Sono passati 10 anni dallo Startup Act, il primo insieme di norme a sostegno delle startup. EconomyUp ha dedicato una serie di interviste ai protagonisti di quella svolta, a partire da Corrado Passera, nel 2012 Ministro dello Sviluppo Economico che volle e spinse quella legge. In occasione del decennale InnovUP, l’associazione che ha raccolto l’eredità di Italia Startup nata proprio nel 2012 a valle dello StartupAct, mercoledì 23 novembre a Roma ha chiamato a raccolta tutte le associazioni dell’ecosistema italiano dell’innovazione per un evento in cui ci si confronterà su quel che ha prodotto lo StartupAct e quel che resta da fare. EconomyUp ha chiesto ai presidenti delle associazioni che rappresentano le diverse anime dell’ecosistema: quali sono le priorità per accelerare lo sviluppo dell’ecosistema innovazione nei prossimi 10 anni. Ecco le loro risposte.
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Agrifood Tech italia | Peter Kruger: eliminare gli ostacoli all’investimento
La storia di questi 10 anni è fondamentalmente divisa lungo tre momenti chiave: L’attuazione nel 2012 del cosiddetto “Decreto Passera” che ha introdotto in Italia la definizione legale di startup e, soprattutto, i primi incentivi fiscali per gli investitori in italiano le cosiddette “Startup Innovative” (più vari strumenti e misure aggiuntive); La creazione nel 2019 di CDP Venture Capital SGR – Fondo Nazionale Innovazione, il fondo sovrano italiano di fondi (e investimenti diretti) di VC che da allora ha aumentato notevolmente la quantità di capitale distribuito alle startup italiane; I primi “unicorni” comparsi quest’anno nel mercato italiano, come prima validazione della reale remunerazione (e vero incentivo) per qualsiasi investitore operante nel mercato italiano.
C’è ancora molto da fare. L’Italia è ancora molto indietro nella quantità di capitali investiti, rispetto ad altri grandi mercati europei. Ciò è particolarmente vero per alcuni mercati strategici in Italia (come il verticale agrifood, dove, allo stato attuale, non abbiamo ancora neanche un solo fondo operativo). Soprattutto, numerosi investitori privati si stanno ancora trattenendo. Le distorsioni nel mercato dei capitali, come un eccesso di regole di investimento “sovraniste” nelle istituzioni finanziarie, un eccesso di tecnocraticismo e una reiterata riluttanza a imparare dalle storie di successo internazionali, stanno tenendo molti investitori privati fuori dal mercato, con molti che preferiscono persino investire nei mercati esteri di VC.
AIEC | Alessandro Lerro: strumenti digitali per avvicinare gli investitore all’economia reale
I profili normativi che hanno consentito di sviluppare finalmente una cultura popolare dell’innovazione hanno avuto anche una importante influenza sulla cultura dell’investimento, avvicinando l’investitore retail all’economia reale: gli strumenti digitali hanno consentito di disintermediare i processi di valutazione e selezione delle opportunità, spostando liquidità verso l’economia reale ed introducendo nel Paese una cultura che consentirà ai cittadini di svolgere un ruolo sempre più produttivo nel sostegno delle imprese.
AIFI | Innocenzo Cipolletta: quel che serve al venture capital
A 10 anni dallo Startup Act, il venture capital italiano sta gradualmente assumendo dimensioni sempre più rilevanti: gli ultimi anni sono stati contraddistinti da un progressivo aumento degli investimenti e delle operazioni che stanno portando ad una riduzione del divario che caratterizza il nostro sistema rispetto agli altri Paesi. È importante continuare a lavorare in questa direzione, proseguendo nell’implementazione di un’offerta sempre più strutturata, attraverso l’aumento del numero di gestori domestici di fondi di venture capital e la loro crescita dimensionale.
Al contempo, è fondamentale proseguire il percorso di crescita e consolidamento del mercato tramite una serie di azioni, tra cui il rafforzamento del meccanismo di fondo di fondi di matrice pubblica, un maggior coinvolgimento degli investitori istituzionali, la garanzia di un efficace coordinamento degli incentivi fiscali presenti e futuri e l’introduzione di incentivi all’exit. L’obiettivo di tutti gli attori coinvolti nell’ecosistema dell’innovazione italiano è rendere il venture capital un asse portante dello sviluppo economico e dell’innovazione del Paese, anche attraendo investitori internazionali.
