Che il commercio elettronico rappresenti un’opportunità di crescita per artigiani e piccoli produttori del made in Italy è ormai assodato. Ma la nuova consapevolezza che si sta creando tra le aziende italiane è che le piattaforme ecommerce, oltre a essere un canale di vendita alternativo, può rappresentare uno strumento importante per monitorare le tendenze del mercato e le esigenze dei clienti.
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Mettendo a disposizione delle imprese l’enorme massa di dati raccolti online, già elaborata sotto forma di informazioni utili, un portale si può trasformare così in un vero e proprio osservatorio. Una consulenza gratuita grazie alla quale chi produce può capire meglio cosa cercano i consumatori e creare oggetti “su misura”.
Un portale che si sta proponendo come centro di analisi per i suoi brand è Lovethesign, il marketplace dedicato al design e all’arredamento made in Italy fondato nel 2012 da tre giovani manager esperti di ecommerce: Vincenzo Cannata, Simone Panfilo e Laura Angius. A meno di due anni dalla sua nascita Lovethesign ha raccolto centinaia di migliaia di informazioni sensibili su tendenze, interessi, desideri, bisogni, ricerche di categorie di prodotto, dati di acquisto, stato di salute del design italiano.
I soggetti che interagiscono con la piattaforma – aziende, artigiani, designer, persone interessate al mondo dell’interior design – possono accedere liberamente a questi dati per orientarsi nelle proprie scelte. Che si tratti o meno di big data (probabilmente in questo caso la definizione più corretta è grandi masse di dati), la novità è che, così facendo, i piccoli brand possono avere dei riscontri di mercato senza interpellare società di consulenza a pagamento.
“Sta nascendo anche una linea di prodotti Inspired By Lovethesign, ovvero pezzi di design creati dai brand partner sulla base delle indicazioni
fornite dall’e-commerce. Per esempio, basandoci sui feedback degli utenti che fanno ricerche e acquisti sul nostro sito, abbiamo segnalato a un’azienda che collabora con noi gli elementi per creare quello che simpaticamente abbiamo battezzato il tavolo perfetto”, spiega Vincenzo Cannata, uno dei co-fondatori.
Per essere un campione abbastanza rappresentativo, è necessario avere dei numeri a supporto. E Lovethesign alcuni ne può già vantare. Nel 2013 la piattaforma ha totalizzato circa 3 milioni di visite e tuttora i fan sulle pagine Facebook sono 280 mila. Certo, per alimentare questo scambio di informazioni e feedback tra marketplace e brand (a oggi circa quattrocento) è necessario che la cultura digitale si diffonda più possibile tra artigiani e piccole imprese. Al momento però, la cinghia di trasmissione non funziona ancora come dovrebbe.
“Convincere nuovi marchi a entrare nel circuito non è semplice”, osserva il co-fondatore. “Pur trattandosi di una scelta win-win, che non comporta spese per i produttori, è sempre complicato spiegare che l’ecommerce è un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. D’altronde, è tutto il mercato ancora poco incline all’acquisto online”.
Per rafforzare il marchio e dare alle aziende ulteriori buoni motivi per cominciare a vendere sulla piattaforma, Lovethesign sta accelerando molto sulle iniziative di co-marketing con altri brand forti del made in Italy. Infatti, l’occasione per incontrare i fondatori del portale di design essenziale (“il barocco, lo shabby non li trattiamo”, precisa Cannata) è arrivata durante #Love #Eat #Share, una serata alla sede-showroom milanese di Lovethesign organizzata da diverse aziende, italiane e non, tra cui Eataly. Ed è proprio con lo store online della società guidata da Oscar Farinetti che la piattaforma di design ha iniziato una collaborazione commerciale. “La loro clientela è simile alla nostra. E poi, l’ambizione di Lovethesign è quella di diventare nel design quello che Eataly è diventato nel mondo del food”.
Insieme ai brand italiani, durante l’evento organizzato nel loft di Lovethesign, c’era anche una startup californiana che è appena approdata in Italia: SupperShare – Open your Kitchen, una piattaforma che permette di organizzare cene gourmet condivise in casa. All’insegna della sharing economy, l’impresa di San Francisco mira a diventare un’alternativa a Airbnb, perché oltre alla condivisione del cibo, permette anche di offrire ospitalità in modo innovativo.