Sembra esserci grande incertezza sull’ammontare esatto degli investimenti in Venture Capital in Italia nel 2015. Secondo il Rapporto VeM, realizzato dall’Osservatorio Venture Capital Monitor attivo presso la LIUC – Università Cattaneo – con il supporto di AIFI, Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, la cifra stimata raggiungerebbe i 120 milioni di euro, con un incremento dell’8% di operazioni effettuate rispetto al 2014 (77 investimenti contro 71). Mentre secondo i dati Aifi, che si basano sulle comunicazioni ricevute dai fondi e altri investitori, sarebbero stati investiti solo 74 milioni. Un divario non da poco che, a prescindere dalla precisione del dato, rispecchia innanzitutto la distanza tra l’ecosistema italiano e quello del resto d’Europa.
«C’è senz’altro un trend positivo del settore – ha commentato Claudio Giuliano, Managing Partner di Innogest e presidente Commissione Venture Capital Aifi – ma siamo ancora enormemente indietro rispetto al resto d’Europa. Penso ci sia molto da lavorare soprattutto in ambito universitario, e in paritcolare sulla mentalità di professori e ricercatori, facendo prevalere l’idea che gli spinoff possono diventare uno strumento che porta lavoro e redditività per l’università ma anche per il Paese».
Predica maggiore presenza dei fondi istituzionali e collaborazioni con i fondi esteri Massimiliano Magrini, founder di United Ventures e consigliere Aifi: «I dati evidenziati dal rapporto mostrano un mercato in costante crescita. Da investitore rilevo due elementi positivi: crescita del dealflow e aumento della qualità media delle proposte. Ma non basta. Bisogna alimentare le collaborazioni con i fondi esteri, effettuando sempre più operazioni di coinvestimento. Inoltre un mancano di fatto gli investirori istituzionali. Un loro allineamento agli standard esteri ci aiuterebbe a colmare quel gap che al momento recita così: nel 2016 in Europa investiti in startup 2,7 miliardi di euro in Usa 17 miliardi di dollari».
Tornando ai dati, sempre secondo il rapporto Vem, è in crescita anche il numero di investitori attivi – ovvero i soggetti che hanno effettuato almeno un’operazione durante l’anno – che raggiunge quota 48 con un incremento del 45% sull’anno precedente. La quantità di investimenti complessiva ha raggiunto quota 126, mentre è del 18% l’ammontare di investitori stranieri che hanno effettuato investimenti in Italia (+100% sul 2014).
Più nel dettaglio, per le operazioni di seed capital, l’investimento medio è di 0,2 milioni di euro, mentre per quelle startup l’ammontare medio è di 2 milioni. Nessuna sorpresa per quanto riguarda le regioni e i settori in cui sono stati effettuati gli investimenti: la Lombardia è ancora la regione in cui si concentrano la maggior parte di operazioni con il 38% di investimenti seguono Piemonte con il 13% e Lazio con il 12%. Sul versante dei settori, l’ICT si conferma capofila per interesse da parte dei fondi italiani di venture capital raggiungendo una quota del 40% su cui pesa la diffusione di applicazioni web e mobile.
Per Anna Gervasoni, direttore generale AIFI e professore ordinario LIUC «il 2015 conferma il trend di crescita intrapreso dal segmento del venture capital nel nostro Paese. Dobbiamo però entrare nell’ottica che possiamo fare di più e dobbiamo porci obiettivi più ambiziosi permettendo la crescita degli operatori, lo sviluppo di un ecosistema più incisivo e dando un ruolo di maggiore rilievo alle Università e ai centri di ricerca che sono e possono essere ancor di più traino della ricerca e dell’innovazione».