INNOVATION DETECTIVE

A cosa serve l’innovazione in un centro commerciale? Indagine su clienti al di sopra di ogni sospetto

Per rispondere alla concorrenza una società vuole aprire un nuovo centro commerciale e riempirlo di realtà aumentata, parchi virtuali, orti elettronici per attirare le famiglie. Indagando sui comportamenti dei clienti, però, si scopre che cercano Mind Wandering, momenti di pausa. Ecco per cosa usare la tecnologia

Pubblicato il 18 Mag 2022

Photo by John Cameron on Unsplash

Sembra fisicamente impossibile, ma molti casi di innovazione vengono “chiusi” senza nemmeno aprirli. È una rodata tecnica di illusionismo manageriale: simula l’imbastitura di un’ipotesi di innovazione e ingaggia tutte le risorse tecnicamente necessarie per verificarne la fondatezza, con l’unico fine di poter asserire che il protocollo è stato rispettato, e che sono state fatte tutte le verifiche formali del “caso”. È chiaro che si tratta solo di coperture per decisioni già prese. Il cilindro sopra il coniglietto bianco.

Non con me. Conosco un modo assolutamente non violento per eliminare cilindri e conigli: la cerimonia dell’Apertura. In pratica i manager che mi ingaggiano recitano ad alta voce le ipotesi di mercato, e con una mano sul petto proclamano: “Giuro che si tratta di un’ipotesi, semplicemente di un’ipotesi, e che sono pronto ad accettarne l’invalidazione!”. Più o meno, diciamo…

Eppure, nonostante i proclami, sarebbe ingenuo da parte mia contare su questo giuramento. La relazione con l’ipotesi di mercato, che sostiene tutto il caso di innovazione, è maledettamente complessa.

Mi trovo in una grande società immobiliare, che si occupa di progettare e gestire le famose “cattedrali del consumo”: i centri commerciali dell’insegna Lambda. C’è di mezzo un mega ampliamento e rinnovamento di un centro commerciale di punta, il fiore all’occhiello di Lambda nell’hinterland di una grande città.

Il direttore finanziario mi fa capire che la decisione del raddoppio è stata presa come “naturale conseguenza” del successo del centro, come “gesto dovuto” nei confronti dei suoi risultati. Naturale, come no, penso io. Aggiunge: “…e poi c’è la questione concorrenza. Hanno inaugurato un iper-shopping-centre a meno di 50 km da qui: attrazioni, divertimenti, insegne prestigiose e nuovissime…insomma temiamo che la nostra clientela ci abbandonerà. Perciò alziamo la posta: raddoppiamo e rinnoviamo”. Lo dice con il tono ringhioso di chi vuole mandare un messaggio alla gang rivale, del tipo “la mia banda è più forte della tua”. Ha aggiunto che il loro intento era fare colpo sulle famiglie smart – cioè moderne e medio-altospendenti. La chiave dell’attrattività? Occasioni ricreative e tecnologiche per genitori e figli assieme, tipo: realtà aumentata, parchi virtuali, orti elettronici, etc. Adesso invece la maggior parte della clientela era composta da “nonni d’oro”, più i loro mini-cani.

Avevo solo un’ultima domanda: “Ma lei quante volte ci viene qui dentro?” . “Ah no”, dice, “io non sono tra quelli che passano la domenica al centro commerciale, non ci porterei mai i miei figli!”. Quindi le famiglie, ok, alto-spendenti e smart, ok, ma meglio se quelle degli altri. Ecco perché la relazione con l’ipotesi di mercato è complicata: l’ipotesi è una compagna severa e razionale, mentre alla maggior parte di noi interessa semplicemente avere ragione.

Il mio incarico per dirla tutta non era capire se riempire il doppio dello spazio con attrazioni e nuove insegne, bensì scoprire quali attrazioni e quali insegne. Ora, avendo a che fare con uno spazio fisico, può sembrare ovvio che la scena del crimine si trovi nel perimetro della galleria commerciale, e al massimo includa le aree parcheggio. Ma io invito sempre le mie reclute a dubitare delle cose troppo ovvie, e ho consigliato quindi all’agente Moretti – 28 anni e un passato da Design Thinker – di tenere gli occhi bene aperti. “Dove devo guardare?” chiede lei. Lo scopriremo solo osservando.

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Parte uno dell’indagine: i pedinamenti

Abbiamo passato giorni e giorni ad osservare il comportamento di chi corrispondeva all’identikit del frequentatore ideale del nuovo centro: la famiglia smart. Entravano, si dirigevano con precisione ma senza fretta in un negozio, o al supermercato, facevano le loro commissioni ed uscivano con un sacchetto pieno. Tutto con grande fluidità ed efficienza. Soli o in compagnia? Soli, massimo in coppia, quasi mai coi figli. “Forse non portano i figli perchè non ci sono abbastanza giochi ed intrattenimenti per ragazzi”, azzarda l’agente Moretti. “Se ci fossero, ci verrebbero più spesso, anche coi figli”. Ecco il genere di induzioni fallaci che piacerebbero tanto al nostro cliente, penso io. Ricaccio tutto indietro: “Niente ci dice che sia un vero problema, Moretti, se non il fatto che il cliente abbia già in mente la soluzione!”. Moretti mastica: promette bene, dopo tutto, ha occhi che non smettono mai di cercare.

