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Cloud Repatriation: perché l’AI fa tornare di moda i server aziendali, vantaggi, svantaggi e casi d’uso



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Si parla sempre più spesso di Cloud Repatriation, ovvero il trasferimento di dati e applicazioni dal cloud pubblico a sistemi on-premise o privati. Perché? Ecco vantaggi e svantaggi, qualche caso e come attuare una strategia efficace di Cloud Repatriation

Pubblicato il 21 giu 2024



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Il cloud computing ha rappresentato uno degli strumenti strategici per la digital trasformation, offrendo vantaggi innegabili in termini di flessibilità, scalabilità ed efficienza. Ma adesso che la trasformazione in molti casi è completa e le aziende si trovano ad affrontare la nuova sfida dell’intelligenza artificiale, molte organizzazioni stanno ora rivalutando le loro strategie cloud.

Alla ricerca di un equilibrio sostenibile tra costi, prestazioni e sicurezza, molte aziende stanno infatti adottando la pratica della Cloud Repatriation: il trasferimento di dati e applicazioni dal cloud pubblico a sistemi on-premise o privati. Non si tratta di un rifiuto del cloud ma di un approccio ibrido che mira a migliorare il controllo sui dati sensibili ed ottimizzare i costi operativi.

Ma quali sono i reali vantaggi e gli svantaggi di questa prassi? E come attuare una strategia efficace di Cloud Repatriation? Queste sono solo alcune delle questioni che cercheremo di affrontare in questo articolo attraverso analisi dettagliate e casi studio concreti.

Definizione di Cloud Repatriation

La Cloud Repatriation, o repatriazione del cloud, non è altro che un fenomeno in crescita nel panorama IT che vede le aziende riportare i loro dati e applicazioni all’interno dei propri data center o infrastrutture private dopo una fase di migrazione verso il cloud pubblico.

Un vero e proprio ritorno alle origini guidato da numerosi fattori quali l’ottimizzazione dei costi, il controllo diretto sulla sicurezza dei dati e la necessità di rispondere a specifiche normative. Questa tendenza sancisce in modo eloquente che la strategia cloud non è un viaggio a senso unico, ma richiede un approccio flessibile e adattabile ai cambiamenti.

Perché le aziende stanno adottando la Cloud Repatriation

Il vento della Cloud Repatriation soffia sempre più forte tra le imprese. La ragione principale risiede nella constatazione che il cloud pubblico, nonostante i suoi indubbi vantaggi in termini di scalabilità ed elasticità, può comportare costi elevati nel lungo periodo.

Inoltre, alcune aziende possono avvertire l’esigenza di avere un controllo più stretto sui propri dati sensibili o dover adeguarsi a normative specifiche che richiedono una gestione interna delle informazioni.

Infine, l’evoluzione delle tecnologie ha reso le infrastrutture private sempre più performanti ed efficienti, rendendo così appetibile la scelta della repatriazione.

Vantaggi e svantaggi

La Cloud Repatriation offre vantaggi significativi, tra i quali spiccano la riduzione dei costi a lungo termine e un maggiore controllo sulla sicurezza dei dati.

Tuttavia, questa strategia non è esente da sfide. Il ritorno alla gestione interna delle risorse IT richiede infatti investimenti iniziali per l’acquisto e la manutenzione dell’infrastruttura, oltre a competenze tecniche specifiche.

Inoltre, bisogna considerare la perdita di alcune peculiarità offerte dal cloud, come l’elasticità e la capacità di usufruire rapidamente di innovazioni tecnologiche.

Casi studio

Numerose aziende stanno curando il rientro dei propri dati in casa.

Dropbox è un esempio emblematico: dopo aver utilizzato per anni l’infrastruttura di Amazon Web Services, ha deciso di costruire un proprio data center personalizzato per gestire la maggior parte del traffico utente.

Un altro caso interessante è quello di ING Bank, che ha avviato un processo di repatriazione per migliorare il controllo sulla sicurezza dei dati e ridurre i costi operativi.

Come fare Cloud Repatriation

Il processo di Cloud Repatriation necessita una pianificazione accurata e strutturata. In primo luogo, bisogna valutare le applicazioni e i dati da riportare on-premise o in una infrastruttura privata dedicata. Successivamente, occorre progettare l’architettura del nuovo data center, considerando variabili come la sicurezza dei dati, la scalabilità e l’efficienza energetica. Infine, è cruciale organizzare una migrazione graduale e monitorata per prevenire interruzioni di servizio o perdite di dati.

Nel vasto e complesso panorama tecnologico odierno, la Cloud Repatriation emerge come un trend in costante crescita, una reazione alla necessità di bilanciare le potenzialità offerte dal cloud con la salvaguardia di aspetti critici quali sicurezza, controllo dei dati e performance.

Il processo di repatriazione non è una scelta scontata: richiede un’analisi accurata delle esigenze aziendali, una comprensione profonda delle implicazioni tecniche e un’attenta gestione del passaggio.

Come evidenziato dai casi studio, non tutte le aziende hanno le stesse esigenze né lo stesso percorso sarà adatto a tutti. In questo contesto mutevole e sfidante, restare all’avanguardia significa mantenere uno sguardo aperto sulle nuove tendenze, riuscendo a destreggiarsi tra l’innovazione continuativa e la salvaguardia dell’integrità aziendale. La Cloud Repatriation rappresenta quindi non un punto di arrivo ma piuttosto un nuovo capitolo nel percorso evolutivo della gestione dei dati aziendali.

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