Come è noto, sono milanese…a pochi giorni dalla festa del nostro santo patrono, Sant’Ambrogio, non ho resistito alla tentazione di incontrare una eccellenza della innovazione tecnologica solidale della mia città: Cariplo Factory. Naturalmente, dato che le realtà, comprese le eccellenze, sono fatte dalle persone e di persone, eccomi qui a dialogare con Marco Noseda, Chief Strategy Officer di Cariplo Factory.
Caro Noseda, nata nel 2016 per volontà di Fondazione Cariplo, Cariplo Factory è una Società Benefit dal 2020. Ciò premesso, iniziamo con qualche dato numerico, per dare consistenza alla eccellenza di cui ho parlato in premessa…
“La ringrazio per la definizione, Palmieri. Noi siamo un grande hub di innovazione all’interno di un “antico” sito industriale rivitalizzato e restituito alla città di Milano come distretto creativo.”
Conosco la vostra sede…
“…ma oltre all’indirizzo è importante dire che Cariplo Factory è un luogo di incontro e contaminazione tra studenti, professionisti, innovatori, aziende piccole, grandi e grandissime, istituzioni e associazioni. Lo scorso anno, nonostante l’emergenza sanitaria, abbiamo attivato 18 percorsi di open innovation, collaborato con 28 aziende e con le nostre iniziative abbiamo intercettato più di 2.000 startup.
Numeri interessanti e rilevanti. Sono coerenti con la vostra ambizione, quella di essere una vera e propria filiera di valorizzazione del talento…
“Per questo noi teniamo insieme percorsi di formazione esperienziale, programmi di accompagnamento imprenditoriale, progetti di open innovation, investimenti di Venture Capital e attività di supporto all’internazionalizzazione delle imprese innovative. Del resto, cinque anni fa il volere preciso del nostro socio unico era di generare 10.000 Job Opportunity in 3 Anni.”
Ce l’avete fatta? Ricordando come era la situazione generale nel 2016 verrebbe da pensare che questa richiesta potesse essere quasi una missione impossibile.
“È stata una scommessa che è stata vinta, anzi stravinta, grazie ad una impostazione progettuale che ha coinvolto i principali attori dell’ecosistema dell’innovazione. Abbiamo fatto leva sul talento, per generare nuova imprenditoria, sviluppare nuove competenze ed costruire nuove conoscenze e relazioni. Qui da noi il talento si misura con una sola parola: potenziale. Non è uno stato di fatto, ma un modo di affrontare nuove sfide, con “robustezza”, conoscenza, pragmatismo, istinto, passione e la consapevolezza di poter sbagliare.”
Questo modo di essere, questa ricerca e valorizzazione del potenziale, quanto fa rima con digitale?
“Il digitale è una condizione di vita per Cariplo Factory, un vestito da indossare, un libro da leggere, una birra in compagnia. Per noi il digitale è un ingrediente essenziale (non più segreto a molti) per dare consistenza e struttura ad un progetto, rendendolo scalabile, replicabile e facilmente fruibile a molti. Ogni nostro pensiero progettuale nasce infatti con un imprinting digitale che si porta dietro l’esperienza di passati progetti, un fattore genetico essenziale per migliorare e migliorarsi e offrire innovazione sempre più aggiornata ai nostri partner.”
Dato che voi intendete il digitale come una condizione di vita, in che modo la trasformazione digitale che voi perseguite è solidale?
“Bisogna essere consapevoli delle responsabilità, degli obblighi e dei rischi connessi all’impiego di modelli trasformativi digitali.”
In che modo?
“Occorre essere responsabili, “obbligati” e coscienti. Responsabili nell’adozione di modelli tecnologici che contribuiscono a limitare l’impatto ambientale. Non basta immaginare di non stampare più. È necessario avere maggior coscienza, adottando stili di vita digitali sani.”
Ne ho parlato in questo blog poche settimane fa, presentando la ricerca della Fondazione per la sostenibilità digitale. Il funzionamento dei prodotti e dei servizi digitali produce ogni anno 1.6 miliardi di tonnellate di gas serra, oltre 400 kg di anidride carbonica a persona…
“…e la industry del digitale è responsabile per il 4% delle emissioni di CO2 mondiali e questo dato è destinato a raddoppiare entro il 2025. Invito tutti a leggere “il manifesto per un digitale sostenibile | Zed – Zero emission digital” pubblicato durante la 19esima edizione dello Iab Forum. Bisogna poi sentirsi “Obbligati” a diffondere buone pratiche, metodi e strumenti che incentivano la transizione digitale, azzerando il divario digitale, che purtroppo non è più uno scostamento culturale ma una restrizione all’accesso di tecnologie digitali, anche consolidate. Infine bisogna essere coscienti dei rischi connessi dell’over digitalizzazione. La trasformazione deve essere intesa ed applicata non solo come un fattore abilitante ma anche come un fattore di successo collettivo, puntando a non lasciare indietro nessuno.”