Parte due dell’indagine: le interviste

La regola numero uno è non perdere neanche un secondo ad esplorare le intenzioni (tipo: Andresti? Faresti? Compreresti?), ma concentrarsi sui fatti. A cento intenzioni segue un solo fatto, quindi perché sprecare i condizionali? Ecco i fatti: ai genitori smart non mancavano certo le idee su come intrattenere i figli. Lunedì tennis, martedì calcio, giovedì teatro, venerdì cinese, e il weekend ci sono le partite, le gite con gli amici… “Io e mio marito non capiamo come faccia a prendere tutti sette e otto a scuola, considerato tutto quello che fa”, si stupisce Lavinia, mamma di un dodicenne. Altro fatto: i genitori che si trovano nell’isocrona 25 (cioè abitano in un raggio di 25 min di distanza dal Centro) svolgono tanti lavori diversi, ma viene fuori che hanno tutti in comune un unico e vero mestiere principale. Fanno i tassisti dei figli.

Parte tre dell’indagine: la lavagna del detective

Appendiamo la mappa dell’isocrona 25 su una lavagna di sughero, e disegniamo col filo di lana tutte le corse di “taxi” (si fa per dire) che ci vengono riportate nel dettaglio. “Un po’ vintage la lana”, ammette Moretti, “ma ci sta”. Il Centro si trova nel mezzo della ragnatela, e non è un caso che venga frequentato senza i figli, per sbrigare commissioni tra una corsa e l’altra: in questo sta funzionando alla grande.

Osservando la mappa è evidente che l’isocrona 25 del nostro centro interseca di un bel po’ quella della Grande Minaccia, il polo d’attrazione della concorrenza. Quindi andiamo a caccia di quelle famiglie smart che vivono contese tra i due poli.

“No io non ci entro lì, è un caos assurdo”, dice Marco, papà adottivo di Laura, 10 anni, scansando con la mano destra la sola prospettiva. “Troppa confusione, sai quando entri e non sai quando esci, non ho tempo da buttare io”. Incrociando molte esperienze simili appuriamo così che la Grande Minaccia non è altro che un Grande Equivoco, poiché assolve a scopi differenti e specifici per mercati diversi. OK, nemico numero uno smascherato! Ma sto Centro, cosa ci mettiamo dentro? Moretti è affranta. Ci rituffiamo nei rapporti delle interviste, qualcosa dovrà pur esserci sfuggito.

Parte quattro: la svolta che viene da fuori

Ad un certo punto Moretti fa: “Capo, si ricorda quando mi ha detto di guardare altrove, e che magari avremmo trovato qualcosa di interessante fuori dal centro commerciale?”… ecco, guardi qui. Ho fatto un’analisi delle espressioni più ricorrenti nei resoconti. Il tema più diffuso è: il tempo. Dirà: scontato! Ma io devo fare attenzione anche alle cose che mi sembrano scontate, giusto? E poi guardi qui, mi ha colpito l’espressione di questa tizia, che c’entra sempre col tempo. Dice: “Quando vado al Centro Commerciale mi prendo del tempo per me”. Se esaminiamo la cronologia complessiva, e la combiniamo con quella degli altri indiziati, è chiaro che c’è un grande assente nelle loro vite, ed è proprio il tempo per sè stessi. Non tempo vuoto, ma tempo attivo, in cui si fa qualcosa e contemporaneamente ci si ricarica… ognuno sceglie cosa fare nei rari momenti che ha, tipo quel signore di prima guarda i documentari da solo in salotto, questa si chiude in cucina a fare i biscotti, oppure ce n’è una che molla tutti in asso e va per mercatini. Tempo di ricarica per sè. Mi sono documentata, sa, e gli psicologi lo chiamano Mind Wandering. È un concetto noto“.

“È interessante, Moretti, dammi un nesso col caso” dico io. E lei: “Beh, in pratica il Centro Commerciale è nella stessa categoria dei biscotti fatti in casa: un’esperienza utile, ma anche intima e rilassante. Se la vediamo così, il nostro colpevole è il fantasma della Grande Minaccia, cioè il trambusto che potrebbero portare le nuove insegne, gli intrattenimenti per ragazzi, il chiasso, il raddoppio stesso! Occorre avvertire subito il cliente prima che sia troppo tardi, perchè se andiamo avanti così i genitori delle famiglie smart scapperanno del tutto!!”

Non abbiamo nemmeno provato a ricacciare indietro l’idea del raddoppio. Ma il team di design ha colto il messaggio di allarme, e l’opportunità. Realtà aumentata: via! Orti elettronici: via! Eventi chiassosi: via! Tecnologia? No no, la tecnologia serve eccome, ma per le cose giuste: quella che controlla i rumori, che fluidifica la navigazione di uno spazio più grande, che alleggerisce (mentalmente e fisicamente) il suo attraversamento, che personalizza l’esperienza per renderla più intima e rilassante. Per chi, una buona volta, vuole passare mezz’ora di pace senza nessun adolescente intorno, facendo qualcosa di utile. E guarda un po’, anche il Direttore Finanziario dice: “Eh, magari magari una passeggiatina me la vado a fare anche io, giusto per schiarire la mente, magari un caffè!”.

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Irene Cassarino
Irene Cassarino

Irene Cassarino, ingegnera di formazione, PhD in Gestione dell’Innovazione, è CEO e fondatrice di The Doers, ora parte del gruppo Digital Magics. Ha dedicato tutta la sua vita professionale alla ricerca di nuovi mercati, lavorando con più di 200 startup e decine di grandi aziende italiane e internazionali.

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