Questa pandemia, se non altro, ha segnato la fine del “teatro dell’innovazione” basata sul marketing. Le aziende infatti, dovranno sbarazzarsi di inutili iniziative di marketing e rendersi conto che per rimanere leader nella loro catena del valore sarà sempre più necessario rimboccarsi le maniche e iniziare a massimizzare i risultati delle proprie iniziative di innovazione. Come? Sfruttando il proprio asset principale: i dati.
Le aziende B2B e l’uso dei dati
Le aziende dispongono di molti più dati di quanti credono, tuttavia il loro potenziale è spesso inespresso o perché questi non vengono considerati come asset da cui estrarre valore o perché i sistemi IT di cui dispongono le aziende non sono abbastanza sofisticati da metterlo in risalto. Secondo un report di McKinsey rivolto alle aziende B2B, soltanto il 25% degli intervistati usa i dati settimanalmente per capire le esigenze dei clienti, mentre il 9% ha ammesso di non usarli mai. Addirittura l’86% degli intervistati crede di poter utilizzare molto meglio i dati di quanto già faccia.
In un contesto competitivo agguerrito come quello attuale, di fronte ad una crescente digitalizzazione dei processi di business, le tradizionali aziende B2B, che svolgono il ruolo di fornitori e distributori di organizzazioni industriali in diversi settori, si trovano spesso tagliate fuori da giovani startup proponenti nuovi modelli di business digitali e cedono loro l’iniziativa.
Tuttavia le aziende possono contare su tre asset fondamentali di cui invece le startup non dispongono: accesso ad un prezioso storico di dati, risorse adatte per sfruttarli e relazioni profonde e durature con i propri clienti.
Primo step: adottare una mentalità da venture capitalist
Il primo step da fare per correggere la propria posizione è in primis dare il giusto valore ai dati di cui si dispone dato che potrebbero rivelarsi armi segrete in vari ambiti: dall’accelerazione dell’innovazione, al lancio di nuovi business, alla riduzione dei costi di gestione, allo sblocco di nicchie granulari di opportunità, solo per citarne alcuni.
In questo schema è rilevante adottare una mentalità da venture capitalist in modo da stare con le antenne alzate e stare al passo con potenziali disruption. Adottare questa mentalità è fondamentale per cambiare l’approccio all’innovazione che la maggior parte delle aziende hanno. Queste infatti, tendono a concentrarsi molto di più su innovazioni incrementali in grado di generare ricavi nel breve periodo e non pensano a come sarà il proprio mercato nel futuro, a cosa vorranno i propri attuali clienti e a quali tecnologie saranno disponibili.
I team aziendali di innovazione saranno sempre più sotto pressione per fare di più con meno, per spendere di meno ed eseguire meglio e, soprattutto, per dimostrare di aver creato valore per l’azienda. Per fare ciò sarà sempre più richiesta la capacità di lanciare nuovi prodotti o nuove ventures monitorandone i giusti KPI. Bisogna sviluppare una forte capacità a leggere i i dati appunto.
Secondo step: attivare una cultura imprenditoriale
Un ulteriore step fondamentale per sbloccare il vero potenziale dei dati è attivare contestualmente una cultura imprenditoriale che permetta da un lato di attrarre i migliori talenti sul mercato e dall’altro di dare la possibilità ai dipendenti di sfruttare i dati a disposizione per proporre nuove idee, validarle in programmi strutturati e lanciare rapidamente nuove venture o nuovi prodotti.
Per concludere quindi, ci troviamo in un contesto sempre più digitalizzato dove i dati saranno il perno attorno a cui ruoteranno tutte le dinamiche di business. Soltanto le aziende B2B che capiranno la necessità di trasformarsi in modo da sfruttare i dati di cui già dispongono saranno in grado di resistere di fronte all’innovazione portata dalle startup.