INNOVATION PILLS

Cinque passi da fare per costruire il consenso sulle iniziative di innovazione in azienda



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Come ottenere il consenso sull’innovazione? Ecco alcune cose da fare, dalla definizione del bisogno fino alla visualizzazione di cosa accadrebbe se non si fa nulla. Senza dimenticare la “zuppa di sasso”…

Pubblicato il 7 nov 2024

Andrea Contri

Innovation Director



Innovazione e consenso

L’innovazione ha bisogno di consenso. Come potete ottenere e far crescere il consenso sulle opportunità di innovazione in azienda in modo da assicurarvi l’allocazione delle risorse necessarie? In questo articolo vediamo alcuni passi fondamentali che non possono mancare nella vostra cassetta degli attrezzi.

Come ottenere il consenso sull’innovazione: 5 cose da fare

È capitato mille volte: avete identificato una opportunità di innovazione, un progetto trasformativo o un’area di investimento promettente, ma nessuno sembra averne ancora compreso il valore in azienda. Il consenso, però, è fondamentale per fare innovazione.

Mettere a fuoco il bisogno

Il punto di partenza è sicuramente mettere a fuoco il bisogno che si intende soddisfare: che si tratti di un problema domestico quotidiano per milioni di famiglie o dell’efficientamento di uno specifico e costoso processo aziendale, se non si riesce a rappresentare chiaramente la domanda, non sarà facile ottenere supporto per sviluppare la risposta.

Un’analisi di mercato concisa, con dati anche grezzi ma dagli ordini di grandezza credibili, permette agli interlocutori di cogliere le dimensioni dell’opportunità potenziale e le tendenze evolutive a supporto, evidenziandone i punti di contatto con la strategia aziendale.

    Dipingere un quadro vivace degli impatti

    Non meno importante è la capacità di dipingere un quadro vivace degli impatti ricercati, servendosi di narrazioni, scenari o rappresentazioni visuali per coinvolgere chi ci sta di fronte a livello empatico.

    Un buono storytelling può rendere comprensibili anche i concetti più complessi o tecnici, stimolare in modo potente l’immaginazione, e trasformare dati e numeri in impressioni memorabili. Attenzione però a non esagerare, pena il rischio di scadere nella fuffa o nell’autoreferenzialità.

    Quando si parla di innovazione in azienda, l’onere della prova è sempre a carico di chi propone: se i decisori sono abituati a prioritizzare sulla base di metriche note, può essere utile indurli a cambiare prospettiva descrivendo l’impatto di quelle tecnologie o dinamiche di mercato che secondo noi cambieranno le regole del gioco.

    Per sfidare lo status quo e creare un senso di urgenza, ho trovato spesso utile sollevare la provocazione dei counterfactuals, ovvero la visualizzazione e quantificazione di cosa potrebbe succedere se non si fa nulla. Chiaramente nessuno ha la sfera di cristallo, ma anche solo discutere in termini di scenari alternativi può rendere più concreta la percezione del costo-opportunità dell’inazione.

    Preparare un business case

    Che piaccia o no, arriva inevitabilmente il momento in cui bisogna redigere un business case. Questo oggetto mistico, tanto temuto da chi fa innovazione, viene richiesto in fase di prioritizzazione e allocazione delle risorse, e può presentarsi in formati rigidi e dettagliatissimi. In questi casi, anziché perdere tempo in eccessive analisi che resterebbero un puro esercizio di stile, è meglio concentrarsi sugli elementi essenziali: descrivere brevemente il contesto, gli impatti attesi e le risorse necessarie (utilizzando forchette anziché valori puntuali), scomporre la pianificazione in milestones sensate e progressive, e mettere in luce i tre-quattro fattori di rischio principali.

    Applicare la tattica della “zuppa di sasso”

    Infine, quando si entra nel vivo delle attività, una delle tattiche di stallo preferite dagli interlocutori scettici (di cui abbiamo parlato in una precedente Innovation Pill) è quella di richiedere il coinvolgimento e l’avallo di altri dipartimenti aziendali, in una sequenza interminabile di rimbalzi.

    In questi casi è meglio farsi un po’ furbi e applicare la tattica della “zuppa di sasso”: come nella fiaba popolare, visto che all’inizio non si hanno in mano tutti gli elementi, è utile coinvolgere da subito quanti più stakeholder possibile, e gestire le obiezioni dando a intendere che c’è già trazione a livello interno (ovviamente senza discostarsi dalla realtà dei fatti). Per lo stesso motivo, i primi risultati raggiunti vanno celebrati e fatti circolare diffusamente, in modo da creare slancio per i passi successivi.

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