Edtech Italia | Donatella Solda: meno barriere per l’Edtech
L’ecosistema dell’apprendimento è in grande trasformazione: la tradizionale triade educativa (contenuti editoriali, arredi e docenti) è fortemente investita dall’innovazione, con strumenti sempre più sofisticati per raggiungere esperienze efficaci e moderne.
La tecnologia, come obiettivo e metodo, aggiunge numerose opportunità: apprendimento personalizzato, identificazione di bisogni speciali, crescita delle competenze in ambiti aziendali e durante tutta la vita.
L’Edtech è un’industria relativamente giovane, che affonda le sue radici in modelli classici (editori, percorsi telematici, MOOC) ma che ha una portata dirompente su tutte le componenti dell’apprendimento.
Proprio per accelerare la produzione e adozione di soluzioni Edtech, l’ecosistema ha un grande bisogno di abbassare le barriere in ingresso con azioni di consapevolezza sull’innovazione digitale, di allineare domanda e offerta di soluzioni, di indicatori di qualità e di migliorare le regole per il procurement di soluzioni moderne.
InnovUp | Cristina Angelillo: le startup per lo sviluppo del Paese
L’obiettivo al quale l’ecosistema deve puntare nei prossimi 10 anni è quello di poter partecipare a pieno titolo allo sviluppo dell’intero sistema-Paese, senza che le startup vengano “isolate” con norme ad hoc che spesso scontano il fatto di essere state scritte per uno scenario completamente differente da quello attuale.
Prima di tutto è fondamentale razionalizzare l’esistente: le startup italiane continuano a crescere nonostante una stratificazione delle norme che sta generando effetti negativi per le giovani imprese e gli investitori, creando ulteriori ostacoli a livello burocratico-legislativo. L’ordinamento attuale prevede, inoltre, diversi strumenti di supporto finanziario ormai superati e poco utilizzati, a fronte di un mercato che chiede sempre più misure a supporto del Venture Capital e delle exit di tipo industriale. Parallelamente, con un valore dei finanziamenti annuali in startup che ha finalmente superato la soglia psicologica del miliardo di euro nel 2021, dobbiamo continuare ad investire per chiudere il più possibile il gap che ci separa dagli ecosistemi più maturi a livello internazionale. Da un lato, per i prossimi anni è ancora inevitabile un supporto da parte del settore pubblico in termini di liquidità, per attirare anche fondi di investimento esteri e favorire round di tipo B o C (ancora troppo rari in Italia). Dall’altro, dobbiamo prevedere nuove misure legate alla defiscalizzazione delle assunzioni: è ormai chiaro come la competizione nei prossimi anni si sposterà dai fondi ai talenti e le startup italiane faticano a trovare, assumere e trattenere persone, che di conseguenza scelgono spesso di espatriare.Italia4Blockchain | Pietro Azzara: più investimenti e consapevolezza
L’industria blockchain italiana sta crescendo rapidamente insieme al numero delle startup operanti nel settore. Queste imprese nascenti contribuiranno in modo significativo sul lungo e medio periodo alla crescita economica del nostro Paese e a collocarlo in una posizione di primo piano nel mondo Web3. Il trend positivo di crescita è certamente stato reso possibile anche grazie allo Startup Act, il modello italiano per favorire le startup nell’area dell’imprenditorialità innovativa.
Tuttavia, per assicurare la crescita e il successo di queste realtà, sarà prioritario da qui ai prossimi 10 anni adottare ulteriori misure in grado di attirare investimenti e risorse sul territorio e incentivare modelli di investimento basati su capitale di rischio. È necessario educare le grandi aziende – molte delle quali ancora poco formate sul vero valore del mondo Web3- ad investire ed acquisire innovazioni disruptive, incentivando le exit e chiudendo il cerchio di vita di un sistema startup; ma è necessario anche affiancare a queste azioni uno schema di sviluppo di venture builders slegati dalle corporate.
Italia Fintech | Sergio Zocchi: investimenti, regole ed educazione
Nel mondo finanziario rivoluzionato dall’emergenza sanitaria, il Fintech ha via via cambiato ruolo, diventando un imprescindibile acceleratore di innovazione per l’intero ecosistema. Grazie all’utilizzo di tecnologia e dati, gli attori Fintech sono costantemente fautori dello sviluppo di nuovi modelli di business e di collaborazioni con gli incumbent.
Affinché l’Italia diventi una StartUp Nation e il sistema finanziario ne benefici rapidamente, è necessario che gli attori tradizionali colgano le opportunità derivanti dall’evoluzione digitale, che la regolamentazione permetta lo sviluppo di un contesto favorevole all’innovazione e che l’educazione finanziaria sia in cima all’agenda del Paese.
