A testimoniare il successo di Mamacrowd, una tra le principali piattaforme di equity crowdfunding in Italia, sono i numeri. Quelli dei capitali raccolti nel primo semestre del 2018 ad esempio: 4,35 milioni. Ma anche quelli delle campagne chiuse con successo: 13 (contro le 14 dell’intero 2017), che hanno coinvolto oltre 2500 investitori (più del doppio di quelli transitati in tutto lo scorso anno). Senza dimenticare l’aumento della media degli investitori coinvolti per campagna (195 contro 80 del 2017). Come si è arrivati a questi numeri ha provato a spiegarlo, in un’intervista a Startupbusiness, Dario Giudici, Presidente di Siamo Soci e CEO di Mamacrowd. Eccone un estratto.
Mamacrowd ha da poco raggiunto i suoi primi 10 milioni di raccolta, un traguardo importante per un contesto modesto come quello italiano, quali sono stati le gioie e i dolori in questi primi due anni di attività?
Negli ultimi due anni fortunatamente più gioie che dolori. I dolori li abbiamo avuti più negli anni precedenti, noi siamo partiti nel 2011 con SiamoSoci, iniziativa nata con l’obiettivo di avvicinare gli investitori privati alle startup innovative, una missione faticosa perché siamo stati i primi a sfruttare la rete per creare un punto d’incontro tra queste realtà. Le gioie sono arrivate dopo, ci piace pensare che abbiamo contribuito a creare un nuovo canale, un nuovo strumento per portare capitali privati verso l’innovazione italiana, questo è stato sempre il nostro primario obiettivo. Mamacrowd è in effetti partita quando molti dei dolori li avevamo già superati, avevamo già costruito network, sperimentato molto sul mercato, imparato tanto. Non siamo nemmeno stati tra le prime piattaforme a partire, abbiamo voluto aspettare che il quadro normativo fosse il migliore possibile, cosa che è avvenuta a metà del 2016.
Ci sono oltre 2500 investitori registrati sulla vostra piattaforma, chi sono esattamente?
È un’ottima domanda perché è un aspetto in grande cambiamento. Siamo partiti da una community che già ci seguiva come SiamoSoci e che era composta soprattutto di business angel, oggi il crowdfunding fa una grande magia che è quella di avvicinare un pubblico molto più ampio a questi investimenti e noi lo stiamo vedendo sulla nostra base utenti, le categorie si sono allargate, non siamo ancora arrivati alla fantomatica ‘casalinga di Voghera’ , ma ci stiamo avvicinando molto, il fatto di poter investire anche con poche centinaia di euro è, secondo noi, una ricetta vincente per avvicinare il grande pubblico dei risparmiatori italiani agli investimenti in startup innovative.
Come vengono selezionate le startup per le vostre campagne?
Noi abbiamo due criteri maestri, che sono: listiamo solo startup che vengono dal nostro network di incubatori e acceleratori d’impresa, che conta 43 partner, soggetti esperti che già prima di noi hanno fatto processi di selezione molto intensi e che hanno già investito di fatto in queste startup, con i loro servizi e il loro supporto. Questo significa che già andiamo ad agire in un sottoinsieme piccolo (circa il 2-3%) rispetto al numero di startup italiane, un distillato che crediamo sia la nicchia dell’eccellenza.
Al di fuori di questo canale, l’altro criterio è che siano startup già sul mercato.
Se non c’è la validazione del partner, ci deve essere almeno la validazione del mercato, cioè la startup deve avere un prodotto definito che il mercato apprezza, quindi fatturare. A questo punto poi si valuta se ci sono gli estremi per fare una campagna di successo.