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5 caratteristiche del buon open innovation manager

Tutte le aziende cercano open innovation manager. Ma che cosa deve sapere e saper fare? Dalla capacità di parlare linguaggi diversi all’importanza del metodo, ecco 5 caratteristiche necessarie secondo chi fa open innovation in azienda

Aggiornato il 21 Feb 2023

open innovation manager

Tutte le aziende oggi sono alla ricerca di Open Innovation Manager. Ma l’offerta (parlo di quelli bravi, non di quelli autoproclamati) è limitata.

Open innovation manager, cosa deve saper fare?

Ma cosa serve per essere un buon Open Innovation Manager? Cosa bisogna sapere e sapere fare per guidare le attività di open innovation?

Lo abbiamo chiesto a chi fa questo mestiere nelle principali aziende italiane. Da queste brevi interviste è nata una serie che, riecheggiando il famoso film con Mel Gibson e Helen Hunt, abbiamo chiamato: “What Open Innovation Managers Want”. Questi “behind the scenes” volutamente informali sono ospitati sulla nuova piattaforma di Eni Joule (qui lo spazio dedicato alla rubrica).

Di seguito i principali messaggi emersi dalle prime 5 puntate.

1. Open innovation manager, un traduttore

Bisogna sapere sapere tradurre la lingua delle startup in quelle delle corporate e viceversa.

Ci occupiamo di mettere in contatto progetti magari a volte ancora un po’ immaturi con colleghi che hanno un proprio alfabeto e una propria sintassi. Ci ritroviamo quindi a fare un po’ i paleografi dell’innovazione. Facciamo da ponte per tradurre in azienda il valore di certe opportunità

Così Mattia Voltaggio, Head of Joule, nel primo episodio, non a caso intitolato “Il traduttore” 

2. La capacità di allineare tempi e aspettative

Abbiamo chiesto ad Alessandro Leonardi, Head Open Innovation di Poste Italiane, quale fosse la sfida più difficile nel suo lavoro. “Allineare i tempi delle startup con quelli delle grandi aziende“. Le prime contano il tempo in ore, le seconde in settimane e mesi. Un lavoro da “pragmatici”

3. Avere più metodo che creatività

Ci vuole curiosità ma anche tanto metodo. E soprattutto una grande capacità di ascolto, sia verso l’esterno, nel mondo delle startup, ma anche all’interno della propria azienda”. Così racconta Natascia Noveri, Head of Innovation di Intesa Sanpaolo. “Una profonda conoscenza del business” è richiesta al pari di tanta “determinazione per evitare di snaturarsi e mollare alla prime difficoltà“. Ne parliamo nella puntata intitolata “La metodista“)

4. Saper accettare il fallimento

Mentre l’invenzione è sporadica, l’innovazione è un processo. Può capitare di fallire”. Cosa che nelle grandi aziende è vissuta come un peccato mortale. Così ci ha raccontato Matteo Mingardi, Chief Innovation Officer di Pelliconi nella quarta puntata (“L’audace”).

5. Comprendere l’importanza di comunicare

Le tecnologie da sole non bastano per le sfide che dobbiamo affrontare. Bisogna sapere comprendere e spiegare il valore portato dall’innovazione. Dentro alle grandi aziende non è chiaro cosa significhi fare open innovation. Va quindi comunicato e spiegato il valore che portiamo per evitare di essere percepiti come quelli che viaggiano e partecipano a eventi“. L’ospite della quinta puntata (“La concreta”) è Cecilia Visibelli, Head of Open Innovation Hub di Snam.

Altre cinque puntate saranno trasmesse da qui a fine aprile. Non perdetevi le conversazioni con “L’esploratore”, “La scalatrice”, “L’educatore”, …

Articolo originariamente pubblicato il 21 Feb 2023

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Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

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