La nuova frontiera delle startup europee (e non solo) è il food delivery, la consegna di cibo a domicilio. Il settore è in crescita in tutto il mondo, come hanno capito big internazionali quali Amazon, ma anche Google, Alibaba e persino Uber, che stanno proponendo nuovi servizi in questo mercato. L’ha compreso qualche “unicorno” europeo (così sono definite le rare startup miliardarie della Ue) come la tedesca Delivery Hero, che sta crescendo e di recente ha raggiunto una mega-valutazione di oltre 3 miliardi. Anche alcune startup italiane si stanno dando da fare in questo settore, consapevoli del fatto che il cibo Made in Italy gode di un’eccellente reputazione all’estero. Nel 2014 sono stati esportati prodotti alimentari italiani per circa 34 miliardi di euro e nei prossimi due anni è prevista una crescita del 4-4,5% grazie anche all’effetto Expo, che dovrebbe fare da traino all’intero comparto. Inoltre il mercato potenziale del food delivery in Italia è molto vasto: solo il 15% degli esercizi commerciali attivi nel settore enogastronomico ha un servizio di consegne a domicilio. In Europa, però, la partita la stanno giocando soprattutto tedeschi e inglesi. Come emerge da un bilancio degli ultimi sei mesi, in Italia vengono lanciate nuove startup di food delivery, ma poi queste realtà non riescono a scalare e finiscono per essere acquisite da operatori internazionali.
► Sei mesi di exit e acquisizioni
A febbraio Rocket Internet, gruppo tedesco di e-commerce basato a Berlino e considerato uno degli “unicorni” europei, ha effettuato una mega operazione: è entrato nella compagine societaria di Delivery Hero, startup berlinese miliardaria che si occupa di consegnare a domicilio cibo preparato dai ristoranti, acquisendo il 30% per 496 milioni di dollari, e ha sborsato 130 milioni per assicurarsi il 52% di Hello Fresh, altra neoimpresa con sede a Berlino impegnata nel recapito di pasti. Ha inoltre acquisito 9 food startup , 7 in Asia e 2 in Europa. Tra quelle europee anche l’italiana Pizzabo: un deal che ha fatto molto rumore, anche per la cifra dell’exit, che ammonterebbe a 55 milioni di euro.
►Rocket Internet-Pizzabo, la exit è di 55 milioni
La piattaforma era stata fondata a Bologna da Christian Sarcuni, originario di Matera, dopo la laurea in Scienze di Internet all’Alma Mater a Bologna nel 2009, quando aveva 25 anni, insieme all’amico di sempre Livio Lifranchi, anche lui lucano e collega di studi. I due avevano cominciato fornendo ad alcune pizzerie bolognesi device per ricevere e gestire gli ordini da casa. Poi la crescita, l’interesse manifestato da Rocket Internet e l’exit milionaria. A maggio Pizzabo ha cambiato nome in Hello Food ed è sbarcata a Roma con l’obiettivo di aprire a breve altre sedi a Genova,Torino e Napoli. Mettendo insieme tutte le nuove società, la business unit di Rocket Internet dedicata alla consegna di cibo a domicilio, che si chiama Global Online Takeaway Group, è diventata market leader in 71 paesi del mondo con un giro d’affari che, solo nel 2014, si è attestato intorno a un miliardo di euro. La missione di Rocket Internet è diventare il leader mondiale fuori dagli Stati Uniti e dalla Cina.
A sua volta Delivery Hero, come abbiamo visto partecipata da Rocket Internet, ha acquisito a maggio scorso per 589 milioni di dollari Yemeksepeti, che in turco significa “cibo alla carta”. La startup era stata fondata nel 2000 da Nevzat Aydin, che dopo la laurea in Ingegneria Informatica in Turchia si era trasferito in Silicon Valley per un MBA alla University of San Francisco. Tornato nel Paese d’origine, ha portato in pochi anni la sua azienda a diventare la più grande piattaforma locale di ordinazione di generi alimentari online. Di recente Delivery Hero ha chiuso un nuovo round di investimenti che l’ha portata a una valutazione di mercato di 3,1 miliardi di dollari, rendendola così una superstar dell’ecosistema delle startup europeo.
Il country manager di The Fork.it: “Sul food l’Italia ha una marcia in più”
A inizio giugno altre due startup italiane, Clicca e Mangia di Milano e DeliveRex di Roma, entrambe attive nella consegna a domicilio di cibo ordinato via web o mobile, sono state acquisite da Just Eat, gruppo nato in Danimarca e basato a Londra che è tra i principali competitor europei di Delivery Hero.
► I “neonati” del settore in Italia
Intanto in Italia continuano a fiorire nuove startup incentrate sulla consegna di cibo a domicilio. Ha appena concluso il programma di accelerazione presso Luiss Enlabs, la “fabbrica delle startup” a Roma, Moovenda: si tratta di un servizio di consegne urbane intelligenti, co-fondato da Simone Ridolfi, Simone Terranova e Filippo Chiricozzi, che permette di ricevere a qualunque ora e in qualunque luogo della città il meglio dei prodotti disponibili sul mercato grazie a un sistema di logistica completamente digitalizzato basato su una community di oltre 100 fattorini, i moovers.
