(Venerdì 5 febbraio HelloFood Italia è stato acquisita da JustEat all’interno di una più ampia operazione che ha visto passare di mano alcuni Paesi da Rocket Internet alla multinazinale danese basata a Londra. Questa intervista è stata realizzata pochi giorni prima)
Christian Sarcuni un anno dopo. Ovvero come cambia la vita e il lavoro quando, a meno di 30 anni, vendi la tua startup per più di 50milioni di euro. La conversazione comincia ed è lui a fare la prima domanda: “Ma come avete fatto a sapere la cifra?”. Il 6 febbraio 2015 viene comunicata la vendita di PizzaBo, sito per la consegna di cibo a domicilio, a Rocket Internet. Una settimana dopo EconomyUp rivela che la spesa è stata di 55 milioni di euro. Immediatamente arriva la lettera di un avvocato che smentisce. Eravamo stati solo un po’ “generosi”. Dalla semestrale di Rocket Internet in dicembre si apprende che l’investimento è stato di 51milioni e 271mila euro.
Dodici mesi dopo Christian, che i 30 anni li compirà in marzo, è cambiato, molto. Da sviluppatore-imprenditore è entrato nel ruolo del manager, amministratore delegato di HelloFood Italia: cauto, diplomatico, attento a quel che dice. E non potrebbe essere diversamente visto che adesso è parte di un colosso tedesco, quotato a Francoforte, che ha appena chiuso la raccolta di un fondo da 420milioni, il più grande d’Europa. Quindi inutile chiedere i risultati di 12 mesi di duro lavoro, finiranno tutti nel bilancio consolidato. Ma c’è molto altro di cui parlare.
Christian, che cosa è cambiato un anno dopo?
Siamo un’altra cosa, perché abbiamo avuto uno slancio prima impensabile. Eravamo in 10 e adesso siamo in 50. Eravamo in 5 città, adesso siamo in 22 da Nord a Sud, anche se la nostra sede è rimasta a Bologna, dove è cominciato tutto. I ristoranti sono passati da 300 a 1300 con 150mila utenti. E abbiamo persino fatto uno spot televisivo, da Sky a Italia1. Siamo entrati in un’altra dimensione.
Che cosa è stato a spingervi in questa dimensione? I clienti che avevate, i ristoranti o la tecnologia?
Al primo posto metterei i clienti, poi la tecnologia, quindi i ristoranti. Avevamo una posizione di leadership in diverse città, anche se eravamo focalizzati su Bologna. Ed è quel che conta: essere in posizione dominante in un mercato, quello del food delivery, che in Italia non è ancora maturo ed è molto frammentato.
(Qui serve aprire una parentesi per spiegare che spesso si fa confusione su quale sia questo mercato dove operano tre soggetti completamente diversi: chi gestisce le prenotazioni e questo è il dominio di TheFork; chi si preoccupa di farti arrivare a casa la pizza o il sushi e qui grande è la confusione trattandosi di un business logistico molto locale e poi c’è HelloFood…)
Dove sta la specificità di HelloFood?
È un canale alternativo di gestione degli ordini per quei ristoranti che hanno già un proprio servizio di consegna e asporto e sono in grado di di trattare un certo volume di richieste in momenti critici.
Quindi la vostra forza resta lo “stampaordini”, la macchinetta che ti sei inventato ormai sei anni fa…
Abbiamo sviluppato bene software e firmware e adesso il vantaggio è evidente: il 99% degli ordini viene gestita in autonomia e il customer care è solo di monitoraggio. Sono davvero rari i casi di intervento per ordini non ricevuti. I ristoranti che lo usano a Bologna hanno eliminato l’ordine telefonico.
Questa vostra macchinetta potrebbe essere adottata in qualcuno dei 26 Paesi, dall’Asia al SudAmerica, in cui è presente Rocket Internet con FoodPanda ed HelloFood?
Il gruppo ha dato una valutazione positiva della nostra tecnologia, quindi se ne sta parlando anche se ogni mercato ha caratteristiche diverse e diverse tecnologie impiegate.
Un anno dopo c’è HelloFood ma nel sito vediamo ancora il marchio PizzaBo, perché?
Il nuovo brand è HelloFood, ma per il momento resta anche PizzaBo. Abbiamo fatto anche due diverse app. La strategia è mantenere i due marchi e non è stato definito la durata della transizione.
Il sito sembra ancora un po’…artigianale. Sono in programma evoluzioni?
Siamo vicinissmi al rilascio di una nuova versione, entro la fine di febbraio. Saranno rinnovate l’interfaccia e quindi la user experience. Ci sarà poi un’ottimizzazione per il mobile.
Un bilancio complessivo di questo primo anno?
È stato un anno impegnativo, dedicato alla strutturazione e alla razionalizzazione delle mansioni. Prima girava tutto attorno a me, adesso c’è una struttura che comincia a girare da sola. Ora dobbiamo aspettare i risultati di questo lavoro, la crescita del business, siamo perfino in Sicilia, per avviare la seconda fase.
Quale sarà la seconda fase e quando?
Sarà una fase di ulteriore espansione ma non è imminente.
Rocket Internet, è solo l’azionista di maggioranza assoluta, visto che ha rilevato il 100% di PizzaBo?
No, Rocket Internet non è solo un partner finanziario. Il supporto di conoscenze e competenze è fondamentale. Per esempio la mia partecipazione a eventi e meeting aziendali è stata decisiva, e non solo per migliorare il mio inglese. Poi è arrivato anche un manager dalla Malesia, dove ha partecipato al lancio di FoodPanda ed è rimasto per 3 anni.
Quanti anni ha?
28 e pensa che è lucano come me! È stata una bellissima coincidenza. Adesso fa il business developer e ha portato la metodologia del gruppo in Italia.
Che cosa hai imparato in questo anno, oltre a conquistare una migliore padronanza dell’inglese?
Ho acquisito capacità manageriali globali lontane dall’approccio tipico dell’imprenditore italiano, ho imparato a conoscere e usare metodologie consolidate e più moderne. Poi ho avuto l’incontro con la finanza, che non conoscevo. E devo dire che questa dimensione del business mi attira particolarmente.
La cosa più difficile che hai dovuto fare?
Le pubbliche relazioni. Non c’ero abituato con il mio background tecnologico da sviluppatore. Prima il nostro atteggiamento era farsi vedere solo dove eravamo già. Adesso è ben diverso e lavoriamo per avere una visibilità nazionale
Il regalo che ti sei fatto?
Una macchina, una mercedes Classe A, che arriverà in aprile. Dopo un anno di duro lavoro e di auto aziendali la considero il primo segnale di una vita che c’è prima e dopo il lavoro.