Sono in arrivo 21 milioni di euro di soldi pubblici per le biotecnologie e l’agricoltura digitale. Lo ha annunciato il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina, dando il via a ulteriori possibilità di innovazione in campo agricolo. I finanziamenti dovrebbero servire per due scopi: i fondi destinati alle biotecnologie puntano al miglioramento genetico degli organismi senza però alterarli, quindi in chiave anti-Ogm; quelli per l’agricoltura digitale dovrebbero essere usati per applicazioni per smartphone sempre più strategiche per il futuro del settore e per un portale open data.
La somma è stata stanziata nella Legge di Stabilità per un progetto di ricerca pubblica triennale che sarà gestito dal Crea, Centro specializzato del ministero delle Politiche agricole e in sostanza suo braccio operativo.
“Vogliamo tutelare al massimo il nostro patrimonio unico di biodiversità che fa dell’Italia un punto di riferimento per il mondo a livello agroalimentare. Investiamo sulle migliori tecnologie per tutelare le nostre produzioni principali: dalla vite all’olivo, dal pesco al pero”. Così il ministro Martina ha spiegato parte del progetto, quella dedicata alla ricerca.
Il programma prevede infatti iniziative di ricerca in laboratorio con innovativi strumenti biotecnologici: il “genome editing” e la “cisgenesi”, in grado di consentire un impegno mirato di miglioramento genetico senza alterare le caratterizzazioni produttive del sistema agroalimentare, come avviene per gli Ogm transgenici. Infatti i prodotti cisgenici o ottenuti per genome editing, non essendo realizzati con inserimenti estranei a quelli propri della specie, non appaiono distinguibili da prodotti ottenuti per incrocio tradizionale. Inoltre gli studiosi fanno notare che i micro-interventi di natura genetica permettono di migliorare le performance in termini di qualità e produttività, rispondendo contestualmente all’esigenza di coltivare piante più resistenti alle malattie, fattore che consentirà un minor impiego di antiparassitari chimici. Tra le colture coinvolte nella ricerca ci sono pomodoro, pesco, albicocco, agrumi, frumento, melanzana, melo, ciliegio e pioppo.
È un intervento che evidentemente si colloca sulla scia del dibattito dopo Expo su uno dei temi più controversi: quello sul rapporto tra modello di sviluppo, biodiversità e organismi geneticamente modificati.
L’altro fronte è quello dell’agricoltura digitale. Il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) darà vita a un portale open data che vedrà la collaborazione con istituzioni locali, gruppi di ricerca, università pubbliche e private e aziende di sviluppo tecnologico. Il futuro dell’agricoltura italiana, secondo il ministero delle Politiche agricole, sarà fatto anche di sensori collegati al bestiame negli allevamenti, applicazioni che gestiscono le stalle, sistemi di rilevamento dell’umidità dei terreni, programmi di gestione irrigui via smartphone e un centro digitale di elaborazione delle informazioni online basato su sistemi cloud.
”Dopo anni di trascuratezza, finalmente la ricerca nel settore primario viene riconosciuta strategica per lo sviluppo del Paese” ha commentato Salvatore Parlato, Commissario del Crea. (L.M.)