Ormai siamo in pieno #ubergate. La reazione antiquata dei tassisti all’app che mette a disposizione autisti ha aperto un vero caso politico. La risposta del governo, dopo l’invito via Twitter del commissario europeo Neelie Kroes a non cadere nella trappola dei tassisti e a non “far sparire la tecnologia”, la parole del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi suonano ancora più agghiaccianti: «Davanti a qualunque applicazione o innovazione che eroghi servizio pubblico non di linea non autorizzato siamo in presenza di esercizio abusivo della professione». A colpire non è solo il tono arrogante e burocratico ma la teorizzazione dell’innovazione autorizzata. Senza alcuno spiraglio, cioè che non è scritto, non è possibile. Come se per i servizi di mobilità le regole fossero state scolpite sulla pietra. L’ennesima, inutile e pericolosa, concessione a una categoria che ha le sue ragioni, ma che andrebbe “gestita” verso l’inevitabile evoluzione del mercato. A pochi giorni dalle elezioni europee, la conferma di quanto l’Italia, o meglio la sua classe dirigente, sia ancora distante dalle correnti di cambiamento che stanno attraversando il mondo.
Non è bastato quindi il segnale di apertura del premier Matteo Renzi, che in un tweet ha scritto di trovare il servizio di Uber “meraviglioso”, a illuminare le menti incerte di una classe politica preoccupata più difendenre l’esistente che di governare il cambiamento.
Uber dovrebbe ringraziare i tassisti milanesi per la straordinaria campagna di comunicazione che hanno regalato. Chi non sapeva che cosa fosse e a che cosa servisse l’app adesso lo sa. Telegiornali, programmi di intrattenimento, giornali: tutti a discutere se è lecito o no prenotare un autista con lo smartphone. Ma la questione non riguarda più Uber, perché altre applicazioni ci sono già o arriverranno per offrire servizi simili. Il tema è: vogliamo immolare sull’altare degli interessi temporanei di una categoria le opportunità di crescita, e di sviluppo di nuovi servizi, che la tecnologia digitale può offrire? In questi giorni Facebook sta lanciando nuovi servizi finanziari atrraverso la sua piattaforma. Dobbiamo attenderci la rivolta delle banche? E cosa dovrebbero fare i commercianti di fronte agli editori che si mettono a vendere profumi e borsette online? La serrata contro il Corriere della Sera?
Il digitale sta abbattendo confini e recinti. La scelta a questo punto è subire il cambiamento o gestirlo. Lasciarlo in mano a operatori internazionali che possono anche fare a meno dell’Italia o cavalcarlo per ridare spinta all’economia nazionale e mantenerla del circuito globale. E’ una scelta politica, di politica economica. Quella che manca all’Italia da decenni. L’innovazione non ha paura dei Lupi. E viaggia anche senza tassisti