La banda larga “è strategica e imminente”. È quanto ha assicurato di recente il premier Matteo Renzi. Con la Legge di Stabilità il governo presenterà all’Unione europea un elenco dettagliato degli obiettivi che intende finanziare per ottenere lo 0,3% di flessibilità sul deficit introdotta a gennaio dello scorso anno: il piano comprende investimenti per lo sviluppo della rete telematica in banda larga, oltre a interventi anti-dissesto, per l’edilizia scolastica, per le strade, per le piattaforme Ict e per le ferrovie. Le opere, cantierate o cantierabili nel 2016, valgono 5 miliardi di euro da cofinanziare con altri 5 di fondi Ue.
Ma cosa è esattamente la banda larga, perché richiama massicci investimenti e quali opportunità di business è in grado di stimolare?
Che cosa si intende per banda larga? – In realtà la definizione di banda larga (in inglese broadband) è in qualche modo, e per vari motivi, ampia ed elastica. In estrema sintesi si potrebbe dire che, nell’uso comune, il termine banda larga identifica l’Internet veloce, ovvero la trasmissione e ricezione di una grande quantità di dati simultaneamente lungo lo stesso cavo o mezzo radio, ad una velocità superiore ai precedenti sistemi di telecomunicazione: cosa che, in pratica, permette di far viaggiare filmati, musica e altri file “pesanti” senza impiegare un tempo interminabile o avere tutto bloccato. La teoria dei segnali, quella branca della fisica che studia appunto i segnali, identifica la banda larga come il metodo che consente a due o più segnali di condividere la stessa linea trasmissiva, senza però menzionare la velocità di trasmissione. Con queste premesse, per ipotesi, anche un modem a 56 Kb/s trasmetterebbe formalmente broadband. La legislazione italiana e quella europea non definiscono la banda larga, ma la Commissione europea utilizza il termine per indicare una connessione più veloce di quella possibile tramite un modem analogico dial-up. In pratica qualsiasi cosa. Nel linguaggio corrente la banda larga viene associata alle linee Adsl che trasmettono dati e voce su canali differenti usando lo stesso doppino, ovvero la coppia di fili di rame che viene usata per trasmettere le comunicazioni telefoniche e i dati. In realtà esiste una definizione quantitativa della banda larga ed è fornita dal Telecommunication Standardization Sector dell’Itu (Unione internazionale delle telecomunicazioni): l’agenzia dell’Onu ha circoscritto la banda larga alla capacità trasmissiva maggiore del primary rate ISDN, e cioè 1,5 Mbit/s (Megabit per secondo) negli Stati Uniti e 2 in Europa. In base ai dati raccolti da Infratel, società nata su iniziativa del Ministero dello Sviluppo Economico e di Invitalia, si intende come banda larga qualsiasi connessione ad Internet (wireless o di rete fissa) fra i 2 e i 20 Mbps in download. Come banda ultralarga invece, si considerano tutte quelle connessioni che permettono di scaricare a 30 Mbps o più. Broadband resta comunque un concetto che cambia costantemente con l’evolvere del progresso tecnologico Se proprio vogliamo individuare una definizione che faccia da minimo comun denominatore a questa varietà di concetti, si potrebbe concludere che una trasmissione a banda larga ha come caratteristica principale la trasmissione dati sulla stessa linea, ad una velocità superiore rispetto ai precedenti sistemi di telecomunicazione, possibilmente, ma non necessariamente, maggiore di 2Mbit/s.
