Il personaggio

Chi era Marvin Minsky e perché il papà dei robot è un mito (anche) per i giovani

Morto il 24 gennaio a 88 anni, il docente del Mit è stato tra i primi a lavorare sull’intelligenza artificiale, dimostrando che il funzionamento del cervello può essere replicato da un computer. Ma è stato anche pioniere del free software, ha ideato un microscopio e ha fatto il consulente al film “2001: Odissea nello spazio”

Pubblicato il 27 Gen 2016

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Marvin Minsky

È stato il padre dei robot, è stato tra i primi a capire le enormi potenzialità dell’informatica, e, sempre tra i primi, ha promosso il free software e l’open source. Ha partecipato alla progettazione e realizzazione di Arpanet, primo tentativo di rete globale e antesignana di Internet e del web. Ma è stato anche così eclettico da essere assunto come consulente per il film “2001: Odissea nello spazio” e da creare un sintetizzatore per musica elettronica: per molti il nome di Marvin Minsky potrebbe risultare legato al mondo dell’intelligenza artificiale, per altri potrebbe essere addirittura sconosciuto. Invece è un nome che tutti gli appassionati di informatica, robotica e digitale dovrebbero conoscere perché è lui che ha scoperto e indicato la strada. Minsky è morto per emorragia cerebrale il 24 gennaio scorso a 88 anni, ma lascia un grande patrimonio scientifico e culturale.

Marvin Minsky ha lavorato a lungo al Massachusetts Institute of Technology (MIT), esplorando i possibili impatti sulla società delle macchine capaci di pensare in modo simile a quello umano, dal libro ‘La società della mente’ del 1985 a ‘The emotion machine’ del 2006. Il papà dell’intelligenza artificiale considerava il cervello come una macchina che può essere studiata e il suo funzionamento può essere replicato in un computer. Questo, a sua volta, può rivelare i meccanismi del cervello umano. “Non è mai stato realizzato nessun computer che sia consapevole di quello sta facendo – ha detto – ma per la maggior parte del tempo non lo siamo nemmeno noi”. “I robot erediteranno la terra? Sì, ma saranno i nostri figli” è un’altra delle sue frasi più famose.

Nato il 9 agosto 1927 a New York, affascinato dall’elettronica e dalla scienza, Marvin Minsky fu molto stimolato dal padre, oculista e chirurgo presso uno dei maggiori ospedali di New York, che spinse il figlio ad interessarsi alle discipline più disparate alimentando continuamente la sua curiosità. Terminata la Seconda Guerra Mondiale si iscrisse alla facoltà di matematica di Harvard, ma studiò anche fisica, neurofisiologia e psicologia, oltre a continuare a praticare il pianoforte. Nel 1950 si laureò con il massimo dei voti in matematica e ottenne una borsa per dottorato presso la Princeton University.

Qui realizzò il primo simulatore di rete neurale della storia e iniziò a esplorare le connessioni esistenti tra intelligenza, conoscenza e informatica. Tornato ad Harvard approfondì le proprie conoscenze in campo informatico e realizzò il primo microscopio confocale, ancora oggi ampiamente utilizzato nei maggiori centri di ricerca biologici, che illumina un campione e ne rivela l’immagine con una scansione punto a punto.

Nel 1958 abbandonò nuovamente Harvard per stabilirsi definitivamente al Massachusetts Institute of Technology (MIT). Appena 30enne, Minsky era già uno studioso conosciuto e rispettato dalla comunità scientifica internazionale. Al MIT gettò le basi per l’intelligenza artificiale: il suo scopo era dimostrare che i computer non sono semplici macchine esecutrici, ma possono essere utilizzati anche per modellare e comprendere il funzionamento del pensiero e dell’intelligenza umana.

Nel 1957 fondò con John McCarty un nuovo laboratorio di ricerca nel dipartimento di ingegneria del MIT, un antesignano del MIT Artificial Intelligence Lab, ancora oggi tra i maggiori centri di ricerca mondiali sull’intelligenza artificiale.

In quel periodo Minsky e i colleghi gettano le basi teoriche del movimento del free software, sostenendo che la cultura informatica dovesse circolare liberamente, senza vincoli di alcun genere. L’AI Lab, inoltre, svolse un ruolo fondamentale nella nascita della robotica: lo stesso Minsky ideò e progettò il primo scanner visivo e la prima mano bionica dotata di sensori tattili.

Nel 1969 conquistò il Turing Award, sorta di Premio Nobel per l’informatica.

Tra gli anni ’70 e ’80, Marvin Minsky e il collega Seymour Papert approfondirono gli studi sulle relazioni tra antropologia, psicologia e informatica. Nacque la cosiddetta Teoria della società della mente (Society of mind theory). Per Minsky e Papert l’intelligenza non è il prodotto di singoli organismi, ma è il risultato dell’interazione di una grande varietà di agenti “non intelligenti”. All’interno del cervello umano, spiegano i due ricercatori del MIT, convive una miriade di “piccoli agenti” specializzati nell’esecuzione di una singola operazione (mantenimento dell’equilibrio, comprensione del linguaggio, ecc.) ma assolutamente “non intelligenti”. L’intelligenza deriva, invece, dalla cooperazione e dall’interazione di questi agenti.

Nonostante la fama raggiunta e i riconoscimenti ottenuti, Marvin Minsky non ha mai smesso di studiare, approfondire, migliorarsi. Come professore del MIT ha formato alcune delle menti più brillanti dei decenni successivi, facendo appassionare intere generazioni di scienziati e ingegneri al mondo dell’intelligenza artificiale. Nel 1968 è stato consulente scientifico della produzione cinematografica di “2001: Odissea nello spazio“. Nel 1990 diventa professore di Media Arts and Sciences presso il MIT Arts Labo, ruolo che ricopre per tutto il resto della sua vita. Con Ed Fredkin ha inventato il sintetizzatore di musica elettronica ‘muse’ ed è stato fra gli inventori del cursore tartaruga per disegnare figure geometriche.

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