L’inarrestabile trasformazione digitale spinge il mondo delle imprese verso nuovi modelli di gestione dell’innovazione, quali ad esempio la corporate entrepreneurship. È un percorso non facile né scontato: per innovare occorre partire da un cambiamento culturale, ma spesso questo cambiamento non è compreso da tutti, o è inibito dai modelli tradizionali oppure è apertamente osteggiato. Occorre perciò diffondere all’interno dell’impresa approcci imprenditoriali a tutti i livelli. Come? Ingaggiando l’intera popolazione aziendale, modificando gli stili di leadership, sviluppando programmi di scouting e incubazione di idee innovative, ispirandosi e collaborando con realtà diverse, tra cui spiccano le startup. Uno degli strumenti per il cambiamento e l’innovazione all’interno dell’impresa si chiama appunto corporate entrepreneurship. Vediamone la definizione, gli strumenti per attuarla, alcuni case studies e alcuni testi da leggere sull’argomento.
CORPORATE ENTREPRENEURSHIP: ALLE AZIENDE SERVE PER FARE OPEN INNOVATION
L’open innovation è ormai una pratica diffusa nelle imprese da quando è stata teorizzata nel lontano 2003 dall’economista statunitense Henry Chesbrough. Consiste nella ricerca di spunti, idee, tecnologie, soluzioni e prodotti innovativi al di fuori delle mura aziendali, per esempio nelle università, nei centri di ricerca, tra i fornitori, collaboratori, partner e fra le startup.
Solo negli ultimi anni le aziende italiane hanno iniziato ad avvicinarsi al tema dell’open innovation. Secondo la Survey Innovation 2018 degli Osservatori Startup Intelligence e Digital Transformation Academy circa un’impresa su 3 (il 33%) adotta approcci di Open Innovation, mentre molte imprese (il 60%) hanno avviato azioni per sviluppare modelli di imprenditorialità interna. Sono percentuali in crescita ma ancora non del tutto soddisfacenti.
Survey Innovation 2018: un terzo delle imprese collabora con le startup
Le aziende ancora faticano a investire nelle idee provenienti dall’esterno, con il risultato che i dipendenti stessi guardano con diffidenza a quei progetti (la cosiddetta sindrome del “not-invented-here”), creando di conseguenza, come unico risultato, un’opportunità di business mancata.
Per evitare di perdere ricavi e competitività, le imprese possono dunque fare leva su quel potenziale imprenditoriale – intrinsecamente legato al concetto di innovazione e naturalmente insito nei propri dipendenti – spesso inibito dai modelli tradizionali. Questa propensione, se incentivata e incanalata, può rappresentare un fattore chiave per accelerare i processi di innovazione. Ed ecco che nasce la corporate entrepreneurship.
CORPORATE ENTREPRENEURSHIP: UNA DEFINIZIONE
Non è stata ancora unanimemente condivisa una definizione di corporate entrepreneurship, tuttavia se ne può dare una definizione ripresa dalla letteratura accademica corrente: con questo termine si intende il processo attraverso il quale le imprese si impegnano nella diversificazione, intesa in senso ampio, utilizzando le seguenti modalità:
- attraverso l’innovazione, quindi con la creazione e introduzione di nuovi prodotti, processi e sistemi organizzativi
- tramite il rinnovo, ovvero la rivitalizzazione delle attività dell’azienda grazie a nuove capacità o con un uso diverso delle capacità esistenti
- mediante il venturing, cioè l’ingresso in nuovi business.
Al centro del concetto di corporate entrepreneurship c’è la convinzione che i dipendenti possano rappresentare un asset chiave per accelerare il processo di innovazione di un’azienda consolidata. La corporate entrepreneurship diventa quindi un approccio interessante che può fare leva sulle competenze imprenditoriali dei dipendenti – chiamati in questo caso “intrapreneur”, ovvero imprenditori che agiscono all’interno dell’organizzazione aziendale – con l’obiettivo di entrare in nuovi mercati o lanciare nuovi prodotti e servizi, fino all’apertura di veri e propri spin-off. Le imprese possono puntare sui propri uomini che, se aiutati a coltivare lo spirito imprenditoriale, sono pronti a farsi carico – parallelamente alle attività più legate al core business – dei progetti nuovi da portare avanti, sfruttando anche l’opportunità di collaborare con gli altri attori nel proprio ecosistema di riferimento.
