È di dieci milioni di euro la dotazione del nuovo fondo di venture capital lanciato dalla Regione Sardegna e rivolto alle startup innovative che operano nel territorio isolano. Il neonato veicolo finanziario rientra nel progetto che porta alla realizzazione di strumenti in grado di soddisfare le esigenze di finanziamento delle imprese, tramite il capitale di rischio, facendo leva sui finanziamenti del Programma Operativo Regionale (Por) e del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fesr) 2014-2020. «La Sardegna mostra una sostanziale difficoltà nell’attrarre investimenti – ha dichiarato Francesco Pigliaru, presidente della Regione Sardegna, durante la presentazione ufficiale del fondo agli investitori tenutasi mercoledì 22 giugno – con questo strumento vogliamo sia incentivare gli investitori istituzionali, che scommettere sul capitale umano e sulle aziende innovative sarde. Siamo un’isola e questo ci permette di guadagnare più di altri dall’innovazione e dal digitale, che superano i limiti geografici».
Il “Fondo Venture Capital Sardegna” verrà gestito dalla SFIRS SpA, una finanziaria in house della Regione, e propone una formula di investimento di nuova generazione. Per citare qualche esempio, in caso di exit in perdita all’investitore privato sarà garantito, se recuperato, il 25% delle somme investite. Mentre se il recupero dei capitali dovesse essere inferiore al minimo garantito, l’intero importo verrà corrisposto. Diversamente, qualora la perdita dei capitali dovesse essere totale, non ci sarà alcun rimborso. A vantaggio degli investitori privati anche la ripartizione degli utili nel caso di exit positiva: una volta ripartito il capitale investito tra pubblico e privato, sulla quota in eccesso verrà riconosciuta una percentuale del 56,25% al privato mentre il restante 43,75% sarà corrisposto al pubblico.
La ripartizione asimmetrica dei rischi e dei proventi a vantaggio degli investitori privati, avvicina il veicolo di investimento sardo al modello dei fondi inglesi. Su queste basi, l’ente pubblico parteciperà alle singole operazioni di investimento con un conferimento nel capitale di rischio per un importo massimo del 50% dell’investimento totale proposto dall’investitore privato. Per regolamento poi l’investimento complessivo nella startup, con una forbice che va da 150mila euro fino ad un massimo di un milione di euro, non potrà superare nel totale il 49% del capitale sociale dell’azienda che ne beneficia. In più, nell’ipotesi in cui l’exit totale dovesse superare di ben cinque volte l’investimento totale, l’80% dell’importo eccedente verrà corrisposto al finanziatore privato a titolo di premio aggiuntivo.
Una struttura dettata più che altro dalla tipologia di attività del fondo: ai finanziamenti, infatti, potranno accedere solo le startup che avranno già al loro fianco un investitore privato. In altre parole sarà il venture, superata la fase di due diligence, a “presentare” il progetto alla Regione che, dopo un’analisi approfondita del modello imprenditoriale, avvierà le operazioni di co-investimento. La partecipazione pubblica nell’equity delle aziende non potrà superare i cinque anni ma, considerati i tempi necessari per scalare e trattandosi di uno strumento ancora in fase sperimentale, è plausibile che in futuro il regolamento possa consentire una partecipazione più lunga. «Non si tratta di un modello perfetto – ha specificato Roberto Saba direttore generale assessorato dell’industria regionale autonoma Sardegna – siamo pronti a discutere con chi avesse proposte, nell’ottica di migliorare la struttura del fondo a supporto di investitori e imprese».
La modalità di adesione al fondo prevede tre fasi: l’iscrizione degli investitori privati nell’apposito elenco; presentazione della domanda da parte di investitore e impresa tramite la procedura online; valutazione da parte di SFIRS e approvazione da parte del comitato di investimento del fondo. Il sito per partecipare al bando è consultabile all’indirizzo sardegnaprogrammazione.it. Il fondo investirà in startup di qualunque settore, tuttavia in fase di valutazione si terrà conto tra gli altri di fattori come innovatività del progetto, programma di investimento nell’ambito della green economy ed ecoinnovazione, impatto occupazionale diretto, oltre all‘adeguatezza economico finanziaria e alla presenza di una strategia di uscita realistica.