Anche un circuito elettronico può diventare arte. Arduino – piattaforma hardware open source Made in Italy che consente anche ai meno esperti di programmare ed è usata in tutto il mondo dai makers, la nuova generazione di artigiani digitali – ha fatto il suo ingresso al Moma, Metropolitan Museum of Modern Arts di New York. Lo ha annunciato lo stesso museo, uno dei più prestigiosi al mondo, specificando che la decisione è stata presa questo autunno e che il circuito sarà esposto al pubblico a partire dal prossimo anno insieme ad altri quattro esemplari legati al mondo della tecnologia: Ototo, Makey Makey, Colour Chaser e DIY Gamer Kit.
“Questi oggetti – scrivono sul blog del Moma Paola Antonelli, curatrice senior del Dipartimento di Architettura e Design e Michelle Millar Fisher, vice curatrice – riflettono il ruolo centrale che la tecnologia e il design delle interfacce hanno attualmente nella formazione, nella produzione e nelle nostre vite di tutti i giorni. Nel loro modo unico e speciale consentono al pubblico (artisti, designer ma anche operatori culturali, bambini e dilettanti) di cimentarsi in processi e prodotti finali che di solito sono terreno esclusivo degli ingegneri elettronici”.
Un tributo alla tecnologia come possibile forma d’arte ma anche all’eccellenza italiana nella tecnologia. Perché quella di Arduino è la storia di un primato italiano nel mondo. Il progetto è stato ideato nel 2005 da un team di cui fa parte Massimo Banzi, originario di Ivrea, cresciuto giocando con i circuiti elettronici. Definito da The Economist “uno dei fautori della Terza rivoluzione industriale” e ricevuto la scorsa estate dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama alla Casa Bianca, Banzi è stato folgorato sulla strada della tecnologia fai-da-te a 8 anni quando i genitori gli hanno regalato un kit di elettronica. Lui, senza avere cognizioni tecniche, ci ha smanettato un po’ ed è riuscito a costruire alcuni oggetti, tra cui un amplificatore che consentiva di ascoltare quello che succedeva nella casa accanto. Diventato professore a una scuola di design interattivo di Ivrea, ha cercato di insegnare agli allievi come fabbricare oggetti in modo semplice e intuitivo anche senza avere un bagaglio teorico. Poi con un gruppo di amici di Ivrea ha dato vita ad Arduino: una scheda, che in pratica è un piccolo computer della dimensione di una carta di credito, che può essere programmata per diventare il “cervello” di una serie di prodotti interattivi. Il gruppo ha poi sviluppato il metodo di insegnamento fai-da-te e il software per la programmazione: tutto scaricabile da Internet gratuitamente.
Oltre a Banzi, che è diventato il portavoce internazionale di Arduino, il team è composto da David Cuartielles, Tom Igoe, Gianluca Martino, e David Mellis. Nicholas Zambetti ha contribuito al progetto sin dall’inizio, mentre Yaniv Steiner e Giorgio Olivero stanno lavorando per applicarlo alla piattaforma Instant Soup.
Ma tutto questo cosa c’entra con l’arte? Oltre a quanto spiegato dalle curatrici del museo va detto che la scheda Arduino che sarà esposta al pubblico è oggettivamente bella. Sfondo blu, caratteri bianchi, armonia nelle forme. Si tratta del modello Diecimila, che non è probabilmente il più conosciuto tra i modelli Arduino. Ma è forse il più elegante.
Peraltro non va dimenticato che il Moma già ospita la Olivetti Lettera 22, simbolo di un’Italia industriale e creativa che stupiva il mondo e ispirava anche i colossi americani nel design come nell’informatica
I “colleghi” di Arduino al Moma sono Ototo, strumento musicale in grado di avvertire cambiamenti in qualsiasi cosa che sia connessa allo strumento stesso; MaKey MaKey, piattaforma in grado di connettersi a qualsiasi oggetto (gira in Rete un video che mostra la possibilità di suonare attraverso le banane); Colour Chaser, robot che legge i colori delle linee tracciate; e Game Designer, kit per creare un semplice gioco con schermo Led.