CORPORATE ENTREPRENEURSHIP PROGRAM (IN-OUT): GLI STRUMENTI
Diverse aziende cercano di individuare e far emergere le personalità imprenditoriali che possono celarsi al proprio interno attraverso iniziative quali call for ideas, contest interni e piattaforme di “idea management”. L’obiettivo è fornire ai lavoratori le risorse in termini di tempo e di spese finanziarie per sviluppare, definire e realizzare idee innovative. L’obiettivo finale è responsabilizzarli in modo che possano – o almeno si sentano in grado – di innovare in modo indipendente. Un aspetto importante relativo a questo strumento riguarda la gestione e la definizione della seconda parte del processo, ovvero quello di “finanziamento” e formalizzazione del nuovo progetto sino alla possibilità di un suo “spin off”.
IL 60% DELLE IMPRESE PUNTA SULL’”IMPRENDITORIALITÀ” DEI DIPENDENTI
La gestione dell’innovazione digitale è ancora un processo complesso e spesso è la stessa cultura aziendale l’ostacolo più difficile da superare, si legge nella ricerca degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con PoliHub, diffusa a novembre 2018 La principale sfida organizzativa è rappresentata, per il 55% del panel, dallo sviluppo di strutture, ruoli e meccanismi di coordinamento che coinvolgono le diverse Direzioni. Poi vengono la necessità di reperire, valutare e sviluppare competenze digitali (44%), la definizione di nuove forme di collaborazione con i fornitori tradizionali e nuovi partner come startup, centri di ricerca e università (41%).
Il 60% delle imprese ha avviato iniziative per favorire l’attitudine imprenditoriale dell’organizzazione, come sensibilizzare i manager a stili di leadership indirizzati all’accettazione del rischio e dell’errore (39%), formazione su temi di frontiera come il design thinking (35%) e percorsi di formazione per stimolare l’innovazione fra i dipendenti (30%). Seguono collaborazioni con le startup (29%), l’organizzazione di contest o hackathon per coinvolgere i dipendenti (24%). Il 26% non ha lanciato nessuna iniziativa, ma le sta pianificando, mentre solo il 14% non è interessato.
Le imprese cercano di dotarsi di modelli organizzativi con ruoli e processi definiti e strutturati. Tra quelle con oltre 250 dipendenti, il 35% affida ogni progetto di innovazione a un team dedicato, il 26% gestisce i progetti di innovazione in modo occasionale e con attività non strutturate, nel 4% dei casi è presente un comitato innovazione interfunzionale, nel 36% è presente una Direzione innovazione o una figura dedicata.
LA SFIDA IN AZIENDA: CAPIRE QUALI IDEE SEGUIRE
Insieme all’applicazione di processi e strumenti, per innovare in azienda è indispensabile un cambiamento culturale. Come spiega Stefano Mainetti, CEO del PoliHub, l’incubatore d’impresa del Politecnico di Milano, “una grande difficoltà cui vanno incontro i manager è quella di dover agire sulla base di un nuovo mindset, in grado di travalicare i tradizionali confini dell’azienda e di mettere a punto forme di collaborazione virtuose capaci di rispettare e valorizzare le peculiarità di ogni singolo attore coinvolto. Ma il saper operare in modo corretto in ecosistemi di innovazione non è sufficiente. (…) La vera sfida oggi per le aziende non è riuscire a generare nuove idee ma capire, in un mondo pieno di idee, quale di queste vale veramente la pena perseguire. Senza avere quindi chiara in testa una vision comune e degli obiettivi di medio-lungo termine, l’efficacia e la capacità di generare valore da parte dei progetti di open innovation viene inevitabilmente meno.
Open innovation: la sfida in azienda non è generare idee, ma capire quali seguire
CORPORATE ENTREPRENEUSHIP: CASE STUDIES
GENERALI
Tam Tam Talks è una delle molteplici iniziative di Generali dedicate alle persone ed è sinonimo di finestra sull’innovazione. Come l’originale format internazionale TED, dal 2016 TAM TAM TALKS punta a dare voce a storie che possano essere di ispirazione per tutti, in una contaminazione di idee e di discipline eterogenee. In un calendario di 4 appuntamenti annuali, i partecipanti ascoltano letture differenti e innovative dello stesso tema raccontate da personalità di spicco del mondo accademico, scientifico ed economico che si alternano sul palco in brevi e interessanti interventi. Un’occasione per comprendere i contesti futuri, riflettere sull’urgenza del cambiamento, proporre punti di vista molteplici sulla realtà contemporanea, sfidare lo status quo e dare visibilità a buone pratiche sia interne che esterne all’azienda.
