Gli investimenti in capitale di nuove imprese innovative in Italia, nel 2016, ammontano a 182 milioni di euro. Il 24% in più rispetto al valore complessivo registrato nel 2015 (147 milioni di euro). È quanto emerso da una ricerca diffusa dall’Osservatorio Startup Hi-tech della School of Management del Politecnico di Milano. Se si aggiungono poi gli investimenti da parte di soggetti internazionali il valore complessivo sale a 217 milioni di euro.
Sono dati che parlano di un ecosistema italiano in crescita. A cominciare ad esempio dal fatturato generato dalle startup hitech, che raggiunge 247 milioni di euro complessivi nel 2015 (+34 rispetto al 2014). I dipendenti assunti a bilancio aumentano in termini sia assoluti che relativi, raggiungendo le 2.420 unità (+55% sul 2014).
Il Nord Italia continua a rappresentare il centro nevralgico dell’ecosistema, sia in termini di finanziamenti ricevuti (58%) sia di numerosità di startup finanziate (65%); aumenta il peso percentuale sugli investimenti effettuati dagli attori formali in Sud e Isole, che passa dal 30% del 2014 al 36% del 2015, ma nello stesso periodo si riduce il numero di startup finanziate nel Mezzogiorno: un risultato determinato dalla rilevazione di alcuni grandi round di finanziamento focalizzati tuttavia su un numero ridotto di startup.
Queste sono alcune delle evidenze emerse dall’Osservatorio Startup Hi-tech promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Italia Startup – l’Associazione dell’ecosistema startup italiano – giunto alla sua quarta edizione e presentato in occasione del convegno “Open Digital Innovation: imprese e startup insieme per ridisegnare il futuro”.
«Nel 2016 gli investimenti in capitale Equity di startup hi-tech in Italia ammontano a 182 milioni di Euro, in crescita del 24% rispetto al valore totale consolidato rilevato nel 2015 (147 milioni di Euro)», afferma Antonio Ghezzi, Direttore dell’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano. «Nonostante l’aumento riscontrato quest’anno, in Italia i Venture Capital investono ancora solamente 1/7 di quanto fanno le controparti tedesche e circa 1/6 di quanto finanziato da parte dei VC in Francia, mentre viene superato di pochi milioni di Euro il valore degli investimenti domestici dei VC spagnoli; la dimensione del mondo VC negli Stati Uniti rimane un “outlier” di difficile e rischiosa comparabilità rispetto al nostro mercato degli investimenti. Fa tuttavia ben sperare il potenziale ancora inespresso da molti fondi con disponibilità di investimento nel breve-medio periodo, che potrà costituire la linfa vitale per sostenere lo sviluppo nei comparti hi-tech».
Gli investimenti in startup hi-tech italiane nel 2016
La componente legata al mondo formale, ovvero gli investitori istituzionali, sfonda per la prima volta il tetto dei 100 milioni di Euro, raggiungendo il valore assoluto di 101 milioni di Euro e crescendo del 33% (ossia di 25 milioni di Euro) rispetto al 2015: un messaggio positivo importante che arriva dagli attori formali, i quali tornano in maniera decisa a farsi carico – così come da loro ruolo istituzionale – di trainare la crescita dell’ecosistema, anche attraverso alcune grandi operazioni di finanziamento che superano i 10 milioni di Euro. La seconda componente, che aggrega il variegato mondo degli investitori informali o delle aziende che investono in capitale di rischio delle startup al di fuori di progetti strutturati di CVC, vede anch’essa un incremento significativo, passando dai 71 milioni di Euro del 2015 agli 81 milioni di Euro del 2016 (+ 14%).
«A questo dato complessivo sarebbe poi possibile aggiungere un’ulteriore componente, data dagli investimenti in startup hi-tech italiane provenienti da attori internazionali”, afferma Raffaello Balocco, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Hi-tech “Una prima stima di tali investimenti per il 2016 è pari a circa 35 milioni di Euro , i quali, sommati alle componenti precedenti, porterebbero il valore complessivo dei finanziamenti ricevuti dall’ecosistema a 217 milioni di Euro. Il 2016 si rivela dunque anno in cui gli investitori internazionali iniziano in maniera sostanziale e più continuativa a fornire sostegno alle startup italiane di qualità: questa dinamica, in crescita rispetto allo scorso anno, potrà e dovrà costituire una direttrice di sviluppo essenziale per dare una dimensione globale all’ecosistema nazionale (anche nell’ottica di incentivare il processo di internazionalizzazione delle startup nostrane, spesso abilitato proprio dall’intervento di attori esteri)».
