MARKETING 4.0

La Membership Economy spiegata da chi l’ha teorizzata: il valore di abbonamenti e sottoscrizioni

Robbie Kellman Baxter, la consulente autrice di un libro sulla Membership Economy, illustra a EconomyUp il cambio di paradigma: le aziende puntano a relazioni di lungo termine con i clienti attraverso sottoscrizioni e programmi scommettendo su proposte personalizzate. Qui tutti i dettagli su tecnologie, startup e casi d’uso

Pubblicato il 24 Lug 2019

Membership economy

È il momento della Membership Economy. Il termine coniato da Robbie Kellman Baxter, consulente e autrice americana, indica la significativa trasformazione di qualsiasi settore di mercato verso relazioni formali di lungo termine con i propri clienti spesso caratterizzate da sottoscrizioni e programmi di membership. Roland Berger, grande società di consulenza strategica, usa un’altra definizione, subscription economy,per indicare praticamente lo stesso concetto: dall’economia di prodotto si sta passando all’economia di servizio, caratterizzata sempre più da modelli di business a lungo termine e volti a creare relazioni durature tra clienti e aziende. Ma Robbie Kellman Baxter è stata pioniera nell’identificare questo trend e ha scritto un libro diventato una sorta di bibbia della Membership Economy: The Membership Economy: Find Your Superusers, Master the Forever Transaction & Build Recurring Revenue.“Le aziende – dice a EconomyUp – hanno sempre voluto trovare strade per aumentare il customer value trattenendo i clienti, poiché è più conveniente mantenere un cliente che riconquistarlo o trovarne uno nuovo. I progressi nella tecnologia e negli analytics hanno reso sempre più possibile dare vita ad abbonamenti, comunità digitali e altri elementi che portano nei business model le relazioni formali a lungo termine”.

Vediamo dunque chi è Baxter, in cosa consiste esattamente la Membership Economy e come può influire sulle dinamiche del retail.

Chi è Robbie Kellman Baxter, “madre” della Membership Economy

Laureata a Stanford e residente a San Francisco, Robbie Kellman Baxter è fondatrice di Peninsula Strategies LLC, una società di management consulting. Ha coniato il termine “Membership Economy “ ormai adottato da organizzazioni e giornalisti di tutto il mondo. Nel corso della sua carriera Baxter è stata consulente in materia di strategia di crescita per circa 100 organizzazioni in oltre 20 settori differenti.

Robbie Kellman Baxter

Che cos’è la Membership Economy e quali trasformazioni comporta

Sono quattro le principali trasformazioni che portano verso la Membership economy:

— Dalla proprietà all’accesso

— Da transazioni anonime a relazioni note

— Da un solo, grande pagamento a tanti piccoli pagamenti ricorrenti

— Da una comunicazione a senso unico (in stile altoparlante) a una comunicazione multi-direzionale tra tutte le parti sotto l’ombrello del brand.

Come la Membership Economy sta cambiando la user experience

“Le aspettative dei consumatori – spiega a EconomyUp Robbie Kellman Baxter, che a giugno ha parlato al World Marketing & Sales Forum a Milano – sono cambiate. È l’effetto Amazon. Le persone si aspettano che qualsiasi azienda, non solo consumer, anche B2B, sia orientata alla customer experience come lo è Amazon. Di conseguenza tutte sono sotto pressione e sollecitate a valutare il customer journey nella sua interezza e a ottimizzare la user experience, non solo durante il processo di vendita ma dopo il momento della transazione. In questo modo possono aiutare gli utenti ad ottenere il meglio dai servizi e dai prodotti per i quali stanno già pagando”.

Video – Robbie Kellman Baxter alla Singularity University

Robbie Kellman Baxter | The Membership Economy | Singularity University

Robbie Kellman Baxter | The Membership Economy | Singularity University

Guarda questo video su YouTube

La Membership Economy e il retail: che cosa fare

Testare il programma

La Membership Economy è importante in tutti i settori di mercato, ma particolarmente nel retail, da tempo impegnato a fidelizzare il cliente con carte e programmi di vario tipo.  Ora però si tratta di lanciare programmi innovativi, adatti al nuovo contesto generato dalla trasformazione digitale. Come fare? “È bene iniziare con piccoli test – risponde Robbie Kellman Baxter – e proseguire con continuità fino a che non si trova un modello affidabile che l’unità economica della società potrà elaborare prima del grande lancio. Se le cose non funzionano, o è un problema di target (le persone giuste non hanno sentito quello che hai da dire), o un problema di comunicazione (le persone non capiscono cosa puoi fare per loro, oppure lo fraintendono) oppure è il prodotto che non funziona. Nei primi due casi riparare all’errore non è costoso, nell’ultimo di solito servono investimenti significativi”.

Convincere i potenziali clienti

“Per convincere le persone a fare la prima mossa per aderire a un programma di affiliazione occorre iniziare avendo in testa cosa succederà alla fine. Qual è la promessa ‘per sempre’ che stai facendo? Il retailer deve diventare un detective e scoprire qual è la molla che porta qualcuno a firmare per un programma soci, dopodiché deve ottimizzare quella molla e agganciarsi ad essa per innescare coinvolgimento e “retention”.