In questa epoca Covid purtroppo abbiamo dovuto lasciare indietro molto. A proposito, che impatto ha avuto l’epidemia sulla vostra attività? Inteso sia come impatto sulla vostra struttura operativa sia come scelta dei progetti da sostenere e sia come iniziative da programmare…
“A dispetto della pandemia non ci siamo fermati, ma abbiamo consolidato i nostri servizi migrando le attività, dove necessario, completamente su ambienti digitali. Come per molte altre società di servizi, il Covid19 ha accelerato l’adozione di modelli di collaborazione digitali, rendendoli strumenti di utilizzo quotidiano. Invece sul fronte dei progetti, poiché siamo da sempre convinti che le startup siano il principale enzima in grado di attivare quel processo di cambiamento che si chiama innovazione, durante le settimane di lockdown abbiamo deciso di raccontare i grandi sforzi delle startup italiane, facendo una fotografia delle azioni messe in campo per arginare la crisi. Azioni di qualsiasi genere, dagli interventi diretti focalizzati in ambito sanitario (come dimenticare la maschera da snorkeling trasformata in respiratore) a tutte quelle attività pensate per rispondere ai tanti nuovi bisogni, dalla spesa a domicilio all’intrattenimento dei ragazzi isolati da compagni di scuola e amici. È stato un successo. Sul nostro sito trovate tutti i dati e le informazioni a supporto.”
Beh, a questo punto sono curioso di sapere quali sono stati i progetti “migliori” del 2021…
“Non mi piace parlare di progetti “migliori” o “peggiori”. Preferisco descrivere l’eterogeneità dei progetti sviluppati, perché cristallizza molto bene il vasto ambito di attività coperto da Cariplo Factory, unito da un filo rosso: l’amore per l’innovazione. Durante questo ultimo anno ci siamo davvero sbizzarriti.”
Per esempio?
“In ambito di cooperazione internazionale, abbiamo attivato un percorso di open innovation collaborativo, promosso da Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo, con l’obiettivo di realizzare soluzione d’impatto tra Italia e Africa. Soluzioni concrete, inclusive e sostenibili per alcune delle grandi sfide della cooperazione internazionale. Oppure per l’economia circolare grazie ad una partnership strategica con Intesa Sanpaolo Innovation Center, Cariplo Factory ha sviluppato un centro di competenza, chiamato Circular Economy Lab, per contribuire all’evoluzione del sistema economico italiano e diffondere nuovi modelli di creazione del valore, accelerando la transizione verso modelli circolari. O ancora, per favorire l’ecosistema Cariplo Factory ha partecipato alla costruzione di un modello innovativo di collaborazione aperta, chiamato Federated InnovationTM all’interno del distretto MIND. È una rete di impresa che raggruppa 36 aziende eccellenti che collaborano in un ambiente virtuoso e collaborativo, per accelerare la traduzione di idee in nuovi prodotti, processi e servizi che contribuiscono al rilancio economico del Paese.”
E per il 2022 quali novità ci dobbiamo aspettare?
“Le novità devono rimanere novità…Posso solo anticipare che stiamo lavorando per rafforzare il nostro posizionamento nell’ecosistema, importando competenze e nuovi modelli di formazione e supporto imprenditoriale dall’estero. L’innovazione è contaminazione.”
Allora non insisto. Però, almeno una indicazione. Dato che siamo tutti in attesa dei benefici attesi dal PNRR, in questa partita voi giocherete un ruolo?
“Alcuni ambiti di intervento sono molto allineati alla nostra missione. Per esempio la Missione 4, componente 2 – Ambito Ecosistemi dell’innovazione. Da soggetto privato con finalità ecosistemiche e di impatto sociale, siamo appetibili per partenariati che cerchino soggetti disponibili a realizzare attività in questi ambiti. Naturalmente devono essere inerenti il supporto alla generazione imprenditoriale di startup e spinoff.”
Da ultimo, una curiosità. L’Harvard Business Review ha definito il Chief Strategic Officer un dirigente di alto livello specificamente incaricato di creare, comunicare, eseguire e sostenere le iniziative strategiche dell’azienda. Quali caratteristiche servono per svolgere il ruolo di Chief Strategy Officer in una società come Cariplo Factory?
“Non c’è una strada precisa da seguire. Io mi sono per così dire limitato a seguire sempre le mie passioni e i miei interessi, man mano che mi si presentavano. Sono laureato in Biotecnologie Mediche, ho un master in Business Administration, ho fatto startup di 2 progetti, una sì è schiantato (è comunque stata un successo, almeno personalmente), ho lavorato nel mondo dell’incubazione e adoro il mondo dell’innovazione e tutto ciò che deve essere costruito da zero, partendo dall’intuizione.”
Un percorso davvero contemporaneo, perché poliedrico…
“Per la mia esperienza, per poter innovare è necessario conoscere, avere la mente sempre aperta e continuare a confrontarsi. Questi tre elementi formano l’alchimia necessaria per svolgere un lavoro come il mio.”
Conoscere, essere di mente aperta e continuare a confrontarsi. Caratteristiche davvero ambrosiane. Buon Sant’Ambrogio a tutti quanti…