Su tutti questi fronti dobbiamo lavorare insieme: il mondo della finanza è senza confini e questo è il momento giusto per recuperare il divario rispetto ad altri Paesi.
Netval | Giuseppe Conti: networking, knowledge e advocacy nella ricerca
Innovup, con le sue 3 aree di attività, rappresenta al meglio lo scenario di priorità per accelerare lo sviluppo dell’ecosistema nei prossimi 10 anni. Il Networking, fondamentale per integrare e sviluppare connessioni soprattutto in tema di Innovazione e Tecnologia. Knowledge perché grazie alla conoscenza (sia nazionale che internazionale) tramite report, webinar e formazione è possibile guardare al futuro ma con piedi ben saldi nel presente. Infine, Advocacy per sottolineare l’importanza della tutela del TechTransfer e di chi opera nel settore Innovation & Startup.
Per questo Netval è concentrata su tre obiettivi principali: rafforzare le competenze sul TT nelle Istituzioni di Ricerca attraverso la condivisione; promuovere la formazione certificata e progetti internazionali nella ricerca; infine porsi come ponte istituzionale con l’industria. Proprio per questo Netval è definita la “Casa della Ricerca pubblica italiana” dove risiedono le buone pratiche della sua valorizzazione.
PNICube | Alessandro Grandi: riconoscere il potenziale dell’Università
I primi 10 anni post Startup Act hanno visto le Università italiane e gli Istituti pubblici di ricerca (IPR) sempre più impegnati nella valorizzazione dei risultati della ricerca attraverso la creazione di nuove imprese innovative, come parte integrante della loro missione istituzionale. Gli incubatori universitari, raccolti nell’Associazione PNICube, sono uno degli strumenti principali di questo impegno e fattore critico di successo.
Ma la sfida che affrontano è pari solo al potenziale di innovazione e cambiamento che startup e spinoff della ricerca rappresentano per lo sviluppo e la competitività dal Paese. I progetti supportati sono infatti tipicamente deep tech e abbracciano tutti gli ambiti tecnologici e applicativi. Richiedono quindi competenze verticali differenziate, capitali importanti e pazienti, sviluppo di competenze imprenditoriali e di business sofisticate, proiezione internazionale fin dall’origine, expertise specifiche nelle attività di supporto allo sviluppo. Riconoscere le peculiarità delle startup e delle strutture e servizi a supporto specifico, e sostenere e sviluppare conseguentemente l’ecosistema in questa sua componente è parte sostanziale e prioritaria della sfida per i prossimi anni.
Roma Startup | Gianmarco Carnovale: una revisione dello Startup Act
A 10 anni dallo Startup Act possiamo affermare senza dubbio che questo abbia sì avuto il merito di sensibilizzare il paese sull’economia dell’innovazione, ma, essendo stato un compromesso tra resistenze dei burocrati e una percezione all’epoca vaga delle differenze tra startup, piccola impresa e spin-off da ricerca, ha finito per essere troppo difforme dalle pratiche internazionali ed ha spinto forzatamente il Paese su una traiettoria sbagliata.
Il gap tra l’Italia ed i maggiori ecosistemi internazionali, oggi, è tutto nella cultura delle pratiche intorno a cosa sia una startup, quale percorso debba seguire, e come vada supportata ed investita da chi. Tutti aspetti definiti male dalla sola normativa al mondo che stabilisce per legge cosa siano le startup e come si misuri l’innovazione. E sebbene nelle intenzioni di Corrado Passera la legge avrebbe dovuto essere rivista e corretta su base periodica, questa correzione non si è ancora verificata. Più si procede su una rotta sbagliata più la distanza dalla destinazione si accresce e la Nazione perde competitività.
La mia richiesta è che il neo Ministro Urso convochi urgentemente le associazioni della filiera startup, in un tavolo di revisione, per uno Startup Act 2.0.
Startup Turismo | Karin Venneri: depolarizzare l’ecosistema
Sono 3 le aree su cui lavorare.
La prima riguarda il deal flow, una strategia e degli obiettivi condivisi con tutti gli stakeholders per costruire un deal flow continuo e di qualità nei settori strategici per il nostro paese.
La seconda riguarda la depolarizzazione, ovvero diffondere un modello vincente di ecosistema – talenti, funding, networking e sviluppo business in tutta Italia.
La terza è intensificare le azioni per rendere più attraenti e competitive le startup italiane nella fase di internazionalizzazione.