“Non è che in California ci siano persone più intelligenti che in Italia. È che là le condizioni per innovare sono migliori”: è una sintesi efficace del suo pensiero, quella che Alec Ross affida ai taccuini di Economyup pochi istanti prima di cominciare l’incontro con il premier italiano Matteo Renzi, al teatro Piccolo Eliseo di Roma. Decine di telecamere e di privati cittadini attendono su via Nazionale di poter assistere al dibattito su “Il nostro futuro“, che prende il nome dall’ultimo libro (sottotitolo: ‘come affrontare il mondo dei prossimi vent’anni’) del guru dell’Hi Tech statunitense, ex consigliere di Barack Obama nel corso della campagna presidenziale del 2008 e consigliere per l’innovazione di Hillary Clinton fino a poco più di due anni fa.
Nel suo libro, edito in Italia da Feltrinelli, Ross delinea il mondo che verrà, caratterizzato da una diffusione capillare delle nuove tecnologie che andranno a stravolgere completamente il nostro modo di vivere e lavorare. “Come la terra era la materia prima per il mondo basato sull’agricoltura e le risorse minerarie per quello industriale, così i big data sono il materiale grezzo su cui si sta basando e si baserà sempre di più l’economia mondiale” spiega Ross. Dati da cui partire per poter innovare: “Non c’è alcuna ragione per cui l’Italia non possa sfruttare le possibilità delle nuove tecnologie per rinnovare e stravolgere i suoi storici settori produttivi, quali l’industria e l’agricoltura”.
Ross scrive le esperienze fatte dal vivo nei suoi viaggi intorno al mondo, riportando esempi di futuro i cui segni sono già ben visibili, come l’uso dei robot in Cina per sostituire gli uomini al lavoro. “Tutto il mondo va nella direzione di uno stravolgimento. – dice Ross – Ma non basta investire denaro, serve costruire un ecosistema. La Russia, per fare un esempio, ha investito milioni e milioni per creare una Silicon Valley interna, ma non ci è riuscita. In Corea del Sud invece le innovazioni tecnologiche funzionano perché i cittadini sono pronti a recepirle e utilizzarle”.
Le big companies dell’Hi Tech da sole non possono andare da nessuna parte, senza adeguate politiche dei governi mondiali: “In Europa si pensa di più a come mettere i paletti a Google o Facebook che a creare aziende europee loro concorrenti” continua Ross. L’annosa domanda che ritorna è quindi come e quanto il controllo pubblico debba e possa interferire con lo sviluppo dell’economia e della società, in tempi di globalizzazione e di libero scambio: “In realtà la risposta è nel mezzo. Gli Stati dovrebbero mettere i privati nelle condizioni di poter innovare e investire sui nuovi mercati”, risponde Ross. “Ho salutato con molta gioia la nomina di Diego Piacentini a commissario del Governo italiano per l’innovazione e il digitale. Chiamare il vice presidente di Amazon a ricoprire un incarico del genere fa solo bene all’Italia. Ce ne vorrebbero molte altre di nomine di questo spessore. La Silicon Valley è quello che è perché le multinazionali hanno chiamato a lavorare da loro più di 150 persone fra le più esperte al mondo. E 150 persone messe a lavorare insieme fanno la rivoluzione”.
Il tasto su cui Ross insiste, parlando sopratutto all’Italia, è: perché il meccanismo che funziona per le big companies non potrebbe funzionare per la pubblica amministrazione? “Ogni ente pubblico dovrebbe avere due, tre o anche quattro figure innovatrici ed esperte. Servono persone di successo e manager che sappiano fare business per migliorare la qualità della pubblica amministrazione. Negli Usa Obama ha sfruttato al meglio questo genere di figure e una dose massiccia di innovazione è stata introdotta nel meccanismo della PA. Perché è possibile che anche una pubblica amministrazione innovi la vita dei cittadini che rappresenta”.
Ross, che è nato nel 1971 e ha origini italiane, ha vissuto un anno fra Roma e Bologna, per motivi di studio. Conosce quindi bene il nostro Paese e ha una risposta da dare al perché sia difficile veder nascere in Italia un business fiorente e innovativo, magari sui big data: “In Italia ci sono troppe regole e troppa burocrazia. È tutto un rimpallare fra avvocati e francobolli, quindi diventa impossibile fare business qui da voi”.