Il viaggio di Samantha, come dice il nome stesso della missione, è stato un laboratorio di futuro. A bordo della Stazione spaziale internazionale l’astronauta italiana ha condotto diversi esperimenti scientifici che avranno diretta applicazione sulla Terra e si è circondata di vari strumenti hi tech, dalla stampante 3D orbitale alla maglietta con i sensori per misurare il ritmo cardiaco durante il sonno.
Tra le innovazioni che hanno caratterizzato la missione Futura c’era il cibo. I menu che AstroSamantha ha gustato in orbita per nutrirsi e rimanere in forma sono stati messi a punto da Argotec, un’azienda ingegneristica aerospaziale che ha sede a Torino.
Solo pillole e alimenti da libri di fantascienza? Macché. Le pietanze preparate per Samantha, anche in base alle sue indicazioni, erano da veri gourmet: piatti nutrienti, made in Italy e ispirati alla filosofia slow food. Insomma, prodotti che potrebbero tranquillamente essere consumati e apprezzati sulla Terra.
Infatti, come EconomyUp ha sperimentato direttamente durante una cena organizzata da Gnammo, la community di social eating lanciata dalla startup nata all’interno dell’incubatore I3P del Politecnico di Torino, e da Argotec, lo space food ideato in base alle esigenze della Cristoforetti può finire anche sulle tavole degli italiani “non extraterrestri”.
Il menu che abbiamo assaggiato, preparato dallo chef ufficiale della missione Futura con cui ha lavorato Samantha, Stefano Polato, prevedeva: un’insalata di quinoa,
sgombri, pomodori e zucchine; una zuppa composta da farro, verdure e legumi provenienti dai presìdi Slow Food; asparagi deidratati croccanti; smoothie al gusto di pera, mela e fragola; barrette biologiche con bacche di goji, cioccolato e spirulina.
I cibi, prodotti con metodi innovativi di disidratazione, termostabilizzazione e sterilizzazione sono all’interno di confezioni di alluminio plastificate dall’aspetto “spaziale” studiate per conservare a lungo il gusto e le proprietà nutritive degli alimenti senza ricorrere a conservanti e freddo. Per prodotti come l’insalata di quinoa e la zuppa di legumi basta aprire le buste, riscaldarne il contenuto per qualche minuto e si può subito passare alla fase più attesa: il mangiare.
I “terrestri” per cui è pensata la linea “Ready to lunch” progettata per Samantha e gli astronauti della ISS sono soprattutto – spiega a EconomyUp David Avino, amministratore delegato di Argotec – «sportivi, single, atleti, appassionati di attività in mare, persone che hanno grande cura per l’alimentazione, cultori del cibo biologico, ma anche ragazzi e bambini, che hanno imparato che Samantha nello spazio si nutre in modo equilibrato e vogliono ispirarsi a lei».
Argotec, per cui lavora un team di circa trenta persone che hanno in media 29 anni, non nasce però come azienda produttrice di cibo. È stata fondata nel 2008 per addestrare gli astronauti dell’Agenzia spaziale europea e il personale di terra e per sviluppare prodotti e soluzioni ingegneristiche per le agenzie spaziali (tra cui anche la Nasa) e per la Stazione spaziale internazionale, in grado però di avere un possibilee ritorno anche sulla Terra.
«A un certo punto ci siamo chiesti come potevamo migliorare il benessere e le performance degli astronauti. Così, nel 2012, abbiamo sviluppato l’idea di portare nello spazio i piatti tipici della nostra tradizione culinaria, chiedendo agli equipaggi stessi cosa volessero mangiare e condividere con gli altri», racconta Avino.
È nato così lo Space Food Lab guidato da Stefano Polato nel quale sono stati progettati e realizzati i piatti di Luca Parmitano, Alexander Gerst e Samantha Cristoforetti. In questo laboratorio, in cui lavora un team formato da tecnologi alimentari, dietisti, nutrizionisti e cuochi, Argotec (che lunedì 15 giugno alle ore 19 sarà in collegamento Skype con Made in Bo, organizzato da Cna Giovani imprenditori Bologna, nell’ambito della serata dedicata al food & tech a cui parteciperà anche Christian Sarcuni, fondatore della startup PizzaBo, oggi ad di Hello Food Italia) ha cominciato a fare ricerca da zero per mettere a punto ricette ad hoc per astronauti che mettessero insieme caratteristiche “spaziali” (per esempio la necessità di essere più compatti possibile per evitare la dispersione a bordo della ISS in assenza di gravità), proprietà nutritive e gusto piacevole.
«La sfida è stata quella di andare oltre i 500-1000 pacchetti di cibo all’anno, riservato solo agli astronauti, e di proporla anche sul mercato a prezzi competitivi. Ma non come un gadget da comprare una tantum solo per la soddisfazione di avere un prodotto che ha usato Samantha, bensì come un prodotto di uso quotidiano», spiega l’amministratore delegato di Argotec.
L’obiettivo dell’azienda, oltre a vendere online, in alcune farmacie e in alcune boutique
gastronomiche come Eat’s a Milano è convincere alcune imprese a utilizzare i prodotti Ready to lunch come pasti per i dipendenti perché possono essere utilizzati come piatto unico e danno la garanzia di essere completi dal punto di vista nutrizionale.
Per raggiungere questo scopo, la spinta data da Samantha è stata determinante. «Abbiamo pensato tutti i cibi in base alle sue esigenze», racconta a EconomyUp lo chef Stefano Polato. «Per esempio, abbiamo pensato alla quinoa per garantire a Samantha un apporto proteico tale da consentirle di non perdere massa muscolare in modo accelerato. E lei ci ha aiutato continuamente a migliorare i prodotti e a scegliere le migliori materie prime».
Il cibo pensato per Astrosamantha ha già avuto una ricaduta sociale in termini di occupazione. Argotec e Slow Food hanno stretto infatti una collaborazione legata all’utilizzo di alcuni prodotti provenienti da presidi di cibo “buono, pulito e giusto”: la piattella Canavesana di Cortereggio, il cece nero della Murgia Carsica, la fava di Carpino e la lenticchia di Ustica. Da quando si è diffusa la notizia che Samantha consumava in orbita alcuni di questi prodotti, il riscontro commerciale è stato positivo e i produttori, per il 2015, hanno impiegato nuovi terreni per la coltivazione di questi legumi dando lavoro a più persone.
Inoltre, visto che nessun esperimento sullo spazio è consentito se non ha una ricaduta concreta sulla Terra, in questi mesi i test medici che saranno condotti su Samantha «permetteranno di capire – dice Polato – se gli ingredienti utilizzati le sono stati utili per attraversare i sei mesi in modo sereno. E dato che sullo spazio l’invecchiamento cellulare è accelerato, molti muscoli non vengono utilizzati e il corpo, in assenza di peso, è catapultato in un’altra dimensione, si potranno avere moltissimi riscontri in campo medico sull’utilizzo di determinati cibi per migliorare la circolazione, per trattare l’osteoporosi, la ritenzione idrica e i problemi all’apparato scheletrico».