POLITICA E INNOVAZIONE

Sandbox per le startup fintech in Italia: tutto quello che c’è da sapere

Dal 17 luglio entra in vigore il decreto che istituisce la sandbox in Italia, strumento che consente alle imprese di testare prodotti, servizi e modelli innovativi direttamente sul mercato in un contesto regolatorio adattato, quindi in un “ambiente protetto”. Ecco che cos’è, le caratteristiche, i vantaggi e le criticità

Pubblicato il 14 Lug 2021

sandbox fintech

Dal 17 luglio 2021 entra in vigore il decreto per il lancio di una sandbox fintech in Italia pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 luglio. Si tratta di un’iniziativa che consente alle imprese di testare prodotti, servizi e business model innovativi direttamente sul mercato in un contesto regolatorio adattato, favorendo l’innovazione nel settore finanziario nell’interesse dei consumatori tramite una stretta collaborazione tra azienda e autorità.

La normativa, contenuta nel Decreto Crescita e tradotta in decreto al termine dell’iter parlamentare,  rende il nostro Paese un po’ più britannico per le società che stanno innovando i servizi bancari e finanziari, ovvero che si occupano di fintech (tecnologia applicata alla finanza). Vediamo come e perché.

Perché la sandbox fintech anche in Italia

L’obiettivo dell’istituzione della sandbox, che è già largamente usata all’estero (soprattutto nei Paesi anglosassoni ma anche, in modo estensivo, nell’area dell’Asia del Pacifico), è stimolare la crescita dei nuovi modelli di business emergenti, ma anche adeguare le normative finanziarie al ritmo delle aziende più innovative. Grazie alla nuova norma, è auspicabile che le fintech di casa nostra non debbano più andare all’estero per crescere, ma riescano a trovare nel loro Paese un contesto favorevole, un ecosistema competitivo e capace di attrarre anche attori esteri.

Che cos’è la sandbox

Dell’istituzione di una sandbox (il cui nome deriva dal “recinto” riempito di sabbia nel quale i bambini possono giocare e sperimentare in un ambiente controllato) anche in Italia si parla da anni, tanto che la stessa Banca d’Italia, già nel suo report Fintech in Italia 2017 , spiegava che si tratta di uno strumento che “permette alle imprese fintech, vigilate e non, di godere di deroghe normative transitorie, sperimentando su scala ridotta e per un periodo limitato tecnologia e servizi (ad esempio attraverso forme di sperimentazione o testing condotte in cooperazione con il soggetto abilitato alla partecipazione al sandbox). Ad esempio la sandbox britannica, chiamata FCA fornisce l’opportunità a imprese bancarie e finanziarie, sottolineava ancora lo stesso report, di “testare nuovi prodotti o servizi per un periodo di tempo limitato (6 mesi), godendo di alcune deroghe regolamentari, pur nel rispetto di norme a tutela dei consumatori e alcune salvaguardie. Al termine dei 6 mesi, se la fase di test si è completata in modo positivo, le imprese devono procedere con il processo autorizzativo standard”.

L’argomento “regulatory sandbox” era stato poi affrontato anche dalla Consob, che in uno dei suoi “quaderni” (quello del marzo 2018) dedicato specificamente al settore fintech, sottolineava come dei tre “facilitatori d’innovazione” attivati a livello globale dalle Autorità di Vigilanza (innovation hub, acceleratori e sandbox) quasi tutti i Paesi campione si sono dotati del primo, ma solo alcuni del secondo e del terzo. E l’Italia era proprio uno dei Paesi che si erano fermati allo step dell’innovation hub. E quindi l’organismo di vigilanza italiano ricordava che “la Consob ha affermato che, in attesa di un regime regolamentare omogeneo a livello europeo, sia da ritenere preferibile una regolamentazione meno pervasiva delle FinTech in fase di start-up e, quindi, sia opportuno permettere di sperimentare, sotto il controllo della vigilanza, l’applicazione graduale di norme specifiche, via via più stringenti al crescere della dimensione di queste realtà”. Cioè esattamente delle sandbox.

