Giulio Cesareo è il ceo di Directa Plus, azienda italiana che fornisce materiali a base grafene e che il 27 maggio è sbarcata sull’AIM di Londra raccogliendo circa 12,8 milioni di sterline, pari a 16,8 milioni di euro.
Premetto che non sono un economista e non posso fare un’analisi scientifica degli scenari che si aprirebbero nel caso in cui il Regno Unito uscisse dall’Ue. Io sono un imprenditore, e posso condividere con umiltà le sensazioni di chi fa questo mestiere e si trova a operare in una situazione incerta.
Parto con il riferire quello che mi ha detto qualche giorno fa un investitore inglese. “Vedrai, Giulio, gli inglesi ragionano più con il portafogli che con la pancia”, mi ha spiegato. “Sono convinto che quando tirano le fila e si accorgono che non esiste un vero e proprio piano B, molti miei concittadini cambieranno idea e propenderanno per restare”. La mia sensazione, quindi, è che alla fine la Brexit non ci sarà.
E se ci fosse? Come azienda siamo preparati e l’ipotesi non ci preoccupa. Da poco siamo sbarcati in Borsa realizzando performance eccezionali: il titolo ha guadagnato rispetto al giorno del debutto e anche in un periodo di enorme incertezza sui mercati sta reggendo bene. Questo perché i progetti solidi hi tech, come crediamo essere il nostro, non hanno da temere anche di fronte agli scossoni. Anzi, viene da pensare che in uno scenario in cui c’è molta volatilità e i rischi aumentano, alcuni investitori si riposizionino proprio sull’innovazione di alto livello. Rischioso per rischioso, in un momento di instabilità, molti potrebbero scegliere di giocare la partita nell’alta tecnologia.
Nel caso del grafene, abbiamo scelto l’Inghilterra sia perché apre a una dimensione internazionale sia perché è un Paese che conosce molto bene questa tecnologia, ha investito su di essa centinaia di milioni di sterline ed è il migliore posto al mondo dove far crescere un business del genere. Non a caso, diversi nostri investitori ci hanno chiamato per tranquilizzarci e dirci: qualunque sia l’esito del voto, noi continuiamo a credere nel progetto, per noi non cambia nulla. Chi ha un modello di business solido come il nostro, quindi, può dormire relativamente tranquillo. Tra l’altro, dei 12,8 milioni di sterline (16,8 milioni di euro) che abbiamo raccolto in fase di Ipo, una metà li abbiamo cambiati in euro, così da stare più sereni anche sotto il profilo monetario.
La mia sensazione è che anche in caso di Brexit, dopo un momento iniziale di instabilità, le cose possano andarsi progressivamente a ripianare. Non è un caso che in questi giorni i titoli di Stato inglesi continuino a essere venduti: c’è ancora fiducia in giro. C’è fiducia nel fatto che se dovessero uscire, potrebbero soffrire ma non sarebbe poi così drammatico.
L’innovazione in sé, non sarà certo la Brexit a fermarla. Viviamo nell’epoca della tecnologia. Il futuro entra nelle nostre case dalla porta di servizio. Magari qualcosa si sposterà un po’ di più sul mondo americano o sul versante europeo. Ma la piazza londinese, su cui continuerebbe ancora a lungo a girare moltissima liquidità, resterebbe competitiva. Poi, è normale, che alcune aziende che non hanno un modello di business così solido o che magari si trovano ad agire in un mercato con moltissimi competitor possano scegliere, laddove Londra diventi indipendente, di andarsi a giocare la propria partita in un altro Paese. Certo, fare previsioni è impossibile. Il mercato si sta fermando. Tutti guardano a cosa accade. Nella settimana della nostra Ipo, a Londra ce ne sono state altre 20. Una cosa eccezionale. A dimostrazione che tutti vogliono chiudere le operazioni prima dell’esito del voto. C’è attesa. Sono tutti fermi.
° Giulio Cesareo è founder e CEO di DirectaPus