La Lombardia è la regione italiana con il più alto numero di piccole e medie imprese (oltre 37mila secondo l’ultima rilevazione di Confidustria e Cerved). Da mercoledì 13 giugno a guidare la Piccola Industria di Confidustria Lombardia c’è un imprenditore ben conosciuto nell’ecosistema italiano dell’innovazione: Alvise Biffi, un imprenditore che ha fatto startup digitali (Secure Network, 18Months, FutureNext), che conosce bene temi come cybersecurity e Industria4.0, che presiede un incubatore universitario (SpeedMi di Bocconi), che sta per concludere un mandato da consigliere di ItaliaStartup come coordinatore dell’industry advisory board. Biffi conosce bene anche il mondo confindustriale, visto che è stato già presidente della PI di Assolombarda, ed è attualmente vicepresidente di Assolombarda e nazionale per Cybersecutiry e Startup, appunto. È facile quindi prevedere una ventata di novità in un tessuto imprenditoriale importante non solo per la Lombardia, che ha già cominciato a confrontarsi con la sfida dell’innovazione, come dimostrano le esperienze delle PMI innovative (e non solo).
A Biffi, che è anche tra i contributor di EconomyUp, abbiamo chiesto subito dopo la sua elezione all’unanimità di raccontarci che cosa farà per accelerare l’innovazione delle Pmi lombarde.
Presidente, quale sarà la priorità del tuo mandato?
Le infrastrutture digitali, anche in una logica di semplificazione burocratica. La tassa più alta che pagano le piccole e medie imprese è il costo in termini di ore uomo affrontato per gli adempimenti burocatici: il 4% del fatturato! Questo costo in buona parte è determinato dalla mancanza di processi digitali. Dobbiamo quindi stimolare lo sviluppo di infrastrutture digitali, che sono sempre più strategiche nella nuova economia basata sui dati.
Qualcosa è stato già fatto e nell’arco del tuo mandato succederanno cose importanti come, per esempio, l’obbligo di fatturazione elettronica fra imprese a partire dal 2019…
Certo e quando il processo è stato digitalizzato le imprese ne hanno avuto beneficio, per esempio con il DURC, l’attestato di verifica contributiva INPS che prima richiedeva tempo e impegno. L’Osservatorio sulla semplificazione ci dice che la situazione è stazionaria, non sono stati fatti grandi passi avanti. Comunque non non basta digitalizzare i processi…
Perché?
Perché c’è qualcosa che viene prima: mancano ancora le infrastrutture. Anche in Lombardia ci sono aree con problemi di connettivvità, la disponibilità di banda larga è ancora poca.
D’accordo, ma anche le Pmi devono fare la loro parte.
Bisogna fare cultura, comprendere e accogliere i nuovi processi organizzativi. Ma non solo nelle aziende. Non dimentichiamo che molte Pmi si appoggiano a strutture esterne, affidano la loro contabilità a commercialisti. C’è quindi un tema di digitalizzazione dei professionisti che va affrontato con standard chiari che non complichino la vita alle aziende e salvaguardino la libera concorrenza sul mercato dell’offerta.
Pmi e Industria 4.0. Che cosa c’è da fare?
Abbiamo appena lanciato il digital innovation hub per aiutare le imprese a fare un checkup e capire come beneficiare degli incentivi. È già operativo ma bisogna farlo conoscere e utilizzare dalle Pmi. Sarà l’anello di congiunzione con i competence center sul territorio. Adesso si tratta di oliare questa catena perché i benefici e le opportunità arrivi alle imprese, si scarichino sul tessuto produttivo regionale.
Open innovation e pmi. Si può fare? E come?
Si, le Pmi possono fare open innovation e lo stanno facendo, come del resto dice l’Osservatorio di ItaliaStartup: in Italia sono più di 5mila le Pmi che fanno open innovation e circa il 20% sono in Lombardia. Adesso c’è da far conoscere i casi di successo per far abbracciare alle imprese nuovi modelli di business che possano permettere un recupero di marginalità, che è uno dei problemi per il mondo delle Pmi. I loro utili nel corso del tempo si sono ridotti, fare innovazione è un modo per recuperarli. Aggiungere una parte smart, associare servizi alla manifattura può certamente migliorare la redditività e la competitività.
Che cosa devono fare le pmi per parlare con le startup?
Devono affidarsi ai professionisti dell’open innovation, devono guardare a incubatori pubblici e privati, devono dotarsi di un innovation manager con esperienza o rivolgersi ai cluster tecnologici per affrontare i percorsi di innovazione. Insomma, c’è da guardarsi attorno e facendosi aiutare. Il fai da te non funziona. Si può e si deve fare rete, se si è piccoli. O investire con partner specializzati se si è più grandi. In ogni caso il dialogo con le startup, l’innovazione non può essere un’attività spot, a termine ma deve essere una strategia di medio e lungo termine con un processo ben organizzato.
Che cosa devono fare invece le startup per farsi capire dalle Pmi?
Le startup da parte loro devono orientarsi di più al mercato, non concentrarsi esclusivamente sui round di finanziamento. Dalle Pmi possono ottenere un confronto rapido con il mercato e una verifica più veloce dei loro modelli di business. Per essere concreti le Pmi possono aiutare le startup a fatturare prima.
C’è anche un tema di conoscenza reciproca. Che cosa si può fare per accelerare la relazione tra Pmi e startup?
Io ho proposto la realizzazione di una survey, e poi di un hub, su tutti i nuovi strumenti fintech di accesso al credito senza passare dai canali bancari. Quello del credito resta un problema per tutto il sistema delle piccole e medie imprse. Oggi ci sono soluzioni innovative extrabancarie che la grande parte delle Pmi o non conosce o guarda con diffidenza. L’Associazione le censirà e le accrediterà per dare alle imprese uno strumento in più.
L’accesso ai capitali resta quindi un tema centrale. C’è anche l’Europa…
Sì e il sistema lombardo è tra i più attivi su questo fronte. L’ultima call di febbraio ha visto l’Italia posizionarsi davanti a tutti a livello europeo: delle 65imprese premiate 9 sono italiane, con un totale di 12 milioni di euro di fondi Horizon 2020 raccolti per finanziare progetti innovativi. Da una parte lavoreremo per sensibilizzare il tessuto imprenditoriale su questa opportunità, dall’altra per fare azione di lobby a Bruxelles.