“I dati che emergono dalla ricerca di quest’anno sono confortanti” afferma Federico Barilli, Segretario Generale di Italia Startup “e confermano un trend in crescita degli investimenti nel nostro Paese, già evidente nel 2015 e che quest’anno si è ulteriormente consolidato. Il ritardo rispetto a sistemi industriali analoghi al nostro, quali Francia e Germania, rimane consistente, ma il recupero è possibile. Siamo allineati con gli obiettivi del Governo, esplicitati nel programma Industria 4.0, di raggiungere 1 miliardo di investimenti in startup innovative entro il 2020. La leva fiscale, la semplificazione delle procedure, il coinvolgimento del mondo industriale italiano sono alcuni degli strumenti normativi previsti nella Legge di Bilancio che vediamo con favore e che fanno parte di un pacchetto di proposte condiviso di recente con 6 associazioni dell’ecosistema italiano delle startup e dell’innovazione”
I comparti hi-tech e la rivisitazione del “made in Italy” in chiave digitale
Sono 90 le startup che a consuntivo 2015 hanno ricevuto finanziamenti da attori formali (rispetto alle 79 del 2014): di queste, il 75% afferisce al comparto Digital, il 17% al Life Science e Biotech e il 7% al Cleantech & Energy (il restante 1% mostra posizionamento in altre aree hi-tech). Oltre a questi macro-comparti, l’analisi mostra come emergano delle verticalità nell’ecosistema startup, di norma concentrate attorno ai settori tradizionali del “made in Italy” (rivisitati in chiave hi-tech e Digitale) come il Foodtech e il Winetech, il Fashion e il Tessile avanzato (per quanto riguarda sia i materiali intelligenti sia le tecnologie produttive all’avanguardia) e il Turismo digitale; ma sempre più spesso si assiste alla nascita di realtà ad altissimo potenziale in ambito Life Science e, con frequenza minore, nel Cleantech & Energy.
Le performance e le dinamiche delle startup hi-tech finanziate
Nel 2016 prosegue quel consolidamento e quella sistematicità già evidenziata all’interno della Ricerca 2015 per quel che concerne il ciclo di vita delle startup hi-tech finanziate. Nella fase di introduzione/finanziamento, 44 startup hanno ricevuto almeno 1 milione di euro in investimenti da attori formali e informali, con un trend crescente del 25% se confrontato con il 2014. Relativamente alla fase di crescita, sono 67 le startup con un fatturato superiore a 1 milione di Euro nel 2015 (rispetto alle 51 del 2014). Per quanto riguarda la fase di consolidamento o “exit”, si rilevano diverse operazioni degne di nota: al 7 ottobre 2016 sono 19 le exit per trade sale (acquisizione da parte di aziende consolidate) o IPO (quotazione) da noi registrate nell’anno, da paragonarsi alle 25 exit conclusesi complessivamente nel 2015.
Tuttavia, nonostante il consolidamento e la sistematicità riscontrati, la mancata crescita sostanziale nel numero di grandi operazioni di finanziamento, e soprattutto di exit, rappresenta un ulteriore segnale che l’atteso rinascimento – o svolta strutturale dell’ecosistema – non è ancora del tutto arrivato. Le exit infatti costituiscono operazioni essenziali per ripagare gli investimenti dei VC e degli investitori informali, così da generare quella fluidità in termini di nascita e consolidamento di startup e quella liquidità che possano davvero far svoltare l’ecosistema italiano. L’ecosistema mostra in questo ancora la sua relativa giovinezza e forte necessità di crescita dimensionale.
«Complessivamente, con riferimento agli investimenti in startup hi-tech in Italia e allo stato di salute dell’ecosistema, alla luce delle nostre analisi non è ancora possibile parlare del 2016 come anno di svolta strutturale» conclude Antonio Ghezzi «Dati alla mano, risulta al contrario più corretto parlare di una serie di segnali positivi tangibili che, se sfruttati sinergicamente e amalgamati per mezzo di corretti interventi su tutti i livelli (politico e privato, formale e informale), potranno rappresentare un ulteriore passo in avanti per l’universo delle startup italiane, inteso come sistema “poroso” e sempre più aperto all’internazionalizzazione e alla commistione con il mondo delle aziende consolidate».