Quante “bande larghe” ci sono? – La più tipica banda larga sarebbe quella assicurata dalla connessione tramite fibra ottica, tecnologia di trasmissione dati che utilizza, invece del tradizionale doppino telefonico in rame, piccoli cavi in fibra vetrosa che permettono la propagazione di segnali ottici. La fibra ottica è più resistente del rame e garantisce una velocità di trasmissione dati di gran lunga superiore, tanto che solitamente si definisce come tecnologia a banda ultralarga. Lo svantaggio principale della fibra ottica è rappresentato dai significativi costi di installazione e cablaggio. Inoltre le aree coperte dalla fibra ottica in Italia sono ancora poche e sono nelle città più grandi come Milano, Genova, Bari, Napoli, Roma e Bologna. Ma con l’espressione banda larga si può intendere anche la banda dei sistemi mobili di telecomunicazioni (es. cellulari e smartphone) di terza generazione (3G) con accesso alla rete Internet rispetto a quelli di seconda generazione (2G) (wireless broadband o banda larga radiomobile), i quali tutti hanno comunque un’ampiezza di banda inferiore rispetto alle reti cablate in fibra ottica specie in un contesto di banda totale condivisa tra molti utenti. In tale accezione l’evoluzione dei sistemi cablati viaggia ora verso la cosiddetta banda ultralarga (ultrabroadband) grazie all’avvento delle Next Generation Network, una rete basata sulla cosiddetta commutazione a pacchetto.
Perché la diffusione della banda larga è importante? – Perché è un fattore cruciale di crescita economica e occupazione, essendo condizione necessaria per tutta una serie di servizi quali videochiamate o teleconferenze, telelavoro, telemedicina (per esempio il controllo a distanza e 24 ore su 24 delle condizioni di salute di un malato) e la possibilità di una vera informatizzazione dei rapporti fra cittadini e pubblica amministrazione e di quelli fra studenti e scuola. Una connessione Internet lenta può costare a un’azienda una perdita di produttività, perché si impiega più tempo a fare quello che i concorrenti fanno in broadband. Il governo calcola che la diffusione di questo servizio a tutta l’Italia porterà un aumento del Prodotto interno lordo (Pil) pari a 2 miliardi di euro all’anno.
L’Italia a che punto è? – Su una scala di performance che va da meno di 20 Mbps a più di 60 in download, Ookla, leader mondiale del “broadband testing”, ha confermato che l’Italia è in media sotto i 15, insieme a Paesi balcanici, Grecia e Turchia, mentre il resto d’Europa naviga a tutt’altra velocità, dalla Bielorussia (tra 15 e 20) a Polonia e Ucraina (20-25) fino ai 45-50 Mbps di Olanda, Svizzera e Lituania e agli oltre 50 Mbps di Romania e Svezia. Nel documento “Strategia italiana per la banda larga” prodotto dalla Presidenza del Consiglio, insieme al Ministero dello Sviluppo Economico, all’Agenzia per l’Italia Digitale e all’Agenzia per la Coesione e approvato a marzo scorso, si legge: “Il nostro Paese parte da una situazione molto svantaggiata che ci vede sotto la media europea di oltre 40 punti percentuali nell’accesso a più di 30 Mbps e un ritardo di almeno 3 anni. Secondo i piani industriali degli operatori privati, infatti, soltanto nel 2016 si arriverà al 60% della popolazione coperta dal servizio a 30 Mbps, senza impegni oltre quella data. Inoltre, nessuno degli operatori ha alcun piano ufficiale per avviare un’opera di copertura estensiva a 100 Mbps, né entro il 2016 né oltre”.
La banda larga per il business – Proprio a causa di questa situazione di parziale arretratezza, dovrebbe esserci maggiore spazio per le iniziative imprenditoriali volte a colmare le attuali lacune e incentivare l’uso del broadband nel nostro Paese. Le aziende italiane ne hanno particolarmente bisogno, anche solo per l’operatività di servizi ritenuti ormai di banale utilizzo quotidiano quali streaming, telepresenza, Skype ma anche posta e web. In linea di massima, più banda l’azienda ha a disposizione, maggiori sono le sue chance di migliorare la produttività. È ovvio che ne avranno più bisogno le società che traggono buona parte dei ricavi dalle esportazioni e che quindi sono in costante contatto con i mercati esteri, così come quelle che esplorano nuovi settori di mercato ad elevato contenuto tecnologico, ma anche quelle che hanno necessità di un’interazione dinamica ed efficace tra clienti e fornitori. Probabilmente, almeno per il momento, il broadband non sarà così indispensabile per aziende a carattere meno innovativo o artigianali, che fanno riferimento a mercati locali. Ma anche in questo segmento l’innovazione può diventare la chiave per il rilancio imprenditoriale.