L'INTERVENTO

Verso l’autunno caldo del crowfunding: quali conseguenze dall’applicazione del regolamento UE in Italia

Il regolamento UE sul crowdfunding sarebbe dovuto entrare in vigore il 10 novembre 2022, ma la Commissione ha concesso un ulteriore anno di transizione. Le piattaforme italiane sono state tra le ultime a presentare richiesta nel 2023. Ora c’è il rischio di ritardi. Che potrebbero favorire la concorrenza dagli altri Paesi

Pubblicato il 26 Lug 2023

Crowdfunding 2023, regolamento UE

Cosa è successo a livello europeo in relazione alla regolamentazione del crowdfunding che entrerà in vigore il 10 novembre 2023?

Mentre in Italia le modifiche alla normativa si sono susseguite per quasi dieci anni, esclusivamente con riferimento alla disciplina dell’equity crowd­fun­ding, anche le istituzioni comunitarie hanno maturato la convinzione che la materia dovesse essere regolata per evitare l’insorgere di arbitraggi normativi a livello comunitario.

Il regolamento ECSP si proponeva di introdurre nella UE un regime opzionale (gestito dall’European Securities and Markets Authority o ESMA), a cui i gestori di piattaforme che consentono l’erogazione di prestiti o la raccolta di capitali online, avrebbero potuto aderire, qualora interessati ad operare in tutta l’Unione Europea (cross-border).

Crowdfunding: cosa dice il regolamento UE

Adottato infine in data 7 ottobre 2020 il regolamento prevede che le leggi nazionali non possano impedire ai soggetti che sono stati autorizzati a svolgere la propria attività ai sensi di tale provvedimento di operare nei singoli Stati membri e amplia la categoria dei servizi offerti che vengono definiti sia come servizi diretti (favorire l’incontro tra offerente e investitori) sia come servizi intermediati (nei quali il gestore oltre a favorire l’incontro tra offerente e investitori svolge altri rilevanti servizi), approccio che determina una prima sostanziale differenza rispetto all’impianto normativo esistente in Italia.

Molte critiche ha sollevato la decisione del legislatore europeo di regolare il lending crowdfunding con modalità operative, in molti aspetti, troppo simili a quelle dell’equity crowdfunding. Come correttamente osservato, il testo del documento ha evidenziato le incertezze della Commissione e degli altri attori deputati al processo di definizione del Regolamento ECSP, sui diversi tipi di crowdfunding, mettendo insieme sia aspetti normativi riconducibili alla disciplina dell’offerta di strumenti finanziari, invero in misura prevalente, sia aspetti più propri della regolamentazione dei finanziamenti, creando un contesto apparentemente con­fusionario che, come poi è risultato evidente, è stato determinato dalla volontà di procedere un rimodellamento della disciplina del lending crowd­funding al fine di farla rientrare nell’alveo dell’offerta degli strumenti finanziari (di debito).

Il legislatore europeo ha giustamente preso una posizione netta sui predetti servizi, escludendo che tale attività possa configurare una violazione della riserva dell’attività di concessione del credito , e quindi che la legislazione di uno Stato Membro possa richiedere ai titolari di progetti da finanziare o ai finanziatori, di ottenere un’autorizzazione come ente creditizio o qualsiasi altra autorizzazione, ovvero di essere dotati di una esenzione o dispensa individuale qualora questi raccolgano fondi o concedano prestiti allo scopo di offrire progetti o di investire negli stessi.

Va poi ricordato che le disposizioni normative esistenti a livello dei singoli Stati membri debbano considerarsi soppiantate da quelle di cui al Regolamento ECSP, potendo eventualmente sopravvivere per quelle attività che non rientrino nel­l’am­bito di applicazione di quest’ultima norma (come, ad esempio, l’attività di intermediazione di finanziamenti tra privati, o peer to peer lending crowdfunding).