E anche la stessa Camera dei Deputati, in un report, sottolineava come già diversi Paesi europei abbiano istituito “ambiti normativi semplificati o spazi di sperimentazione normativa (cd. regulatory sandbox) volti a creare un ambiente favorevole all’innovazione finanziaria. Nei regulatory sandbox viene consentito alle imprese, con riferimento a specifiche e limitate attività innovative (ad es. consulenza automatizzata nel Regno Unito ed equity crowdfunding in Italia), di non dover sopportare il complesso dei costi (tra cui quello di conformità normativa) cui sono soggetti gli intermediari tradizionali”. Emergeva chiaramente la necessità “di regole nuove”, trovando, al tempo stesso, “nuovi strumenti in grado di migliorare l’attività di vigilanza”. Tanto più che il Piano d’azione sul Fintech presentato l’8  marzo 2018 dalla Commissione europea ha chiesto espressamente agli Stati membri dell’Ue di incoraggiare l’innovazione e alle autorità di vigilanza di supervisionare la creazione di hub per l’innovazione e di sandbox.

La norma per una sandbox fintech è stata inserita nel Decreto Crescita, diventato legge dal 13 giugno 2019.

Cosa prevede il decreto del ministero dell’Economia

Il decreto attuativo del ministero dell’Economia e finanza (Mef) è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 2 luglio 2021, attuando così la delega prevista sin dal decreto Crescita del 2019. Il testo definisce i criteri per testare le iniziative fintech in un ambiente sandbox e designa un Comitato fintech istituito presso il Mef. Firmato dal ministro dell’Economia del governo Draghi, Daniele Franco, è stato elaborato dopo le consultazioni con Banca d’Italia, Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) e Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass).

A che cosa servono le sandbox e a chi

L’istituzione della sandbox in Italia sarà utile non solo alle startup fintech ma anche agli investitori, che saranno incoraggiati a finanziare progetti fintech in Italia grazie alla presenza di un quadro normativo semplificato (perché la burocrazia è un freno) e al tempo stesso regolamentato (perché anche l’incertezza normativa è un rischio per gli investimenti). E in questo contesto, le startup possono altrettanto facilmente attrarre i grandi player del settore, cioè le banche, per le quali l’innovazione fintech è fondamentale per sopravvivere e per competere anche nell’ottica delle novità relative all’Open Banking. E infine, i clienti hanno il vantaggio di ottenere prodotti maggiormente controllati (perché prima del rilascio sul mercato generale sono stati ampiamente testati nell’ambiente ristretto della sandbox) e al tempo stesso più innovativi.

Le caratteristiche di una sandbox

Le caratteristiche della sandbox sono:

  • a) una durata massima di diciotto mesi;
  • b) requisiti patrimoniali ridotti;
  • c) adempimenti semplificati e proporzionati alle attività che si intende svolgere;
  • d) tempi ridotti delle procedure autorizzative;
  • e) definizione di perimetri di operatività

Il Comitato FinTech ha il compito di “individuare gli obiettivi, definire i programmi e porre in essere le azioni per favorire lo sviluppo della tecno-finanza, anche in cooperazione con soggetti esteri, nonché di formulare proposte di carattere normativo e agevolare il contatto degli operatori del settore con le istituzioni e con le autorità”.

Vantaggi e svantaggi

Non tutti però sono entusiasti per l’introduzione della sandbox in Italia nel settore fintech. Le critiche riguardano soprattutto quella sorta di “ambiente protetto” che è il senso stesso del “recinto”: secondo chi si oppone all’idea, infatti, il rischio è quello di creare, testare e “sdoganare” prodotti che sulla carta sono innovativi e funzionanti ma che in realtà sono scollegati dalla realtà proprio perché sperimentati in una situazione irreale: un po’ come quei test di laboratorio che poi falliscono miseramente nella vita reale perché non si è tenuto conto di variabili imponderabili.

(Testo aggiornato al 14/07/2021)

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Concetta Desando
Concetta Desando

Due menzioni speciali al premio di giornalismo M.G. Cutuli, vincitrice del Premio Giuseppe Sciacca 2009, collaboro con testate nazionali.

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