Quali tecnologie per i programmi?

L’utilizzo dell’una o dell’altra tecnologia dipende ovviamente dall’azienda per la quale viene sviluppata. Tuttavia, oltre a un buon CRM, potrebbero essere utili sistemi di content management, customer success management, billing management, marketing automation ecc. ecc. Tutti ovviamente ottimizzati per la membership.

“La membership – afferma l’autrice statunitense – può contribuire ad affinare servizi aziendali che non sono perfetti, fornendo una modalità di abbonamento a costo più basso. Le società di servizi possono applicare tariffe per l’accesso all’expertise invece di dare un prezzo per ora o per prodotto, dato che ultimamente spesso il cliente cerca la risk mitigation, l’attenuazione dei rischi”.

Le startup della Membership Economy

In questo momento stanno emergendo diverse aziende che supportano ogni aspetto della membership, dalle modalità di pagamento della sottoscrizione al customer success fino alla gestione dei contenuti e ai software per l’accesso condiviso. Tra queste Robbie Kellman Baxter cita, come esempi, Zuora, Vindicia e Chargify per la fatturazione, Clarus per i programmi fedeltà premium, e Gainsight e Totango per il Customer Success. Ci sono poi società focalizzate su particolari settori, come Piano.io per i media o OceanX per i prodotti consumer. Ma la lista è davvero lunga.

La subscription economy: “Verso business model tarati sulle esigenze dei singoli”

Se la consulente statunitense parla di Membership Economy, la società Roland Berger preferisce parlare di subscription economy. “Un’economia a sottoscrizione è un tipo di economia capace di monetizzare pienamente il valore delle relazioni seguendone l’evoluzione nel tempo” dice Andrea Bassanino, partner di Roland Berger Italia. E specifica: “Si tratta di cambiare le logiche fondamentali, abbandonando il concetto di prezzo per quantità e assumendo invece l’idea di pricing value based. In altre parole: l’era dell’one size fits all sta tramontando. Il ciclo di business tipico della subscription economy è centrato sulle relazioni e dunque basato su modelli di prezzo volti a estrarre valore in modo dinamico seguendo una logica one-to-one o quasi”.

La membership economy interessa ai software provider: Roland Berger stima che in pochi anni, l’80% avrà convertito il proprio business in logica subscription. Lo ha fatto Adobe che è riuscita a migrare la sua Creative Suite (che comprende tra gli altri Photoshop) da un modello di acquisto one shot a un modello a sottoscrizione mensile/annua in grado di garantire una crescita di fatturato e di marginalità.

Il cambio di paradigma interesserà però soprattutto colossi come Amazon, Netflix, Spotify e Apple. Sono loro i più esposti alla creazione di business model innovativi e tarati sulle esigenze dei singoli. Ma anche player prettamente industriali come Caterpillar, GE e Thales hanno adottato modelli simili. Interessanti anche gli esempi di alcune startup che hanno fatto dei modelli a sottoscrizione il loro atout differenziante. Tra gli altri Roland Berger cita Dollar Shave nel personal care, Lynda nell’education e Cortilia nel food delivery.

Membership Economy: il caso N26

N26 ha di recente lanciato un account premium che si focalizza sulla personalizzazione. La mobile bank – che di recente ha ottenuto un finanziamento da 300 milioni di dollari, arrivando a valerne 2,7 miliardi e diventando così la startup fintech europea più valutata, – ha annunciato il lancio dei suoi nuovi prodotti premium N26 You e N26 Business You. Sostituiranno N26 Black e N26 Business Black.

Con la nuova membership N26 You, la società offre più opportunità di personalizzazione e dà la possibilità ai clienti di avere un’esperienza bancaria costruita su misura, che rifletta le loro necessità finanziarie quotidiane. In pratica i clienti possono scegliere la loro Mastercard tra cinque colori diversi – Acquamarina, Rabarbaro, Sabbia, Antracite e Oceano – per comunicare la propria personalità e i propri bisogni. Ma, soprattutto possono personalizzare l’icona della loro app N26 e avere accesso a dieci Spaces. Non a caso Valentin Stalf, founder e CEO di N26, ha dichiarato: “Con N26 You, N26 sta reinventando le sue membership premium, verso una direzione di maggiore personalizzazione dell’esperienza bancaria”.

Membership Economy: il caso Uber

Anche Uber è attirata dal fascino della Subscription Economy. Al momento il colosso del ride-hailing (servizio di vettura con conducente su chiamata da smartphone) sta testando a Chicago e San Francisco la possibilità di offrire ai clienti un abbonamento mensile da 24,99 dollari al mese che comprende tutti i suoi principali servizi: ride-hailing, ma anche food delivery con UberEats, e noleggio di biciclette e monopattini elettrici. Gli abbonati ottengono price protection o uno sconto fisso sul ride-hailing, consegne gratis con UberEats e gratuità anche nell’uso di bici e monopattini.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

email Seguimi su

Articoli correlati