Crowdfunding 2023, la scadenza per adeguarsi al Regolamento UE è il 10 novembre

Il regolamento sarebbe dovuto entrare in vigore il 10 novembre 2022 ma, infine, la Commissione ha concesso un ulteriore anno di transizione per consentire alle piattaforme operanti in Europa di adeguarsi al nuovo regime normativo. Purtroppo l’Italia, come troppo spesso accade, a sua volta ha temporeggiato a lungo prima di dare esecuzione alle previsioni del regolamento e così le piattaforme italiane sono state tra le ultime a poter presentare la richiesta della nuova licenza, essendo state ammesse a farlo solo dal mese di giugno 2023.

E’ di tutta evidenza come questa situazione porterà ad una concentrazione di richieste e quasi sicuramente ad un collo di bottiglia per quanto concerne la capacità delle autorità di vigilanza, CONSOB e Banca d’Italia, di seguire un così elevato numero di istruttorie contemporaneamente. Senza contare che solo una parte delle piattaforme che si sono candidate era già nota all’autorità di vigilanza (le piattaforme di equity) e che molte, pur essendo pienamente operative sul mercato da anni, sono al loro primo impatto con un’esperienza di questo tipo.

Ritardi e “colli di bottiglia”: i rischi di un mercato ridotto rispetto ai competitor europei

E ci si chiede quindi cosa accadrà il 10 novembre? Le piattaforme la cui istruttoria è ancora in corso, dovranno sospendere l’attività in attesa del termine della stessa come sarebbe logico aspettarsi? Come si concilierà qualsiasi ritardo con l’attività delle piattaforme che hanno concesso finanziamenti che debbono essere rimborsati nei prossimi anni?

Non si può non evidenziare il rischio che si entri in una fase di gestione limitata dell’attività dei gestori italiani, con il rischio che l’intero mercato subisca una riduzione sensibile delle sue dimensioni per impossibilità di lanciare nuove campagne di equity o lending crowdfunding, con il rischio che nel frattempo le piattaforme già autorizzate in Spagna (9), Francia (10) e Olanda (12) possano aggredire, di fatto senza concorrenti, il mercato italiano.

L’Osservatorio del Politecnico di Milano ha appena pubblicato il report annuale sul crowdinvesting, relativo i risultati del 2022, che ha denotato, per la prima volta dopo quasi dieci anni, una lievissima flessione del mercato. È probabile che l’incertezza legata ai tempi per l’entrata in vigore del regolamento europeo, periodo nel quale nessuna nuova piattaforma è stata autorizzata ad operare, abbia comunque influenzato l’attività dei gestori.

Crowdfunding 2023: gli italiani dovranno dotarsi di strutture organizzative e manageriali

Inoltre, la nuova disciplina ha sostanzialmente modificato le regole applicabili ai gestori di piattaforme, incrementando, rispetto al passato e non poco, almeno apparentemente, gli adempimenti posti a carico degli operatori. La ragione di tale scelta è da rinvenire nell’approccio del legislatore europeo, che ha ipotizzato che con la nuova licenza questi operatori possano crescere operando sull’intero mercato dell’Unione Europea, il quale ha necessariamente stabilito che si dotino di una struttura organizzativa, manageriale, gestionale e di controllo che nulla ha a che vedere con quella di alcuni degli operatori autorizzati sino ad oggi in Italia che, in molti casi, non hanno mai neppure cominciato ad operare o si sono limitati a vivere ai margini del mercato.

Come purtroppo spesso è accaduto anche in passato, l’applicazione concreta delle norme relative al crowdfunding nel 2023 dipende poi dalle autorità di vigilanza di ciascuno stato membro, che spesso operano in maniera molto difforme tra di loro, consentendo quindi che permanga una situazione di arbitraggio normativo piuttosto rilevante.

In conclusione, se pensavamo che l’anno zero del crowdfunding fosse il 2012, forse dobbiamo ipotizzare che nel 2023 si ricominci da capo, certamente con tanta esperienza in più ma anche con le molte incognite legate all’applicazione di una nuova normativa sia da parte degli operatori che da parte delle autorità di vigilanza. Nella migliore delle ipotesi ci aspetta un autunno molto caldo.

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Umberto Piattelli
Umberto Piattelli

Partner Studio Legale LCA

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