate per creare nuovi beni, servizi o nuove iniziative imprenditoriali. Queste novità non devono necessariamente nascere da nuove idee, ma anche dalla condivisione di sapere ed esperienze che contribuiscano a creare, “un nuovo Oceano blu, dove non c’è competizione” per dirla con i professori Kim e Mauborgne. La condivisione delle competenze per creare valore può portare a migliorare anche i processi produttivi e i modelli di business e per espandere la platea dei consumatori, che devono essere coinvolti nel processo innovativo.
2. Piattaforme di co-innovazione. Per dare valore ai nuovi prodotti e allungarne il ciclo vitale servono scoperte rivoluzionarie. Una piattaforma di co-innovazione è lo strumento con cui un’azienda può scoprire nuove strade attraverso la condivisione dei risultati, la convergenza, la co-creazione e la collaborazione con i partner. A sua volta, ogni partner avrà la sua piattaforma che unita alle altre contribuirà a creare un circolo virtuoso di innovazione.
3. La convergeneconomics. È un nuovo ambiente dove la combinazione sinergica di differenti idee e oggetti nati in diversi contesti provoca la co-innovazione. Un esempio ne sono realtà di servizi come il Bangkok International Hospital Group, una holding privata di 30 ospedali che offrono tutti i servizi legati al turismo sanitario, dai trattamenti medici agli hotel, ai trattamenti post-cura ai viaggi in aereo, coinvolgendo tutti gli attori del settore.
4. Collaborazione per la co-innovazione. Ossia, dove si usa il pronome ‘noi’ al posto di ‘io’ o ‘tu’. La caratteristica principale è la condivisione di un obiettivo che potrebbe essere realizzare un profitto, partecipare a un’esperienza o solo divertimento.
5. La co-creazione. I consumatori sanno cosa vogliono e come i prodotti o i servizi possano essere cambiati per produrre nuovi valori. Il principio è stato definito da altri due ricercatori, Ramaswamy e Gouillart: “coinvolgere le persone per creare insieme esperienza di valore, attraverso l’atteggiamento mentale, l’interazione, una piattaforma e un network di contatti”.
La co-innovazione oggi
L’centro di co-innovazione Ciscoe l’Internet of Things sono terreni fertili per la co-innovazione. Come è scritto nel piano Industria 4.0 dell’ex ministro dello sviluppo economico nei governi Renzi e Gentiloni Carlo Calenda: “l’Industry 4.0 deve essere aperto, tutti devono essere nella condizione di portare innovazione a prescindere dai vincoli proprietari sulle piattaforme, sulle infrastrutture, sugli ambienti operativi”.
Secondo le maggiori società di ricerca, entro il 2020 si arriverà a oltre 25 miliardi di apparati IoT, con una crescita stimata tra i 10 e i 100 miliardi. Stando alle analisi, secondo la World Telecommunication Standardization Assembly del 2016, saranno 1,7 Mb/sec. i dati trasmessi da ogni persona al giorno. Cifre che favoriscono il fiorire di nuovi progetti e prodotti (solo in Italia fra il 2015 e il 2016 sono state realizzate 600 app).
Capostipiti della partnership fra gruppi per la co-innovazione sono state Telecom Italia ed Ericsson che nel 2015 hanno siglato un accordo triennale per sviluppare congiuntamente soluzioni innovative nell’ambito IoT e Machine to Machine. I due colossi hanno congiunto le forze per realizzare servizi verticali per l’automotive, i servizi e l’agricoltura studiati e testati su piattaforme Ericsson all’interno della Foundry di Telecom insieme ai partner creativi dell’azienda Tlc. C’è poi l’Innovation Grand Challenge di Cisco, che nel 2017 è giunto alla sua quarta edizione, un programma di co-innovazione della multinazionale nato per individuare nuove soluzioni per connettere le tecnologie IoT con le piattaforme digitali.
Inoltre, sempre Cisco, a gennaio 2020, ha inaugurato il primo centro di co-innovazione Cisco dedicato alla sicurezza informatica in Europa apre a Milano negli spazi del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, entrando a far parte della rete mondiale dei Co-Innovation Center Cisco.
A Trento nel settembre scorso la Fondazione Bruno Kessler e la società informatica Dedagroup hanno promosso la creazione del Co-innovazione lab, dedicato a sviluppare insieme soluzioni innovative per l’incrocio di dati ad uso della PA e dei cittadini. Soluzioni più avanzate si trovano all’estero, per esempio in Germania, dove la Huawei ha già realizzato soluzioni innovative per le smart city insieme a gruppi attivi nella robotica, aziende di telecomunicazioni e istituti di ricerca. Connected City Lighting Solution, per esempio, è la soluzione dedicata all’illuminazione stradale basata su un controllo intelligente multi-livello del parco lampade cittadino.