AGOS
Nel 2016 Agos ha lanciato il progetto dell’Innovation Lab con un primo focus specifico sullo studio delle tematiche dell’innovazione, puntando sul coinvolgimento delle risorse interne. L’obiettivo dell’azienda era infatti fare del laboratorio un patrimonio per sviluppare il know how dell’innovazione a disposizione di tutti i dipendenti. Da qui derivano i due compiti principali del Lab: facilitare l’innovazione in modo trasversale in tutta Agos; identificare ed esplorare nuove idee e tecnologie emergenti per creare una concreta differenziazione competitiva e di valore per l’azienda.
EDISON
Edison è molto attiva nei progetti legati all’innovazione digitale. Per gestire l’innovazione all’interno dell’azienda è stato creato un Transformation Team composto da 30 persone. Uno dei principali progetti sviluppati è “Do It“, incentrato sullo sviluppo delle capacità imprenditoriali dei lavoratori al fine di individuare nuove opportunità di business. Il progetto è iniziato con la fase di ispirazione, motivazione e coinvolgimento delle risorse interne utilizzando campagne di comunicazione sia istituzionali sia informali. In seguito è stata creata la piattaforma Do It ed è stata presentata durante un evento promozionale dedicato a tutti i dipendenti, al quale sono state invitate alcune startup innovative per presentare le loro esperienze.
MIP E POLIHUB
L’imprenditorialità si può imparare anche nelle aule universitarie. MIP Graduate School of Business e PoliHub, rispettivamente business school e incubatore (il terzo più importante al mondo in ambito universitario secondo UBI Global) dell’ecosistema Politecnico di Milano, hanno organizzato un corso breve di “esplorazione” del pianeta startup. Il corso “Entrepreneurship, Innovation & Startup” (EI&S)” si è tenuto il 24, 25 e 26 gennaio 2019 al MIP. Era rivolto a chi intende lavorare come mentor, advisor, corporate innovation manager e valutare il potenziale di progetti ad elevato rischio di mercato e tecnologico, magari per farne la propria area di ricerca e sviluppo all’interno di aziende più solide e strutturate.
Conoscere (e capire) le startup: un corso breve di MIP e PoliHub per manager e imprenditori
CORPORATE ENTREPRENEURSHIP: LIBRI DA LEGGERE
Per approfondire l’argomento ecco alcune letture che ci offrono spunti interessanti per capire cosa si intende per corporate entrepreneurship, come adottarla concretamente, come introdurre questo approccio in azienda e quali strumenti esistono per supportarla.
L’autore del best seller “The Lean Startup” ritorna con un libro dedicato a tutte le tipologie di organizzazioni in qualsiasi industry: dalle multinazionali più consolidate alle, ormai, ex-startup della Silicon Valley che sono cresciute negli ultimi anni e rischiano di perdere lo spirito che le ha contraddistinte, fino alla pubblica amministrazione. Eric Ries evidenza come poter applicare i principi imprenditoriali per favorire la cultura dell’innovazione e guidare le aziende verso una crescita continua e sostenibile nel lungo periodo.
The corporate startup: how established companies can develop successful innovation ecosystems di Tendayi Viki, Dan Toma, Esther Gons
Una guida per le aziende consolidate che vogliono sviluppare le proprie competenze d’innovazione. Gli autori mettono a disposizione strumenti, framework e modelli che possono essere applicati per sviluppare nuovi servizi e nuovi modelli di business, permettendo alle aziende di innovare come una startup.
Nel loro nuovo libro, gli autori di “Blue Ocean Strategy” provano a fornire metodi e strumenti per guidare le organizzazioni verso gli oceani blu. Spesso si ritiene che la creazione di nuovi mercati sia prerogativa degli imprenditori – ed è certamente vero che persone estremamente creative sono state in grado di fare cose straordinarie – tuttavia l’innovazione orientata alla creazione di nuovi mercati può essere resa sistematica se guidata da metodologie in grado di generare in qualsiasi tipo di organizzazione la capacità di guardare oltre il contesto attuale.
L’approccio seguito dalle startup di GV (Google Venture) viene messo a disposizione di tutti. Il libro presenta la metodologia e tutti gli strumenti necessari che permettono di far funzionare gli ormai famosi “Sprint”. Il processo, diviso in 5 principali fasi, permette a chiunque voglia sviluppare soluzioni innovative – dalle startup alle grandi aziende – di ridurre l’incertezza dei progetti attraverso attività di prototipazione, test e ricezione feedback dal mercato in soli 5 giorni.
Dare spazio allo sviluppo di innovazione disruptive all’interno delle aziende consolidate richiede un ridisegno organizzativo, con ruoli e responsabilità chiari e con percorsi di carriera definiti e interessanti per coloro che vogliono lanciarsi nello sviluppo di soluzioni innovative. Gli autori presentano una mappa delle competenze richieste, dei ruoli e delle opportunità per chi intraprende questo percorso.