Parte invece da Milano Foodinho, Ltd costituita a Londra da due italiani di 28 anni, Matteo Pichi e Marco Amato: è la prima startup di diritto estero iscritta come impresa innovativa in Italia. Il servizio porta nelle case dei milanesi cibo da ristoranti scelti in precedenza dai ragazzi di Foodinho secondo criteri di qualità, immagine e prezzo adeguati a un target giovanile. Le consegne sono effettuate da un team di ciclisti che vengono pagati 3 euro a consegna.
► Il grande business del food delivery in Usa e Asia
Ad aprile Uber, società californiana il cui core business è un’applicazione per chiamare un’automobile a noleggio da smartphone, ha annunciato lo sconfinamento nel campo della consegna di cibo a domicilio con UberEats. Partito da New York e Chicago, il servizio consente di ordinare pietanze a casa attraverso l’app per poi riceverlo in una decina di minuti. A maggio Google ha annunciato una partnership con sei servizi di consegna cibo negli Usa: Seamless, Grubhub, Eat24, Delivery.com, BeyondMenu e MyPizza.com. Attuamente negli Stati Uniti si può usare Google Search per ordinare cibo dai ristoranti preferiti. Amazon Fresh, servizio che consente di ordinare la spesa online o da device entro le 10 del mattino e averla a casa entro le 18 dello stesso giorno, ha riscosso un buon successo negli Stati Uniti e dovrebbe approdare in futuro (forse in autunno) in Europa e anche in Italia. Di recente anche Alibaba, colosso cinese dell’e-commerce, ha deciso di abbracciare questo business o2o (online to offline), associandosi a Ant Financial, società specializzata in pagamenti online, per creare Koubei, piattaforma per mettere in collegamento ristoranti e clienti.
► Eataly si allea con Amazon
Mentre si attende il debutto di Amazon Fresh nel nostro Paese, Eataly entra in affari con Amazon per la consegna di cibo fresco su prenotazione online a New York e Chicago. L’accordo sarebbe stato firmato a inizio giugno da Nicola Farinetti, uno dei figli di Oscar, il fondatore di Eataly, oggi responsabile della filiale statunitense. L’esperimento riguarderà Prime Now, l’app che per un abbonamento annuale di 99 euro dà diritto a due consegne di cibo al giorno.
Ecco come Eataly venderà cibo online a New York
In seguito all’accordo con Eataly gli utenti possono ordinare alimenti, cibo preparato e pietanze cotte dai ristoranti della catena italiana presenti a Manhattan (NY) e chicago. La consegna in due ore è gratis per gli abbonati a Prime, quella in un’ora costa 7,99 dollari extra. Se l’esperimento avrà successo, si aprirà una nuova strada per l’Italian food venduto online negli Usa.
► Food e e-commerce, attrazione sempre più fatale
Dai dati del Politecnico di Milano, l’e-commerce in Italia vale complessivamente 15 miliardi di euro. Il 37% della spesa degli italiani online è dominato dai viaggi, ma cresce del 30% la vendita su Internet di alimenti e vino. Il grocery è fermo all’1%, ma proprio per questo ha forti potenzialità di crescita. La partita dell’e-commerce del food si sta giocando sempre più sulla consegna del fresco e del freschissimo. Un elemento di disruption potrebbe portarlo Amazon Fresh nel mercato europeo e italiano. Rispetto ad analoghi servizi di e-commerce dovrebbe garantire ribassi e sconti, la possibilità di scegliere precise finestre d’orario entro le quali ricevere la merce acquistata e convenzioni con i ristoranti locali per il take away di cibo. Tutti strumenti che rischiano di infliggere un duro colpo alla concorrenza dei singoli rivenditori ma anche alla GDO (Grande Distribuzione Organizzata). Alcuni operatori italiani si stanno già muovendo per cavalcare la nuova onda: per esempio il Gruppo Amodio ha lanciato la startup Primo Taglio incentrata proprio sulla consegna del fresco e del freschissimo (merci preparate su ordinazione). Mille dipendenti, oltre 180 milioni di fatturato e 100 punti vendita soprattutto in Campania, Amodio ha dato vita, in partnership con Triboo Digitale, a Primo taglio con un investimento iniziale di 1,5 milioni di euro. Si tratta sostanzialmente di un sito di e-commerce food che però ha una particolarità: oltre al fresco, gli utenti online possono acquistare il “freschissimo”, ovvero ordinare prodotti che saranno preparati solo a seguito della loro richiesta. Un’altra realtà del settore è Cortilia, uno fra i primi mercati agricoli online dove acquistare prodotti dai coltivatori locali senza intermediari. L’utente ordina sul web e Cortilia consegna a domicilio la spesa di prodotti freschi: 2,5 milioni di euro il finanziamento totale ricevuto dalla società dalla sua fondazione nel 2011. Segno che il mercato crede nella crescita del food delivery.