La nuova mega holding di Google, Alphabet, non possiede questo nome, né come account su Twitter, né su Facebook, e neppure può avvantaggiarsi di un alphabet.com, perciò ha preferito staccare un assegno a un ignaro possessore di domini per utilizzare l’estensione .xyz. Mentre la tedesca Bmw, che ha registrato già nel 2011 il marchio Alphabet per un suo servizio affiliato di leasing e car sharing, minaccia le vie legali.
Quanti Alphabet prima di questo – Viene da chiedersi se Larry Page e Sergey Brin abbiano pensato con calma al nome della società, oppure se si siano dimenticati di googlare il nome Alphabet per evitare questo inghippo che ha dell’incredibile. Come raccontato dalla stessa Bmw sui giornali tedeschi, poche ore dopo l’annuncio di Google il server della pagina Alphabet tedesca (https://www.alphabet.com/en-ww) è andato in down per eccesso di visite. Da quel che si è saputo nessuno ha mai contattato la casa automobilistica di Monaco di Baviera e ora partirà inevitabilmente una controversia sull’uso commerciale del marchio. Non è da escludere un accordo extragiudiziario oppure una soluzione ragionevole senza esborsi economici. Se però un tempo le due aziende non sarebbero mai state confondibili, oggi con le automobili connesse e l’acquisizione da parte di Bmw-Audi delle mappe Here sono in realtà più concorrenziali di quanto si potrebbe supporre. Decideranno all’ufficio dei brevetti statunitense, lo Us patent and Trademark Office verso il quale potrebbero essere teoricamente indirizzate altre 103 controversie: il numero esorbitante di marchi già registrati sul suolo americano che citano all’incirca o precisamente lo stesso nome.
E se questo per Alphabet/Google non è il modo migliore di fare il suo ingresso nella società finanziaria, anche sull’aspetto social non è messa meglio. Tra i vari pezzi mancanti online va notato che su Twitter esiste già @alphabet (problema comunque più facilmente risolvibile), nickname dell’appassionato di tecnologia Chris Andrikanich, e la pagina Facebook/alphabet rimanda sempre alla società affiliata Bmw.
Il dominio xyz – Quando tutto il mondo ha letto il comunicato di Larry Page nel quale ha presentato Alphabet, la colossale ristrutturazione aziendale che pone Google all’interno di una società più grande e con ambiti più chiaramente separati tra servizi tradizionali e attività di ricerca e sviluppo, molti hanno notato la landing page piuttosto singolare: abc.xyz. Una scelta che attraverso il nome e l’estensione di dominio rappresenta la chiusura del cerchio di ogni attività della società californiana nel simbolo dell’alfabeto. Una scelta brillante che ha reso certamente felice una persona in particolare: Daniel Negari, l’uomo che possiede quel dominio.
Negari è il fondatore e Ceo di XYZ.com, un registro di domini Internet che possiede vari suffissi compresi quelli che giocano con le ultime lettere dell’alfabeto. Frutto dell’apertura di mercato concessa nel 2014 dall’Icann – l’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, la società che gestisce i domini Internet – ora questo basilare “abc.xyz” acquistato senza asta 14 mesi fa per 185 mila dollari è stato rivenduto a Google per una cifra che rimane segreta, vincolata a un contratto di riservatezza. Negari non può dire quanto ci ha guadagnato e Google per ora non vuole commentare.
Per comprendere la portata di questo affare basta sapere che .xyz è il nuovo dominio più popolare del mondo, seguito da .science e .club, e che dopo la notizia di Alphabet e il suo indirizzo speciale l’estensione che aveva raccolto fin qui già molte registrazioni di indirizzi ora viaggia a centinaia di richieste al minuto. E arrivano tutte a chi detiene il dominio, l’uomo più sinceramente contento dell’idea di Larry Page e Sergey Brin.
Si tratta senza dubbio del più clamoroso exploit dei nuovi domini di primo livello, se si considera che è il nome che la nuova società di Mountain View ha scelto di dare a sé stessa. Il fatto che un motore di ricerca come Google si sia affidato a questa nuova possibilità dà ragione definitivamente a chi ha sempre sostenuto la necessità della liberalizzazione dei top-level domain, di cui ha approfittato la stessa Google lo scorso febbraio, quando ha acquistato per 25 milioni di dollari il dominio .app, dopo essersi aggiudicati anche .new e .eat.